Le destre radicali del vecchio continente cavalcano l'insicurezza e tornano a inneggiare ad Adolf Hitler

Xenofobia: il fascismo che dorme sotto la pelle

Viaggio allucinante nell'Europa delle destre radicali

Un viaggio oggi attraverso le destre radicali europee significa sempre meno elencare solo sigle di gruppi neonazisti, raccogliere aneddoti sulla personalità di qualche leader locale che si crede la reincarnazione di Hitler o Mussolini, soffermarsi sulla varietà dei simboli usati.

La realtà che abbiamo di fronte è, infatti, in rapida e tumultuosa mutazione. Le destre estreme, assai più composite e pericolose, stanno ormai cambiando pelle.

LE NUOVE DESTRE RADICALI

Forza NuovaIl panorama attuale si presenta come estremamente variegato. Difficile ricostruirlo in poche righe. Più semplice cogliere alcune tendenze, a partire dai fenomeni cosiddetti nazional-populistici che stanno percorrendo, nella loro versione più radicale, il vecchio continente.

La destra estrema ha infatti cambiato corso in Europa alla metà degli anni ’80, con lo sfondamento elettorale in Francia del Front National di Le Pen che raggiunse quasi il 10% nelle legislative del 1986. Da allora ha inizio anche in altri paesi la crescita di formazioni analoghe, dal Vlaams Block fiammingo al FPO austriaco di Jorg Haider, all’UDC (Unione Democratica di Centro) in Svizzera, fino al successo recentissimo della lista di Pim Fortuyn nei Paesi Bassi, passando per l’esperienza leghista in Italia. Un dato di novità con nuove forme di rappresentanza politica. Un momento di passaggio epocale nel campo delle destre radicali. Nuovi inevitabilmente anche i parametri e le classificazioni da adottare. Limitarsi ancor oggi ad individuare l’area della destra estrema sulla base unicamente delle formazioni esplicitamente nostalgiche del fascismo e del nazismo, pure anch’esse in crescita, significa non solo commettere un grave errore di analisi, ma rimanere impreparati di fronte ad una delle sfide più pericolose dei prossimi anni. Immigrazione, insicurezza e identità sono ormai i cavalli di battaglia di quest’area in tutte le sue espressioni possibili, capaci di penetrare in profondità anche in settori operai e popolari.

Proviamo a addentrarci.

DA LE PEN AL CASO ITALIANO

Più di un esperimento è in corso in Europa, dove l’incontro e l’intreccio tra le diverse destre, è in grado di produrre combinazioni tanto pericolose quanto diverse. In Francia il Front National è divenuto progressivamente punto di raccolta di tutte le principali correnti storiche dell’estrema destra. In un unico partito si sono via via amalgamati neofascisti, tradizionalisti e cattolici fondamentalisti. Un fenomeno quasi unico, in cui la figura di Jean-Marie Le Pen ha giocato e gioca un ruolo unificante, arrivando addirittura, lui stesso, nella primavera del 2002 a scavalcare il principale candidato delle sinistre e passare al secondo turno delle elezioni presidenziali.

Diverso e per certi versi assai più pericoloso il caso italiano. Nel nostro paese, infatti, attraverso la Lega Nord, una parte significativa della destra radicale ha assunto direttamente, con ben tre ministri, funzioni di governo. Nel suo ultimo congresso, nel marzo 2002, la Lega di Umberto Bossi, ha, d’altro canto, definitivamente sancito la propria natura, sposando temi e contenuti (dall’opposizione alla “società multirazziale” alla “difesa della purezza della razza padana”), propri di tutte le formazioni razziste della destra radicale. Anche alcuni simboli, pescati tre le svastiche meno conosciute, e taluni celebri testi antisemiti come “I protocolli del savi anziani di Sion” sono ormai entrati a far parte dell’armamentario leghista.

Un’altro raggruppamento della galassia neofascista, il MSI-FiammaTricolore fondato da Pino Rauti, ha invece elettoralmente stretto accordi con l’insieme del centro-destra, sia nelle elezioni politiche del 2001, attraverso forme di desistenza, sia in numerose altre scadenze per il rinnovo delle amministrazioni locali.

