Perché non fare come Zapatero in Spagna?

Se la sinistra non difende i matrimoni tra gay

Fino a quando gay e lesbiche non avranno le stesse possibilità di altri, esisterà un mondo che li escluderà, non li comprenderà, li indicherà come diversi in modo negativo

La politica italiana ci ha offerto un triste dibattito sui matrimoni gay, dopo l'approvazione della legge in Spagna. Alla consueta rozzezza del centrodestra (ad eccezione delle dichiarazioni della sottosegretaria socialista Margherita Boniver) ha fatto da contraltare una sinistra impacciata e preoccupata di chiarire che mai e poi mai si sognerebbe di seguire Zapatero. Si dice: ma nel nostro paese non c'è nemmeno una legge che riconosce le coppie di fatto, tutelando i figli nati nell'ambito di queste relazioni, come possiamo pensare già ai matrimoni gay? E' vero, l'Italia punisce le coppie di fatto, non si sa bene per quale motivo (secondo il Vaticano, per non minacciare la famiglia tradizionale). Ma la scelta tra matrimonio e coppia di fatto è comunque una scelta che gli eterosessuali possono compiere liberamente. Per gli omosessuali questa libertà di scelta non c'è. Io invece penso che un paese civile sia quello in cui esiste l'uguaglianza sostanziale tra i cittadini, e in cui ad ognuno viene riconosciuto il diritto di scegliere sulla base della propria responsabilità individuale. Mi interessano fino ad un certo punto i nomi che diamo alle cose, (matrimonio, unione, famiglia) ma siccome il simbolico è fondamentale nella nostra storia, io so che fino a quando gay e lesbiche non avranno le stesse possibilità di altri, esisterà un mondo che li escluderà, non li comprenderà, li indicherà come diversi in modo negativo.

Parliamo allora di quei valori che il vento del sud sta spingendo nella politica italiana ed europea: uguaglianza, liberazione, l'idea di una società dove la cittadinanza sia "plurima" e cancelli discriminazioni e solitudini. Questa idea di società -credo - è la sfida dell'alternativa. Il berlusconismo può definitivamente crollare solo se sapremo riaprire la sfida del cambiamento basandola su questi valori di fondo.

Quale ruolo il Vaticano deciderà di assumere nei prossimi mesi nella scena politica italiana ed europea non è certo indifferente. Io non sono ottimista, come altri osservatori, sulle posizioni di Papa Ratzinger. Non dubito che l'idea che muoverà questo pontificato sarà quella di una forte egemonia delle posizioni meno progressiste della chiesa cattolica nella vita sociale e politica.

Il programma di governo dell'Unione deve occuparsi di queste cose. Il ruolo della sinistra di alternativa è determinante per affrontare non solo i diritti sociali ma anche quelli di cittadinanza: e tra questi diritti c'è anche il riconoscimento delle unioni omosessuali.

Desidero rispondere a Livia Turco quando afferma che il matrimonio fra persone dello stesso sesso è sbagliato e lei non invita Prodi a fare come Zapatero. Sbagliato per chi e perchè? Su cosa si fonda una società solidale: sulla morale di Stato o sulla centralità della responsabilità individuale? Io credo che sia compito inalienabile del legislatore garantire innanzitutto il principio di uguaglianza di tutti i cittadini.

La sinistra italiana, in questi anni, ha sofferto di un realismo che spesso ha sterilizzato ideali e valori. Naturalmente so bene che l'estensione dei diritti di cittadinanza è il frutto di un processo storico e culturale che sempre presuppone una certa gradualità. Ma vorrei dire in modo altrettanto chiaro che nel nostro orizzonte di cittadinanza ci deve essere il pieno riconoscimento, senza discriminazione, di tutte le forme di relazione di donne e uomini. Il matrimonio fra due lesbiche, la genitorialità di un gay non tolgono proprio nulla ad un cristiano, e sicuramente non lo minacciano. La Spagna non avrebbe approvato questa legge senza l'ampio consenso dei credenti. E forse per abbattere tutte le ipocrisie della doppia morale, dovremmo cominciare a dirci che la morale sessuale non è più un conflitto fra laici e cattolici. In Italia non lo è più da tanto tempo: dai giorni delle battaglie sul divorzio e sull'aborto.

Titti De Simone
Roma, 3 maggio 2005
da "Liberazione"