Sono 254 i ragazzi del Livorno fermati ed identificati per danneggiamenti e 6 arrestati con l’accusa
di violenza e resistenza a pubblico ufficiale.Giunti a Roma per assistere a Lazio-Livorno,partita
numero 30 del Campionato italiano di calcio, fino alle 19 di ieri sera buona parte di loro erano
ancora dislocati in almeno due caserme romane.
Voci di maltrattamenti da parte delle forze di Polizia (sembra che i ragazzi siano stati tenuti a
digiuno per l’intera giornata e minacciati da alcuni agenti) e poche e ed evasive informazioni
e dichiarazioni da parte della questura, lasciavano presagire uno scenario affatto tranquililzzante.
Una situazione che si è parzialmente sbloccata solo nel corso della serata ma che ha creato momenti
di vivissima preoccupazione e di tensione tra le numerose famiglie livornesi coinvolte, tra le madri
ed i padri che si sono recati davanti al prefettura di Livorno a chiedere conto di cosa stesse succedendo.
Per qualche ora si è temuto il peggio ed il pensiero è andato subito a Genova. Il fantasma della
scuola Diaz e della caserma Bolzaneto, la caserma delle sevizie e delle torture denunciate da migliaia
di ragazzi, è ancora vivo e giunge drammaticamente alla mente ogni qual volta si sente parlare di
fermi ed arresti di massa da parte delle forze di pubblica sicurezza.
Si torna nel clima cileno dei giorni genovesi ed è difficile non preoccuparsi o evitare di vigiliare
con molta attenzione sulla correttezza dei comportamenti delle forze dell’ordine. E’questa
forse la conseguenza più grave delle sevizie genovesi: avere creato un fondo di sfiducia ed uno strappo
cittadini-forze dell’ordine che stenta a ricucirsi.
A conferma della preoccupazione e della delicatezza della situazione nel tardo pomeriggio il sindaco
di Livorno Alessandro Cosimi, chiedeva alla prefettura di Roma di tutelare i tifosi toscani bloccati
a Roma. «La mia prima e più importante preoccupazione» - ha spiegato il sindaco - è quella di riportare
a casa i ragazzi rimasti a Roma dopo gli scontri con la polizia».
Portare in caserma 256 ragazzi, del resto, non è cosa da poco. Difficile pensare ad un reato di natura
collettiva e la preoccupazione di genitori e istituzioni del comune toscano si è fatta sentire fin
dalle prime ore della giornata. Telefonate e voci concitate dalla caserma alla prefettura di Livorno
e dalla giunta comunale al ministero degli interni. Tutti con un unico interrogativo: che fine hanno
fatto i 256 ragazzi di Livorno giunti a Roma per assistere alla partita Lazio-Livorno?
Una situazione che si è parzialmente risolta solo in tarda serata quando dalla questura di Roma è arrivata
la conferma che tutti i ragazzi erano stati rilasciati. Attesi a Livorno in nottata, bisognerà verificare
in quali condizioni sono stati rilasciati.
Una sfida calda quella dell’Olimpico. Una sfida che metteva di fronte gli ultras laziali tradizionalmente di destra con gli ultras livornesi di sinistra. La mano tesa di Di Canio contro il pugno chiuso di Lucarelli. E proprio nei giorni in cui il pontificato di Papa Giovanni Paolo II veniva elogiato da tutto il mondo per il riavvicinamento, voluto e ottenuto, con i "fratelli maggiori ebrei", la curva nord dell’Olimpico distante poche centinaia di metri dalla casa del Papa - pensava bene di intonare il coro: “Livornese ebreo”, accompagnandolo con uno sventolio di croci celtiche e di svastiche del Terzo Reich rimaste sugli spalti laziali per l’intera durata dell’incontro senza che nessuno si sia degnato di fare qualcosa per rimuoverle. Come se ciò non bastasse la curva biancoceleste ha intonato anche un bel “me ne frego”,un “boia chi molla” ed alla fine dell’incontro di calcio - perché è di questo che si sta parlando - ha esposto uno striscione gigante con la scritta “Roma è fascista”. Uno spettacolo indegno del quale il patron della Lazio Claudio Lotito si è sentitamente rammaricato declinando però ogni responsabilità e confermando l’impossibilità di poter intervenire.
«Lo sport» ha dichiarato il presidente della Lazio «deve prescindere dalle posizioni politiche». Come
se sventolare una bandiera nazista e scrivere “Roma è fascista” fosse una posizione politica
e non, piuttosto,un crimine perseguibile dalla legge oltre che un offesa gravissima alle centinaia di
migliaia di vittime del fascismo e del nazismo.
Una scusa, quella della presenza della politica negli stadi che serve a celare colpe e responsabilità quasi
la politica fosse, per sua stessa natura, inevitabile catalizzatore di scontri e l’ispiratrice
diretta di cori di inaudita violenza ed ignoranza.
E non è politica, è bene sottolinearlo, neanche quella dei tifosi del Livorno molti dei quali non
meritano di intonare “bella ciao” o “bandiera rossa”, come hanno fatto ieri
allo stadio.
Nel frattempo il ministro degli Interni Pisanu dichiara di voler «chiudere gli stadi più a rischio» e
Galliani ribadisce l’impotenza delle società che, sostiene il presidente della Lega Calcio, «non
possono certo fare miracoli» e propone «barriere mobili negli stadi da alzare e abbassare all’occorrenza».
Una trovata, questa delle barriere, che la dice lunga sulla volontà di affrontare il problema della
violenza negli stadi.