Spinte razziste e malavita organizzata

La Milano nera tra passato e presente

Geografia della presenza "nera" a Milano

Tracciare una mappa della presenza neofascista a Milano non è difficile. I gruppi della destra radicale sono, infatti, soliti vivere in "branco" e in ambiti territoriali ben definiti. Le sedi, sotto questo aspetto, lasciano il più delle volte spazio ad altri luoghi di ritrovo. Così è certamente per l'anima tradizionalmente più radicale e violenta dell'universo nero milanese: i naziskins.

E' soprattutto nel nord della città, in zona Affori-Bovisa, tra Piazzale Maciachini e Via Cannero, che si tenta oggi, da parte dei gruppi di naziskins di tornare a marcare una presenza, dopo la chiusura nel 1993 (a seguito dell'intervento della magistratura sulla base della legge Mancino) della sede di Via Carabelli ed il fallimento della costruzione di una "zona nera", nel centro, tra Via Torino e le colonne di San Lorenzo. In particolare è attorno a due negozi (ambedue in Piazzale Maciachini), uno di articoli sportivi (il "Last Resort") e l'altro di tatuaggi (il "Nutty Tattoo"), che si cerca di dar corpo a questo nuovo tentativo.

A poche centinaia di metri, in via Cannero al 7, è anche ubicato una specie di centro sociale, divenuto negli anni luogo di ritrovo per le "teste rasate" anche di fuori Milano. Situato nella baracca di un ex-spedizioniere è però una realtà a termine, destinata nel giro di due anni a lasciare spazio ai lavori per la costruzione di una nuova stazione della metropolitana.

I naziskins milanesi, dopo gli sbandamenti dei primi anni '90, gravitano ormai tutti in Forza Nuova, costituendo anzi, nei fatti, la vera base militante di questa formazione. I dirigenti sono rimasti sempre gli stessi dai tempi di "Azione skinheads" e "Hammerskinheads" (Duilio Canu in particolare), le riviste d'area quelle di sempre ("L'Uomo libero" di Piero Sella), così le figure mitiche di riferimento come Sergio Gozzoli (presentato da Forza Nuova alle ultime amministrative di Milano alla carica di sindaco). Gozzoli è una vecchia figura della destra radicale milanese, già nota alle cronache fin da quando assaltò, nel giugno del 1960, una sede dell'allora Partito Radicale in via Pontaccio.

Anche se le sedi ufficiali di Forza Nuova si trovano da un'altra parte, in via Concordia 8 e in Piazza Aspromonte 31. E' qui, in conclusione, che si aggrega la propria base militante. Non casualmente l'11 novembre di due anni fa, fu proprio in questa zona (presso il dancing "De Sade" di via Valtellina, i cui gestori sono vicino ad Alleanza Nazionale) che Forza Nuova tentò un raduno nazionale. La manifestazione si risolse in pesanti scontri tra "forzanovisti", polizia e militanti di sinistra.

A riprova di quanto detto, nei mesi scorsi, le vie di questi quartieri sono state più volte teatro di scorribande notturne, con scritte e svastiche sui muri e le vetrine delle sedi dei partiti della sinistra.

Ma la realtà milanese non è solo legata a questo fenomeno. Alcune vecchie conoscenze dello squadrismo degli anni '70 sono riapparse recentemente, da Cesare Ferri a Mario Di Giovanni. Nel dicembre scorso, è stato anche nuovamente arrestato a Milano Gilberto Cavallini, in semilibertà dal giugno 2001, nonostante le diverse condanne all'ergastolo e una catena infinita di omicidi, tra militanti di sinistra, carabinieri, poliziotti e giudici. Tra la fine degli anni '70 e i primi anni '80, Cavallini era stato con Valerio Fioravanti e Francesca Mambro alla testa dei Nar (i "Nuclei Armati Rivoluzionari"), autori in pochissimi anni di qualcosa come 104 tra attentati e omicidi. La sua prima vittima era stato il giovane compagno Gaetano Amoroso, studente lavoratore, ucciso a coltellate, proprio a Milano, la sera del 26 aprile 1976, mentre attaccava manifesti.

Gilberto Cavallini, finito nuovamente nella rete, arrestato dalla squadra mobile della Questura milanese, per una serie di rapine ai danni soprattutto di gioiellerie del centro, al momento del suo arresto, portava nello zainetto una pistola di grosso calibro. Il giro dei "vecchi amici" gli aveva anche trovato un finto lavoro, presso una palestra di Novate Milanese, dove mai si presentava. Ma questo connubio tra destra radicale e malavita comune percorre da sempre la storia del neofascismo milanese. Ancora recentemente, la settimana scorsa, alla conclusione in Corte d'Assise del processo d'appello per l'omicidio di un giovane militante dell'estrema destra, Alessandro Alvarez, assassinato con tre colpi di pistola la sera del 3 marzo 2000, in una stradina a ridosso della ferrovia, nella periferia industriale di Cologno Monzese, si è parlato con insistenza di traffico di armi e di stupefacenti. Lo stesso avvocato di famiglia ebbe a dire: «Alvarez era venuto a conoscenza di qualcosa che non doveva sapere. Forse gli si è voluto chiudere la bocca!».

Milano "nera", che negli ultimi anni ha anche visto il ferimento (senza la condanna dei responsabili) di un consigliere comunale di Rifondazione comunista (Davide Tinelli, il 10 aprile del 1997), vive con questo retroterra, divisa tra le pulsioni razziste di chi punta all'organizzazione di bande da strada per conquistare territorio, e chi non ha mai perso i propri rapporti con la criminalità organizzata.

Ma è un mondo non unicamente rintanato nei propri ghetti. Alcuni partiti avrebbero molto da dire circa i loro rapporti con la destra radicale milanese, da Alleanza Nazionale alla Lega Nord, sempre pronti a garantire i permessi per le loro manifestazioni, a volte, come nel caso dell'europarlamentare Mario Borghezio e dei "Volontari verdi", da tenersi in comune.

Una storia, questa, ancora tutta da scrivere, ma forse più importante di tante altre.

Saverio Ferrari
Milano, 18 marzo 2003
da "Liberazione"