Questo
pomeriggio il cardinal Martini consegnerà a Dionigi Tettamanzi il bastone pastorale che segna il suo
ingresso solenne nel duomo ambrosiano di cui ha preso possesso formalmente il 14 settembre.
L'arcivescovo più anziano, il gesuita amato dai rinnovatori, l'inventore della “Cattedra dei non credenti”,
il biblista colto, l'autorità cittadina cresciuta nei tormentati anni del terrorismo e poi in quelli
di Tangentopoli, passa la mano all'arcivescovo che proviene da Genova ma che ha avuto natali a Renate
e formazione ecclesiastica sotto la Madonnina.
Il capoluogo ligure, invece, dovrà attendere ancora il suo successore, forse per l'intero mese di
ottobre, qualcuno lamenta questo «stillicidio di attesa» mentre circolano pronostici sui candidati
più accreditati, a cominciare dal viceregente di Roma Cesare Nosiglia, molto legato a Ruini e nativo
di Rossiglione, paese a pochi chilometri verso il Piemonte. Ma non è lui l'unico ligure con molte
chance verso la curia di San Lorenzo.
Raramente un cardinale viene trasferito da una città all'altra; per i cattolici genovesi è stato un
po' un affronto, come si volesse sottolineare che, per la gerarchia vaticana, Milano conta più di
Genova.
Ma certe critiche al metodo adottato per la successione a Martini, giunto ai 75 anni di età, si
sono ascoltate da una parte e dall'altra dell'Appennino.
Nella città portuale il “mugugno” ha preso la voce di parroci di frontiera come don Andrea Gallo,
ma si è letto anche nei giudizi del rettore del Santuario della Guardia monsignor Granara. Motivo:
«la mancata consultazione del popolo di Dio genovese», il quale sicuramente si sarebbe opposto alla
sostituzione di Tettamanzi dopo appena sette anni di nuova stabilità.
La diocesi genovese, infatti, fu per molti decenni del cardinal Siri, fiero antagonista delle aperture
conciliari; seguì un interregno di Canestri e ora, quando sembrava dominare una figura autorevole
capace di celebrare messe per il lavoro e anche di inventarsi una manifestazione “new global” alla
vigilia del G8, ecco che il Vaticano lo sposta altrove.
Non per caso, Tettamanzi ha accolto la nomina parlando di obbedienza e, sulle prime, ha elogiato il
sole costiero a confronto delle nebbie padane. Non era però difficile indovinare che la promozione
risultava molto gradita ai supporter.
Per contro, al meeting ciellino di Rimini, il segretario del cardinal Ratzinger, Tarcisio Bertone,
buttava lì una sibillina rivelazione spiegando che il potente porporato di Curia non era stato consultato
sulla nomina del nuovo vescovo ambrosiano. A sollevare obiezioni a Milano è stato, invece, il movimento
“Noi siamo chiesa” che, dando il benvenuto al nuovo arcivescovo, si è rammaricato per la designazione
romana calata dall'alto, mentre la scelta dei pastori dovrebbe spettare alla comunità dei fedeli.
Tettamanzi piace al clero locale, che lo sente come uno di casa, e non sembra dispiacere per ora
né alla “destra” né alla “sinistra” della chiesa. Tutte le parrocchie hanno ricevuto un piccolo corredo
per l'annuncio della cerimonia odierna. Il volto sorridente e bonario con cui si presenta dai manifesti
ai milanesi vale come una dichiarazione programmatica: grandi cortesie e buone relazioni, dall'Opus
Dei fino alle aree del dissenso, passando per Comunione e Liberazione che, come è noto, non adorava
Martini.
Quando Avvenire gli ha chiesto quale vescovo attendano i milanesi, lui ha risposto «santo», un obiettivo
ambizioso che il cardinale affida alle relazioni umane e al tono dimesso di chi però conta molto.
Rispetto al predecessore, Tettamanzi ha il vantaggio di non portarsi addosso etichette di schieramento
ed è opinione diffusa che farà il possibile per non assumerne.
Le sue ultime interviste, anche quella odierna su Raisat, esaltano la tradizione cristiana e morale
della seconda “capitale” d'Italia. Ha confessato, inoltre, di aver avuto un colloquio di due giorni
con Martini.
Un anno fa, dopo le sue critiche alla globalizzazione sembrava che l'allora arcivescovo di Genova
avesse esagerato in protagonismo; la sua iniziativa ha poi fatto scuola dentro la Cei. La promozione
lo ha sicuramente rilanciato tra i papabili - che però restano molti -, soprattutto nel caso che la
Cattedra di Pietro rimanga occupata ancora per qualche tempo. Ovviamente il cardinale non dimenticherà
questa circostanza.
A metterlo subito in campo saranno oggi gli immigrati che hanno occupato il sagrato di San Babila.
Tettamanzi sarà poco lontano, innanzi tutto nella basilica di Sant'Eustorgio, luogo di battesimo dei
primi cristiani, poi al duomo dove la cerimonia sarà seguita anche attraverso i megaschermi.
Martini, che negli ultimi giorni è stato fuori Milano, ci tornerà per questo commiato.
Intanto l'editore Feltrinelli - anche questa scelta non ha precedenti - sta per mandare in libreria
il suo ultimo Verso Gerusalemme, la meta agognata per il ritiro. Il cardinale ha sempre praticato
il difficile dialogo con ebrei e musulmani. Ma l'età della pensione potrebbe rivelarsi meno ritirata
del previsto.