Un preside condannato al carcere perché un alunno ha «fumato» nei bagni

La canna-trappola del «Majorana»

Dietro la clamorosa condanna a un anno e otto mesi di carcere di Bruno Dagnini, preside di un liceo scientifico di Rho, storie di rancori e vendette tra docenti. E un un magistrato che stabilisce un principio capace, se applicato coerentemente, di far finire dietro le sbarre tutti i presidi e tutti gli insegnanti d'Italia

Se facessero scuola i criteri d'indagine del dottor Gianluca Braghò, sostituto procuratore della repubblica di Milano, tutti gli insegnanti finirebbero in carcere all'infinito. Del resto, l'indizio più eloquente è il suo indirizzo di posta elettronica: tuttidentro@infinito.it. Bruno Dagnini, ex preside del liceo scientifico Majorana di Rho (Milano), il 28 giugno è stato condannato a un anno e otto mesi per «favoreggiamento» e «agevolazione dolosa dello spaccio». Braghò aveva chiesto due anni e due mesi. Secondo l'impianto accusatorio, confermato dalla sentenza emessa dal giudice di Milano Beatrice Secchi, il preside non avrebbe fatto nulla per impedire che gli studenti si facessero le canne nei bagni. Per Giuliano Pisapia, avvocato del preside, «dopo questo precedente clamoroso qualsiasi pm potrebbe incriminare non solo i presidi ma anche tutti gli insegnanti italiani».

Un antiproibizionista

Bruno Dagnini, 51 anni, ex insegnante di filosofia, adesso è dirigente scolastico in una scuola media e elementare di Lainate (Milano). Ma non si sente in castigo: «Ho subìto un'ingiustizia, questo sì». Di lui si dice, con accenti diversi tra chi lo accusa e chi lo difende, che è un antiproibizionista. E' un preside che sa parlare ai ragazzi, che a scuola ha creato un programma sulle tossicodipendenze collaborando con il Sert, che si infastidisce quando poliziotti e carabinieri varcano il portone di una scuola.

Un antiproibizionista? «Se un ragazzo scrive spinello libero sui muri del bagno io la considero una bravata - dice Dagnini - se invece scrive un articolo sul giornalino della scuola per spiegare le ragioni della liberalizzazione delle droghe leggere, allora so apprezzare l'approccio intelligente al problema». Ha fatto anche approvare un regolamento interno sui diritti degli studenti: «Per esempio, non si possono punire senza una procedura che detta alcune regole precise, come il diritto di essere difesi dai compagni di classe e dalla famiglia. I professori spesso hanno ragione, ma non hanno sempre ragione».

L'ex preside, appena ricevuto l'incarico, ha cominciato a demolire alcune «strutture coercitive». Qualcuna particolarmente odiosa, come quando il sabato alcuni vigilantes privati della provincia si piazzavano fuori dalla scuola con i cani per annusare i ragazzi. «Penso semplicemente che una scuola debba funzionare senza la minaccia dei carabinieri».

Dagnini adesso aspetta fiducioso. «Sono convinto che si chiarirà tutto, non credo che un'accusa così fragile possa reggere all'appello». Perché un giorno i carabinieri sono arrivati davvero. Un giovane agente infiltrato a scuola, in missione segreta per conto del pm, con un trucchetto - hai del fumo? - riuscì ad arrestare uno studente in possesso di 20 grammi di hashish - grazie anche all'intervento di sette volanti. «Una scena pazzesca - ricorda Andrea Capiluppi, ex studente del Majorana - sembrava un blitz delle teste di cuoio, pensavamo fosse successo qualcosa di grave e invece i carabinieri hanno messo le manette a un nostro compagno».

Chi ha mandato i carabinieri? L'inquirente Braghò si è mosso con cautela, e prima di scatenare il blitz ha raccolto deposizioni davvero molto interessanti. Di una bidella: «...vige una sorta di anarchia tra gli studenti che, praticamente, fanno ciò che vogliono senza osservare un minimo di regole» (annota il maresciallo capo dei carabinieri di Rho). Di Tarcisio Riva, professore di storia dell'arte: «...nell'istituto esiste una vera e propria organizzazione per lo spaccio di hascisc», e per di più, «ho udito il preside rimarcare le sue opinioni quale antiproibizionista e che, addirittura, era solito, quando convocava nel suo ufficio gli studenti per varie ragioni, di permettere loro di fumare sigarette normali, tranquillamente durante il colloquio». E infine di Carlo Dones, professore di lettere: «la situazione nella scuola è molto critica soprattutto sotto l'aspetto della disciplina. Non esiste controllo da parte del preside il quale ha sempre sottovalutato il problema... ad esempio il livello di degrado totale in cui versano i servizi igienici è diventato inaccettabile; muri scritti, danneggiati, buchi nelle porte dei bagni e mai nulla la presidenza ha fatto per impedire tali avvenimenti. Molti studenti sono indisciplinati, entrano in ritardo senza giustificare, fanno molte assenze e soprattutto erano soliti intrattenersi nei servizi igienici del secondo piano a fumare vari tipi di sigarette. Io non fumo e non sono in grado di capire la differenza fra gli odori, ma spesso ho visto gli strumenti... il preside è sempre stato informato di queste cose».

