FELICIA IMPASTATO

Centouno passi

La mamma di Peppino, ucciso nel `78 dalla mafia, si è spenta ieri a 88 anni. Ha lottato una vita contro Cosa nostra

Felicia Bartolotta

E' morta nella sua casa, a cento passi da quella di Tano Badalamenti, il boss di Cinisi che gli ha ucciso un figlio, che ha sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia. Felicia Bartolotta Impastato se n'è andata a 88anni, probabilmente per colpa di quell'asma che da tre anni non la lasciava in pace. Schiva ma dal carattere deciso, era diventata il simbolo dell'antimafia, quella vera e non di maniera. La sua vita l'ha dedicata a Peppino, quel figlio che osò ribellarsi a Cosa nostra e per questo pagò con la vita. Forte, coraggiosa, in nome del figlio Felicia Bartollotta ha lottato contro tutti e tutto, ricordando con fierezza Peppino in ogni occasione pubblica e gridando la sua verità dentro le aule di tribunale contro i depistaggi e le menzogne di chi parlava di Peppino come un terrorista suicida. Ci sono voluti 24 anni prima di giungere alla verità, con la condanna all'ergastolo, l'11 aprile di due anni fa, di TanoBadalamenti, colpevole dell'assassinio dell'ex militante di Dp. Quel giorno in casa di Peppino fu quasi una festa. E un mese dopo, il 24 maggio, la madre festeggiò i suoi 86 anni «con la pace nel cuore», come lei stessa disse all'altro figlio Giovanni, ai parenti e agli amici. «Tano seduto», il nome con cui Peppino Impastato chiamava il padrino di Cinisi Badalamenti dai microfoni di «Radio aut», era stato condannato, ma lei continuava a lottare. Il tempo infatti ha riservato altri dolori alla madre di Peppino. Gli attentati al negozio della nuora, la moglie dell'altro figlio Giovanni, e per ultimo quella condanna a Giovanni costretto a risarcire 2500 euro al legale di Badalamenti Paolo Gullo, definito «imbecille» durante una puntata del Maurizio Costanzo show, frase pronunciata per difendere la memoria del fratello.

«E' morta una grande donna, una persona che sarò ricordata in tutto il mondo per il suo coraggio, una delle poche con la schiena dritta e che ha saputo fronteggiare la mafia a viso aperto», dice Franca Maria Imbergamo, il pm che ha rappresentato la pubblica accusa nel processo al capomafia Badalamenti. Alla lettura del dispositivo Felicia Bartolotta non aveva voluto assistere: sarebbe stata troppa l'emozione per un verdetto atteso così a lungo. Un delitto di mafia che Cosa nostra cercò di mascherare come un attentato terroristico, grazie anche alla complicità dei tanti che hanno impeditol'accertamento della verità. Quello di Peppino Impastato doveva essere un«delitto perfetto»: per coprire l'esecuzione mafiosa del militante di Dp, venne ideata la messinscena di un «incidente», con la vittima dilaniata dallo stesso ordigno che avrebbe maneggiato. Così la mattina del 9 marzo1978, lo stesso giorno della scoperta a Roma del cadavere del presidente della Dc Aldo Moro in via Caetani, il corpo di Impastato fu trovato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani, nei pressi di Cinisi. La tesi dell'incidente terroristico, accreditata in un primo momento dai carabinieri, fu poi smontata dal giudice istruttore Rocco Chinnici, che invece orientò le indagini sulla cosca mafiosa di Tano Badalamenti.

Da «Radio Aut» Impastato aveva condotto una coraggiosa campagna di denuncia dei rapporti mafia-politica a Cinisi. Circondato da pochi amici, attorno a Peppino fu fatta terra bruciata e l'unica persona che lo sostenne fu proprio la madre che sfidò l'omertà di un intero paese e lo sguardo del boss, che abitava a cento passi dalla sua casa. Fiera di quel figlio «ribelle», Felicia Bartolotta non lo lasciò mai solo, andandolo a trovare nel garage dove Peppino fu costretto a vivere per un po' di tempo, nascosto alla vista dei killer che poi lo avrebbero ucciso. E' morta portandosi dietro anche il dolore per la scomparsa del marito, morto poco prima dell'assassinio di Peppino in un misterioso incidente stradale, dietro cui, secondo Felicia, c'era stata la mano di «Tano seduto».

Alfredo Pecoraro
Palermo, 8 dicembre 2004
da "Il Manifesto"