“Briangheta”, il primo libro sulla mafia in Brianza scritto da Marco Fraceti

«Anche nel Nord politica e mafia vanno a braccetto»

«Nei comuni più importanti della provincia di Monza e della Brianza la Lega assiste senza dire e fare niente a gravi episodi che riguardano uomini del Pdl, diventando alla fine complici, come ha denunciato Roberto Saviano»

Villa Reale di Monza

“Briangheta” (Edizioni Punto Rosso, pp. 134, euro 7,00), è il primo lavoro fatto sulla 'ndragneta in Brianza. L'autore è Marco Fraceti, 55 anni, nato a Milano. Da sempre impegnato in politica: prima in Avanguardia Operaia, poi in Democrazia Proletaria e in Rifondazione Comunista. Ora collaboratore della rete antimafia nazionale attraverso l'Osservatorio sulle mafie nella Provincia di Monza e Brianza. Con altri ha scritto Quel Marx di San Macuto, dedicato all'indimenticato compagno Luigi Cipriani, deputato di Dp e componente la Commissione Parlamentare sulle Stragi e sulla P2.

Marco, quale nuovo nesso c'è tra politica e criminalità per l'esperienza che sta maturando in Lombardia?

Con questo libro entro nel merito di alcune questioni di malapolitica confermate da inchieste che da quattro o cinque anni hanno interessato la Brianza. Ci sono finiti dentro soggetti legati alla 'ndrangheta ma anche politici brianzoli, intercettati ma non indagati. Il tentativo Briangheta è di informare i cittadini della Brianza che non è assolutamente vero che la 'ndrangheta prolifera in territori sottosviluppati. E poi c'è la questione dell'intreccio con la politica. Enzo Ciconte, in 'Ndrangheta padana spiega molto bene il nesso che gli uomini della ndrangheta, la terza generazione, hanno con la politica. Se non ci fosse la politica la “ndrangheta” non avrebbe avuto la possibilità di attecchire come ha attecchito. Un solo soggetto è stato al confino, ma i comuni interessati da fatti di 'ndrangheta sono una quindicina. Così appare strano che né la politica né le istituziuoni se ne siano accorti.

Briangheta

Tra i comuni interessati c'è quello di Desio...

A Desio i fatti risalgono al 2004. Tutti sapevano cosa stava succedendo. Nonostante questo la Provincia di Monza e Brianza non vuole istituire la commissione antimafia. Il comune di Monza ha votato un ordine del giorno un anno fa e non è ancora successo niente. Tutti si dissociano dai fatti di criminalità e sembrano ogni volta cadere dal pero. Ci sono politici intercettati, un ex assessore della giunta Formigoni, che non è stato più ricandidato ma ancora ricopre il ruolo di segretario del consiglio regionale.

Insomma, la classica situazione in cui il “lasciar fare” di fatto favorisce la crescita del cancro. E la Lega Nord che dice?

La Lega sostiene che non hanno uomini indagati e dunque non possono essere soggetti coinvolti. Il problema è un altro: loro stanno al governo delle città più importanti, da Desio, Arcore, Lissone e Monza, dove succedono fatti che riguardano uomini del Pdl e loro assistono senza dire nulla. Nel comune di Monza ci sono per esempio due soggetti, uno intercettato nell'inchiesta “Tenace” sulle macchine movimento terra (azienda Perego) e viene definito un “soggetto a disposizione”. Un altro, transfugo della politica monzese, oggi area Udc, sotto processo per truffa in quanto ha rilasciato assegni a vuoto che rientrerebbero in una inchiesta sulla camorra. Dunque gli uomini della Lega Nord se non direttamente coinvolti sono “complici” come denunciato da Roberto Saviano. Su questo c'è un capitolo del libro intitolato “le tre scimmiette della Lega Nord”. C'è stato recentemente a Limbiate un convegno leghista dal quale è scaturito che la funzione della Lega nel rapporto con il PdL è quello di aiutarli a “disintossicarsi” da soggetti legati alla 'ndrangheta. Ogni commento diventa superfluo.

Su questo terreno Rifondazione comunista cosa sta facendo?

A Monza per esempio il sindaco sta svendendo il patrimonio cittadino per fare cassa. Sin dal mese di aprile abbiamo fatto un esposto in Procura sulla questione della svendita ai privati della Villa Reale (30.000 euro all'anno di affitto e una concessione trentennale). Nel consiglio comunale non è successo niente sino a quando è nato un comitato che ha raccolto più di 10.000 firme contro la svendita. Solo dopo è venuta a galla tutta la vicenda che altrimenti sarebbe rimasta sotto traccia. Da maggio giugno di quest'anno abbiamo chiesto in commissione sicurezza e viabilità il problema dei certificati antimafia delle imprese che lavorano nei cantieri pubblici, ancora oggi aspettiamo risposte. Stiamo ancora aspettando già da diversi mesi gli atti che riguadano le imprese che lavorano nei cantieri di viale Lombardia e del polo istituzionale. Non è sufficiente ai fini politici che la capofila dell'Ati risponda che va tutto bene. Se ci fosse una commissione antimafia con i poteri giusti allora le cose sarebbero più chiare. Per ora ci dobbiamo accontentare delle autocertificazioni di Impregilo.

L'ambiente politico-istituzionale non è certo favorevole alle indagini della magistratura.

I politici, in particolare quelli della Lega Nord, se la cavano dicendo che è tutta colpa o del soggiorno obbligato o dei “terroni”. I fatti che nel libro vengono elencati dimostrano l'esatto contrario. Quando arrivò da queste parti Natale Iamonte, l'unico soggetto sottoposto al soggiorno obbligato in Brianza a Desio nel 1994, siamo nel pieno della tangentopoli brianzola. Non passava giorno che un politico brianzolo non finisse in carcere.