Studenti armati

Mentre giornali e tv locali ormai favoleggiavano di studenti armati di coltelli e di scuola in ostaggio di spacciatori nordafricani, i carabinieri cominciarono a interrogare altri professori. «Fa un po' ridere - ricorda Giorgio Paolo Pedrioni, prof. di storia - ma ci chiamarono in questura in ordine alfabetico, io non ci sono andato forse perché si sono fermati prima della lettera P. Quasi tutti i miei colleghi interrogati, circa una quarantina, sostanzialmente hanno detto di non aver mai assistito a episodi rilevanti in quel bagno. Insegno in quella scuola da 20 anni e non ho mai visto fumare uno spinello: qualcuno certamente fuma, ma non sotto il naso dei professori. Comunque sembra proprio che i carabinieri non abbiano voluto tener conto di queste altre deposizioni».

Molti professori si schierarono con Dagnini. Ma non tutti. Pedrioni ricorda con amarezza la tensione tra colleghi. «Quei giorni abbiamo tirato fuori il peggio, i sospetti erano arrivati a un livello tale che eravamo tutti contro tutti. Sentivo un carico di odio pazzesco, uno spettacolo mortificante: abbiamo cercato di produrre un documento in favore di Dagnini, ma eravamo spaccati tra chi si sentiva legato a questa presidenza e chi si sentiva compromesso con la presidenza precedente».

Può sembrare incredibile, eppure il retroscena di questa vicenda giudiziaria allucinante è tutto qui, nel rancore covato da qualcuno per ragioni piuttosto squallide. Soldi. Prestigio. Ruolo. Sono voci che girano con insistenza a scuola, voci che solo il preside rende esplicite.

«Quando sono arrivato al Majorana - spiega Bruno Dagnini - ho rilevato problemi di contabilità, alcuni debiti da pagare e un gruppo di docenti che avevano una retribuzione non regolare, piccole violazioni del contratto di lavoro. Si trattava di illeciti amministrativi, uno scoperto in bilancio di circa 170 milioni di vecchie lire e alcuni insegnanti con mansioni aggiuntive che venivano retribuite anche con un milione e 200mila lire in più al mese. Tutte cose che abbiamo sistemato senza drammi con dei tagli a consuntivo, però sono intervenuto per ridimensionare mansioni e retribuzioni irregolari di alcuni docenti. Due di loro sono proprio quelli che mi hanno denunciato».

Cani antidroga

Ma una vendetta così può andare a segno solo in un contesto dove non è follia mandare come prassi i cani antidroga fuori dalle scuole, dove il controllo sociale può trasformare una scuola elementare nel luogo più sorvegliato di una ricca città del nord (accade in questi giorni a Bergamo), dove è possibile che in una scuola di Torino venga introdotto il cartellino elettronico per schedare e smascherare su internet gli studenti che entrano in ritardo.

Al Majorana di Rho, per ora, non è successo niente di tutto questo. L'anno scolastico è cominciato lo scorso 8 settembre con un presidio di protesta. Fuori dalla scuola, perché il nuovo preside non ha concesso l'auditorium per ridiscutere del caso Dagnini. Sembra che alcuni candidati quest'estate abbiano rinunciato a una presidenza che si annuncia piuttosto scomoda. Tranne uno. Pasquale Aprea, consigliere comunale di Forza Italia a Cuggiono (Milano), il neopreside; che comprensibilmente non vorrebbe più sentir parlare di quella vicenda. Anche se proprio ieri sera, nell'auditorium del Majorana, si è tenuta un'assemblea aperta organizzata dai membri del consiglio di istituto.

Luca Fazio
Milano, 18 settembre 2004
da "Il Manifesto"