LE SCOMODE VERITA’ DEL PROCESSO PER LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA

Piazza Fontana: la seconda volta. Verità scomode e legami tra neofascisti e la destra istituzionale

LE COMPLICITA’ E I RAPPORTI DEI NEOFASCISTI CON LA DESTRA ISTITUZIONALE E LE BASI NATO IN ITALIA

Si tiene a Milano dal 16 ottobre scorso, davanti la 2° Corte d’Assise d’Appello, il processo di secondo grado per la strage di Piazza Fontana.
Il primo grado si concluse il 30 giugno 2001, dopo un dibattimento durato quasi un anno e mezzo, con la condanna all’ergastolo, per l’organizzazione e l’esecuzione della strage del 12 dicembre 1969 (17 morti e 84 feriti), all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, di Carlo Maria Maggi, Giancarlo Rognoni e Delfo Zorzi, tutti e tre appartenenti a Ordine Nuovo, il gruppo neonazista fondato già negli anni cinquanta da Pino Rauti e Giulio Maceratini. Un quarto imputato, Stefano Tringali, si vide invece comminare tre anni di reclusione per favoreggiamento degli indagati.
Nonostante le condanne, nessuno è al momento in carcere. Delfo Zorzi, dopo aver ottenuto la cittadinanza giapponese e aver cambiato il proprio nome in Roy Hagen, è diventato un importante uomo d’affari di quel paese, forse qualcosa di più. Mandati di cattura internazionali e richieste di estradizione nei suoi confronti, anche per altre stragi, non sembrerebbero, infatti, far breccia presso le autorità nipponiche, sorde a qualsiasi collaborazione.

LE “STRAGI NERE”

Questo processo d’appello, con la sentenza attesa nel giro di pochissimi mesi, sarà centrale nella catena dei procedimenti riapertisi in questi anni sulle “stragi nere”. Arriverà, infatti, a conclusione dopo che da parte della Procura di Brescia saranno già state formulate le nuove richieste di rinvio a giudizio per la strage del 28 maggio 1974 a Piazza della Loggia, e prima del nuovo appello (dopo l’annullamento della Cassazione della precedente sentenza) per i complici e gli ispiratori del finto anarchico Gianfranco Bertoli, che il 17 maggio 1973 lanciò una bomba a mano davanti la Questura di Milano, con l’intento di assassinare l’allora Ministro degli Interni Mariano Rumor, colpendo e uccidendo invece 4 persone e ferendone altre 46. In ambedue i casi alla sbarra finirà nuovamente Carlo Maria Maggi, il capo di Ordine Nuovo nel Triveneto, già condannato in primo grado all’ergastolo anche per la strage della Questura. Con lui Delfo Zorzi per gli 8 morti e 103 feriti di Brescia, più altre figure minori dell’apparato clandestino dell’organizzazione costituita da Pino Rauti.
La conclusione, infatti, degli inquirenti è che è proprio a questa storica formazione della destra radicale, ad Ordine Nuovo, che bisogna risalire per individuare la struttura terroristica che ha materialmente organizzato ed eseguito tutte le stragi dal 1969 al 1974, da Piazza Fontana a Peteano, da Brescia alla Questura di Milano, al treno Italicus.

IL RUOLO DELLA CIA

Per quanto si sia ormai accumulato una quantità impressionante di materiali e riscontri comprovanti le responsabilità dirette, nella cosiddetta “strategia della tensione”, di apparati italiani e internazionali, dal SID all’Ufficio Affari Riservati, alla CIA, i processi stanno portando sul banco degli accusati solo gli esecutori neofascisti.
Anche nel caso della strage alla Questura milanese gli uomini dei servizi segreti, generale Maletti in testa, si sono visti assolti. “Sapevano” ma non per questo erano “complici”, queste le conclusioni. Eppure era stato proprio lo stesso Gianadelio Maletti, responsabile dal 1971 del Reparto D del SID, il 20 marzo 2001, nel processo di primo grado per la strage di Piazza Fontana, a testimoniare di complicità inconfessabili, fino al punto di dichiarare: ”
La CIA aveva sicuramente infiltrati tra i gruppi terroristici neofascisti…La matrice dell’attentato di piazza Fontana era di destra. Avevamo anche elementi sulla provenienza dell’esplosivo destinato ad una cellula veneta di Ordine Nuovo. Era stato trasportato con dei TIR, via Brennero, provenienti dalla Germania. Esplosivo di tipo militare. Una notizia, questa da me direttamente visionata in un rapporto scritto”.
Una conferma autorevole al racconto di Carlo Diglio, ex artificiere di Ordine Nuovo, che con le sue confessioni ha consentito ai magistrati di ricostruire dall’”interno” la politica del terrore degli stragisti neofascisti e la loro dipendenza da ben individuate strutture della NATO in Italia. La strage di Piazza Fontana porta dunque lontano, anche nel tempo.

LE PAURE DELLA DESTRA

Nella ricostruzione operata dai giudici sulla genesi delle “reti” americane “coperte”, cresciute all’ombra delle basi NATO, nonché del loro rapporto con il terrorismo nero, i servizi segreti e gli apparati militari italiani, inseriti a pieno titolo nei progetti golpisti degli anni ’60 e ’70, compaiono non solo i nomi di vecchi e noti repubblichini, ma anche di autentici criminali nazisti, come l’ex-maggiore delle SS Karl Hass (vedi scheda).
Anche per questo il processo per la strage di Piazza Fontana, con il suo possibile esito, è vissuto con forte preoccupazione e ostilità da chi ancor oggi rappresenta la continuità con i poteri e le scelte del passato. Le destre, in particolare, temono l’emergere di complicità e collusioni.
E’ bene sapere che Carlo Maria Maggi, considerato la “mente” degli stragisti, entrò a far parte, nel gennaio del 1970, del Comitato Centrale del MSI; che Delfo Zorzi divenne uno dei responsabili nazionali degli universitari missini e che Giancarlo Rognoni assunse posizioni di rilievo nell’organigramma della federazione milanese del partito di Giorgio Almirante.
Questo subito dopo la strage. Sarà forse un caso, ma a difendere Giancarlo Rognoni è oggi sceso in campo anche l’On Vincenzo Fragalà, uno degli avvocati di punta, ma soprattutto una delle figure più rappresentative del gruppo parlamentare di AN.

Saverio Ferrari
Milano, 21 novembre 2003
da "Avvenimenti"