Lombardia: la giunta Formigoni decide un assegno per tenere a casa gli anziani non autosufficienti e scarica a poco prezzo i suoi doveri di assistenza.
Un buono-nonno. E la famiglia si arrangi

Formigoni ama i buoni. Dopo il contestato assegno per la scuola - una dolce manna per gli istituti privati -, la Regione Lombardia ha ora deciso di promuovere il fai da te anche nel campo dell'assistenza agli anziani. La giunta regionale guidata dall'esponente di Comunione liberazione e di Forza Italia, ha infatti finanziato un nuovo “buono nonno”.

Si tratta di un contributo economico destinato alle famiglie che accudiscono in casa persone ultra settantacinquenni non più autosufficienti. L'assegno “terapeutico” potrà essere speso per acquistare servizi sociosanitari presso strutture pubbliche e private con lo scopo dichiarato, fin dalla precedente fase sperimentale del provvedimento, di favorire la permanenza a domicilio di anziani che solitamente necessitano di un'assistenza continua.

L'ammontare della erogazione sarà decisa in base ad alcuni parametri di reddito. Per esempio, una famiglia di quattro persone con un denuncia Irpef contenuta entro 49 milioni e 200mila riceverà ottocentomila lire.

A prima vista, tutto sembrerebbe addirittura esemplare, la prova di una politica assistenziale in crescita: la Regione ha infatti deciso di spendere per questo buono, nel 2001, cinquanta miliardi.

Ma dietro questa decisione, i consiglieri regionali di Rifondazione comunista hanno invece visto subito il chiaro segno di una volontà di “smantellamento”. Basta infatti calcolare quanto dovrebbero sborsare Regione e Aziende sanitarie lombarde se volessero davvero assicurare alle famiglie una rete gratuita ed efficiente di assistenza a domicilio, completata da posti letto in strutture di riabilitazione ospedaliera o nelle residenze protette: 600 miliardi in un anno, oltre dieci volte la spesa appena stanziata dal governo regionale.

In realtà la delibera - commenta Fulvio Aurora, responsabile sanità del Prc in Lombardia - «è una misura di riduzione della spesa». La famiglia con l'anziano a carico intascherà infatti pochi biglietti da centomila, però quando sarà costretta a ricoverare il familiare anziano presso una Rsa (residenza sanitaria assistenziale) pagherà in media tre milioni e mezzo al mese. E intanto nel mercato dei ricoveri prosperano gli istituti privati tanto cari alla “Casa delle libertà”.

Eppure - denuncia il Prc - «la famiglia ha il dovere morale di sostenere l'anziano, ma non ha alcun dovere sanitario, oltre a non avere, di norma, competenza specifica per la cura». Quanto poi al diritto alla assistenza sanitaria, a stabilirlo è la stessa Costituzione, mentre diverse leggi, figlie di antiche e massacrate riforme, obbligherebbero le amministrazioni pubbliche a garantire anche la gratuità delle prestazioni, senza limiti di durata.

E' certamente giusto non ricoverare gli anziani lontano da casa quando non è indispensabile ma, proprio per questo, è ancora più necessario una vero sistema di servizi, non un risicato “buono nonno”. Inoltre - notano i rappresentanti del Prc - questo contributo insufficiente viene destinato alla famiglia “povera” mentre non considera minimamente il nonno, che pure dovrebbe esserne il più logico destinatario. Così, mentre si riempie la bocca di politiche familiari, il Polo scarica sulle famiglie nuovi compiti e oneri - afferma Rifondazione comunista -«monetizzando un servizio e trasformando un diritto in una merce».

Naturalmente, saranno i “fornitori” privati a fregarsi le mani dalla soddisfazione.

Redazione milanese di Liberazione
Milano, 27 dicembre 2000>div>
tratto da Liberazione, 28 dicembre 2000>div>