Quale è il grosso degli affari che ha messo sullo stesso percorso politica e criminalità?

Gli affari stanno intorno alle bonifiche non fatte e le grandi opere infrastrutturali come TAV lombarda e quarta corsia della A4. Stiamo parlando della Sisas di Pioltello e della città residence Santa Giulia a Rogoredo di Milano. Lì c'era una società che ha ricevuto milioni di euro dalla regione Lombardia, la SADI srl di Giuseppe Grossi, per bonifiche mai fatte (Sisas) o non fatte o fatte male (Santa Giulia). Nelle società di Grossi ci stava Rossana Gariboldi, moglie di Giancarlo Abelli, senatur del Pdl lombardo soprannominato “sua sanità”. La signora Gariboldi però era contemporaneamente socia di Massimo Ponzoni nella Pellicano SrL per la quale Ponzoni stesso ha ricevuto un avviso di garanzia per truffa e bancarotta fraudolenta; insieme alla Gariboldi e a Ponzoni c'erano anche Pozzi e Buscemi, ora ex assessori. All'epoca dei fatti, oggetto dell'indagine sulle sue società, Ponzoni era assessore all'ecologia in regione, e per le indagini di Santa Giulia era solo persona informata dei fatti ma non indagata. Con l'inchiesta su Santa Giulia scoppia il verminaio delle discariche abusive in Lombardia. Ma già dal 2008 tre discariche abusive (Briosco, Desio e Seregno) erano già state oggetto di una inchiesta “star wars”. In una di queste cave vengono intercettati ndranghetisti poi arrestati, che parlano e uno dei due rassicura l'altro dicendogli: che «ci pensa Massimo». Massimo Ponzoni era l'assessore all'Ecologia della Regione Lombardia. Ponzoni ha seguito la linea del “far finta di niente”. Alle ultime elezioni regionali però è stato quello che ha preso più preferenze, e tutte in Brianza. La storia intera è ben raccontata nel libro. Proprio nell'ultima puntata di Annozero è stato mandato un servizio proprio su queste discariche. L'Osservatorio Antimafia di Monza e Brianza, che mi onoro di dirigere, è stato querelato proprio dal signor Cannarozzo, quello che nel servizio prende a calci il giornalista che lo vuole intervistare, per la stessa denuncia fatta da noi già da novembre ma oggetto di iniziative e di interventi fatti da esponenti del Pd di Desio e da altri colleghi giornalisti in tempi meno sospetti. Ma gli affari non sono solo quelli che hanno fatto, sono quelli in divenire: la Pedemontana e le infrastrutture di EXPO 2015, un maloppo da 10/15 miliardi di euro. E a quanto pare la 'ndrangheta è già in prima fila per l'arrembaggio.

E la Compagnia delle Opere?

In questa settimana è arrivata l'avviso di garanzia al direttore degli ospedali di Desio e Vimercate Maurizio Amigoni con l'accusa di turbativa d'asta. Pietrogino Pezzano direttore generale dell'Asl Brianza è stato intercettato nell'inchiesta “infinito”. Tutti e due sono comodamente al loro posto senza fare una piega e tutti e due ciellini. La questione della Cdo si potrà affrontare solo se ci sarà un “pentito” o un collaboratore di giustizia, da dentro, pronti a denunciare le malefatte di questa congrega che in nome di Cristo fanno solo affari. Vi sarebbero delle inquietanti analagie fra il sistema familistico della 'ndrangheta e il sistema clientelare della Cdo; una su tutte: il silenzio.

Quali sviluppi dobbiamo attenderci?

Con l'inchiesta “Infinito” è venuto fuori che a comandare sono le teste pensanti che stanno in Calabria. Il tentativo di fare una 'ndrangheta autoctona è fallito. Secondo, nella crisi economica prende sempre più piede l'economia illegale, nel senso più tradizionale, come il terreno della crisi del credito. Molte imprese sane vessate dal sistema bancario rischiano di finire nelle mani degli usurai pur di salvarsi; ma così facendo non capiscono che si infilano in un vicolo cieco. Per questo già dal 2008 l'ex Procuratore del Tribunale di Monza Pizzi denunciava che pur essendoci il pizzo e l'usura in Brianza non c'erano però l'abitudine a denunciare. Così ci troviamo di fronte a una situazione che oggettivamente favorisce l'intreccio criminale fra affari, politica e criminalità. A Monza dove ci sono 120mila abitanti ci sono 140mila titolari di un conto corrente. Siamo nella vetta delle città con più conti correnti. L'elemento innovativo è che a fare queste operazioni criminalì non sono uomini con la coppola ma laureati e manager capaci di relazionarsi con uomini politici privi di ideali e senza scrupoli. Una delle novità, che la politica potrebbe portare a supporto dei taglieggiati, sarebbe l'isitituzione del fondo antiusura; oppure un serio lavoro per il recupero dei beni confiscati. Ma come detto all'inizio dell'intervista da luglio, oltre alle roboanti dichiarazioni sul versante della politica brianzola tutto tace. Gli imprenditori sani sono lasciati da soli, la buona politica è un'eccezione e le seconde linee della 'ndrangheta brianzola, venute avanti dopo la decapitazione delle prime, continuano imperterrite i loro sporchi affari e la politica non fa un plisse.

Fabio Sebastiani
Monza, 7 gennaio 2011
da “Liberazione