Da studioso di storia delle religioni e di dialogo interculturale sono rimasto sconcertato dal documento “Giù le
mani dal crocifisso” diffuso dall'Amministrazione Comunale di Arcore. Cerco di affrontarne
i temi nell'unico modo che mi sembra opportuno, ovvero con toni pacati e soprattutto argomentazioni
razionali.
- La sentenza della Corte Europea afferma un principio giuridico che è in perfetto accordo
con la logica dei Vangeli: la fede è un fatto di coscienza individuale e non di supporti
istituzionali; Gesù Cristo ha parlato direttamente alle coscienze degli uomini e delle donne
e non alle istituzioni e alle loro pareti. Una scelta esistenziale e soggettiva come la fede non
può essere imposta a nessuno. Questo è il limite delle teocrazie, anche musulmane.
La forza della democrazia è permettere ogni forma di manifestazione della fede senza prescriverne
nessuna.
- È stato uno dei cavali di battaglia della Lega l'insistenza, fondata sulle radici pagane
e celtiche, dell'Europa. Il dio Eridanio, la cerimonia dell'ampolla, i giochi celtici erano modi
per sottolineare una antichissima radice europea, una radice che non solo è molto più antica
del cristianesimo ma è stata da questa combattuta anche aspramente. Come è possibile
che la stessa Lega oggi parli di radici cristiane dell'Europa facendone un tratto esclusivo? Senza
contare che in questo modo si traccia una riga di cancellazione su tutta la cultura greca classica:
o il Partenone, le Olimpiadi antiche, l'Iliade non sono Europa?
- Nel documento si contrappone la presunta scelta anticristiana della Corte Europea con la politica
di apertura nei confronti dell'Islam, come se riconoscere le radici cristiane dell'Europa (che
ci sono, ovviamente, e sono essenziali ma non esclusive) significasse tout court cancellare l'Islam.
Il tutto ignorando le ricerche che continuano a sottolineare il contributo dato dall'Islam alla
cultura europea, nonché alla stessa definizione del cristianesimo che guarda caso si è indebolito
proprio dopo il 1492 quando gli arabi sono stati espulsi dalla Spagna, e ha ripreso fiato quando
con il Concilio Vaticano II si è iniziato a parlare di ecumenismo. Non è pensabile
la Divina Commedia senza l'Islam: tutta la teologia medievale è debitrice delle cue categorie
alle continue letture del Corano; per non dire della cultura, della scienza, della lingua. Non
potremmo nemmeno usare il numero “zero” senza la cultura araba e musulmana. Del resto,
tutta la vita e l'opera di Giovanni Paolo II e le parole di Benedetto XVI a commento del referendum
sui minareti in Svizzera vanno contro l'interpretazione dell'Islam sottintesa dal documento.
È possibile, su questi temi, iniziare a studiare e a capire? Abbassare i toni per evitare
fraintendimenti? Evitare gli slogan e passare alle argomentazioni? E soprattutto cercare di andare
oltre le semplificazioni da massmedia e abbracciare l'unica forma di salvezza possibile per le persone
oneste: la conoscenza?
Raffaele Mantegazza (Docente Università di Milano - Bicocca - Facoltà di
Scienze della Formazione)