In Italia, in conclusione, differentemente che in Francia, tutte le destre, non solo quelle estreme, si accordano fra loro, facendo venir meno al proprio interno ogni discrimine antifascista e antirazzista. Anche per queste ragioni le aggregazioni più recenti, apertamente fasciste come Forza Nuova, riescono a trovare un fertile terreno di coltura, oltre che interlocuzioni fin dentro i partiti di governo, Lega Nord, in primo luogo, con la quale ormai, vengono sistematicamente promosse iniziative pubbliche in comune.

LA ROCCAFORTE DI OLDHAM

In Gran Bretagna è invece un partito che non fa mistero del suo neonazismo a raccogliere consensi preoccupanti: il British National Party di Nick Griffin. Nelle ultime elezioni amministrative ha inaspettatamente conquistato 16 seggi, di cui 5 nella sola cittadina di Burnley, una delle più povere d’Inghilterra, dove è diventato il secondo partito.

Ma già nel maggio 2002, in un’altra scadenza elettorale, nei 19 comuni dove si era presentato, aveva ottenuto una media elettorale del 18%. La sua roccaforte, Oldham, una cittadina alla periferia di Manchester, la trentesima area più depressa del Regno Unito, teatro negli anni scorsi di duri scontri a sfondo razziale, dove ormai l’11% della popolazione è composta di immigrati soprattutto asiatici. Qui il BNP raccoglie il 16% dei voti. Inutile dire che il tema dell’immigrazione è al centro dei programmi di questa formazione politica. Più interessante invece sapere che il British National Party, per stessa ammissione di Nick Griffin, guarda ad Umberto Bossi come modello.

Ma in Gran Brteagna, parallelamente ad un’attività legale, si sviluppano da tempo organizzazioni neonaziste dedite al solo esercizio della violenza. Non casualmente nel 1991, da una costola del British National Party, si costituì una vera e propria organizzazione terroristica: “Combat 18”. 18, tanto per non essere equivocati, sta ad indicare la prima e l’ottava lettera dell’alfabeto corrispondenti alle iniziali di Adolf Hitler. Diversi aderenti a questa formazione sono stati condannati per attentati ed aggressioni nei confronti di militanti di sinistra, immigrati, persone di colore ed ebrei. Qui, come in tutti i paesi europei, la violenza razzista è all’ordine del giorno e le bande delle teste rasate hanno ormai sostituito il vecchio squadrismo.

TESTE RASATE

La Germania sta vivendo in questi anni uno dei periodi di intolleranza più bui della propria storia nel dopoguerra. Secondo il rapporto annuale, curato dall'Ufficio per la tutela della costituzione, nel 2002 i reati riconducibili alle bande neonaziste sono saliti del 60%, raggiungendo la ragguardevole cifra di 15.591. 998 invece le aggressioni fisiche a danni di persone, due terzi delle quali straniere. 35 i morti, in dieci anni, ufficialmente censiti, anche se la cifra è stata fatta oggetto di contestazione da parte di alcune inchieste giornalistiche che hanno invece pubblicato un elenco di 95 casi, fra stranieri e senzatetto, ammazzati nello stesso arco di tempo. Nonostante siano state ben 17, dal 1992, le organizzazioni sciolte d’autorità, la galassia del neonazismo tedesco si riforma di continuo sotto nuove sigle. Darne conto diverrebbe quasi un’impresa.

Meno numerosi i partiti veri e propri, con al centro del programma la lotta contro l’immigrazione e il diritto d’asilo, oltre che la difesa dei valori tradizionali tedeschi, in altre parole per un ritorno al Terzo Reich.

