Insediamenti Rom nel Vimercatese: problemi e possibili soluzioni

IL CAMPO ROM di TREZZO sull’ADDA

“Gli arcobaleni degli altri mondi hanno colori che non so … “ (Fabrizio De Andrè)

Premessa

Occorre innanzitutto sfatare un mito o, meglio, un pregiudizio: che gli zingari sono nomadi e quindi impossibilitati a vivere da sedentari.

In Italia vivono circa 140.000 zingari (Rom e Sinti), di cui solo la metà è in possesso della cittadinanza italiana. Anzi i Rom stranieri sono ormai più numerosi dei Rom/Sinti cittadini italiani.

Si è verificato, infatti, quanto ampiamente previsto, e cioè che il fortissimo afflusso di Rom dalla ex Jugoslavia dalla fine degli anni ’60, e nell’ultimo quinquennio di Rom da tutte le diverse regioni della Romania ed ora anche di comunità rom dalla Bulgaria ha consentito una sorta di sorpasso quantitativo del numero dei Rom immigrati sui Rom/Sinti cittadini italiani.

Tutti questi Rom provenienti dai Balcani e dalla Romania sono completamente stanziali ma, malgrado i loro precedenti abitativi, molti di essi sono ancora costretti a vivere in baraccopoli/ roulottopoli spesso senza servizi.

Vista la mancanza o il fallimento dei campi di sosta urbani (assolutamente inadeguati per la loro promiscuità o mancanza di adeguate infrastrutture) si è imposto un nuova strategia di habitat. Abbiamo così esempi di edilizia residenziale: a Cosenza l’Amministrazione comunale ha costruito 30 appartamenti condominiali e quaranta villette monofamiliari, assegnate ad altrettante famiglie Rom. A Venezia è stato avviato un progetto di inserimento abitativo mediante l’acquisto di case da parte di famiglie Rom in compartecipazione con l’Amministrazione comunale. A Brescia sono state assegnate case di edilizia residenziale pubblica ai Rom Shiftarija (kosovari). Nel meridione, come a Trapani, Palermo e Taranto, gruppi di Rom Arlija (macedoni), Rom Kanjarija (serbi, croati e macedoni), Rom Rudari (rumeni ma con lunga permanenza in Serbia) e Rom Rumeni hanno affittato case nei centri storici.

Un fenomeno particolare e recente è quello messo in atto da famiglie rom che si sono insediate in microaree autocostruite: hanno comperato un piccolo appezzamento di terra (quasi sempre a destinazione agricola) e hanno costruito casette senza fondamenta e poggianti su una base di cemento. Questa soluzione è adatta alla cultura zingara, con spazi esterni che consentano le attività economiche (come rigattieri ed artigiani) e le relazioni sociali della “famiglia estesa” romanì, ma offre il fianco all’intervento legislativo per l’evidente abusivismo edilizio.

Il “campo” rom di Trezzo sull’Adda

Sul territorio di Trezzo s/Adda è insediata una comunità di Rom Kanjarija, serbo-macedoni di religione ortodossa, che sono arrivati in Italia almeno una ventina di anni fa. Si tratta di una decina di famiglie imparentate fra loro che fanno parte di un gruppo più ampio che ha colonie a Roma, Torino, Dalmine, Rho e in Sardegna.

Questa piccola umanità vive in un “campo-sosta” situato in via Guarnerio sulla strada per Roncello nei pressi della Fornace, di proprietà di Biserka, la donna più anziana e influente del gruppo. Ha una superficie di ca. 16.000 mq e ospita una decina di famiglie (nel censimento del maggio 2003 risiedevano 40 persone, di cui 19 adulti tra cui un anziano di 90 anni e 21 bambini) che vivono in roulotte o baracche all’insegna della provvisorietà: c’è l’acqua, ma non c’è luce né riscaldamento.

Nel corso degli ultimi anni la proprietaria, ignara delle nostre leggi urbanistiche, ha realizzato una serie di strutture che ne fanno, a suo modo, un “campo” modello: un edificio utilizzato come bar/ristorante, una cucina funzionante, un deposito per la legna, servizi igienici, prese per la corrente elettrica e persino una cappella dedicata a S. Giorgio.

Inutile dire che ciò ha provocato l’emissione da parte del Sindaco di Trezzo di un’ordinanza di abbattimento delle opere, considerate abusive in quanto realizzate in area a destinazione agricola.

A nostro avviso, però, il complesso in questione non è da considerarsi una semplice “abitazione abusiva”, ma un “luogo comunitario”, di ritrovo familiare, di culto religioso, di feste di famiglia come battesimi e matrimoni, di incontri e di esperienze interculturali tra zingari e non zingari, o gagé, come vengono detti nella loro lingua.

Negli ultimi anni si sono fatti notevoli sforzi per una lenta ma progressiva formazione di coscienza sociale e di integrazione delle famiglie presenti nel campo, come l’inserimento dei bambini nella scuola dell’obbligo e la costituzione di relazioni sociali con i gagé. Inoltre all’interno del “campo” si sono svolte interessanti e valide iniziative di grande valenza sociale, di cui ricordiamo le seguenti:

- 21 aprile 2002: “Festa di compleanno di Zoran”, nipote di Biserka, con la partecipazione dei suoi compagni di classe e genitori.

- 19 aprile 2003: “Una giornata da nomadi” con cucina zingara e complesso musicale zigano.

- 21 giugno 2003: “Festa gitana al campo” con musica, cucina e folklore zingaro.

- 19 luglio 2003: “Battesimo ortodosso” di una anziana zingara nella cappella di S. Giorgio.

E inoltre: una mostra fotografica sulla storia e la cultura dei Rom, concerti di musiche zingare balcaniche, feste di fine anno scolastico celebrate al campo.

Tutte queste iniziative, nate dalla volontà spontanea degli zingari, dimostrano la loro volontà a proporsi in un modo diverso dal solito stereotipo di “sporchi, brutti e cattivi”. D’altra parte vi è la necessità non ulteriormente eludibile da parte della comunità trezzese di fornire un’adeguata accoglienza a questa parte della popolazione rom che vive nei confini del proprio territorio e offrire loro un habitat a dimensione della dignità umana. Anche in ottemperanza alle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, alle circolari ministeriali e specialmente alla legge 1989 della Regione Lombardia che impone la realizzazione di campi comunali o sovracomunali per le popolazioni appartenenti alle etnie tradizionalmente nomadi o seminomadi.

Tra l’innegabile abusivismo edilizio dei rom e la latitanza dell’Ammistrazione comunale, crediamo ci sia lo spazio per un compromesso, che necessita di un atto coraggioso e indubbiamente impopolare, ma che non contrasta con la legislazione vigente e di cui si possono fornire precedenti.

E cioè riconoscere, con gli strumenti legislativi a disposizione, lo stato di utilità sociale del “campo”, secondo un processo così articolato:

  1. Trasformare l’area da agricola in area standard mediante la Legge Regionale n. 23.
  2. Realizzare un campo dotato dei servizi primari per l’accoglienza temporanea di famiglie che possano trovare un punto di riferimento per la scolarizzazione dei figli e l’espletamento delle attività lavorative.

  3. Sviluppo di attività lavorative, come la produzione di oggetti artigianali, la confezione di gonne, l’allevamento di animali domestici ecc.

  4. Regolamentare la gestione della struttura con una convenzione.

  5. Organizzare iniziative (mostre, concerti, feste e simposi), che abbiano una ricaduta non solo sul gruppo insediato ma anche sulla comunità ospitante.

Infine occorre sottolineare un altro punto importante per prevenire facili contestazioni: la realizzazione delle opere e il loro funzionamento non comporterà (come non ha comportato finora) alcuna spesa per il Comune di Trezzo, poiché la proprietaria Biserka se ne assume in toto il carico finanziario. Basta solo l’autorizzazione a fare!

Angelo Arlati (Opera Nomadi)
Trezzo sull'Adda, 18 gennaio 2004
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