Il Partito dei repubblicani (Der Republikaner), fondato nel 1983 da alcuni dissidenti della CSU bavarese, è certamente l’esperienza che più di ogni altra ha puntato ad uno sfondamento nel corpo elettorale. Diretto, a partire dal 1985 da un ex-istruttore della divisione Charlemagne delle Waffen-SS, Franz Schonhuber, che lo ha progressivamente condotto su posizioni sempre più radicali, questo raggruppamento ha conosciuto nel suo momento di massimo fulgore il 7,1% dei suffragi nelle elezioni europee del 1989, con 2,2 milioni di voti e 6 eletti. La DVU (Deutsche Volkunion), fondata nel 1971 dall’editore miliardario Gerhard Frey, è invece riuscita ad eleggere, negli anni ’80 e ’90, suoi rappresentanti in alcuni Land, quello di Schleswig-Holstein e nel senato di Brema. L’NPD (Nationaldemokrastische Partei Deutschlands), lo storico partito neonazista tedesco fondato nel 1964, pur non raccogliendo significativi consensi elettorali, è invece senza ombra di dubbio la forza più compromessa con le aree violente. La procedura per la sua messa fuori legge, avviata dal governo nel 2001, ha per altro fatto emergere uno scandalo di grosse proporzioni. Si è infatti scoperto che alcuni fra i massimi dirigenti dell’NPD (tra cui uno dei più importanti ideologi), erano in realtà infiltrati dei servizi segreti.

Ma è qui in Germania che il fenomeno dei naziskins ha conosciuto la sua maggiore estensione, propagandosi anche nei territori un tempo della DDR, dove scorazzano alcune fra le bande più aggressive, come le ”SSS”. Sempre secondo l’Ufficio per la tutela della costituzione nelle regioni dell’Est si raccoglie più della metà degli estremisti di destra. In queste stesse aree, va messo in evidenza, risiede anche la maggior parte dei 4,3 milioni di disoccupati di tutto il paese.

CAMICIE BRUNE E UNIFORMI COSACCHE

All’Est come all’Ovest dell’Europa le destre estreme hanno conosciuto una stagione nuova. Dopo il crollo del cosiddetto “socialismo reale” è stato tutto un fiorire di organizzazioni, movimenti e partiti.

Le febbri nazional-populiste in questo decennio hanno attraversato sia la Russia sia i paesi europei scaturiti dell’ex-blocco sovietico. Anche qui il nazionalismo, cresciuto sullo sfondo di drammatici problemi sociali, ha assunto i temi del rifiuto dello straniero e dell’insicurezza. Anche qui il moltiplicarsi di aggressioni, il proliferare di gruppi neonazisti, l’estendersi delle culture razziste, ma soprattutto il radicarsi di nuove intolleranze e di un nuovo antisemitismo. Nel 2000 il Partito della grande Romania, di Vadim Tudor, che aveva chiesto la riabilitazione del governo filo-nazista degli anni ‘40, dopo aver fatto parte della coalizione di governo, è stato battuto solo al ballottaggio ottenendo comunque il 30% dei consensi. Nel suo programma gli ebrei venivano definiti “fonte di tutti i mali”. In Ungheria il partito “per la giustizia e la vita”, che ha sostenuto il governo di destra di Viktor Orban, si è fatto portatore di un antisemitismo feroce, promuovendo anche campagne per la riabilitazione dei nazisti locali delle “Croci frecciate”. Nella repubblica ucraina la catena delle violenze ai danni della più grande comunità ebraica dell’Est sembra senza fine. In Russia il Partito liberaldemocratico, di Vladimir Zirinovskij, che raggiunse nel 1994 il 24% dei voti, sostiene ancor oggi che ci si dovrebbe occupare degli ebrei come “fece la Germania”. Si potrebbe continuare. Ci fermiamo qui solo per ragioni di spazio. Ma in Russia, dove ormai si traducono le opere di Jiulius Evola, il principale teorico neonazista italiano, vi sono organizzazioni che hanno adottato come divisa la camicia bruna o le nere uniformi cosacche dell’esercito dello Zar. La svastica a volte compare unita alla croce ortodossa. Pensare che sia solo folclore potrebbe essere un grosso sbaglio.

Saverio Ferrari
Milano, 2 giugno 2003
da "Avvenimenti" (titolo originale: Razzismo: il fascismo che dorme sottopelle)