Un aspetto della tragedia della Shoah a Milano ed in Brianza

L'impossibilità della ribellione

Storia - tra Milano e Seregno - di un gruppo di studenti ebrei milanesi.

Intervengono quattro degli studenti del Manzoni che hanno partecipato alla ricerca sulla memoria: Olivi, Maccotta, Bagliani studentesse di terza e Samari iscritto a giurisprudenza. uscito l'anno scorso dal liceo.

Studenti e insegnanti

Da sinistra: Barbara Bagliani, Alessandra Maccotta, prof. Gianguido Piazza, prof.ssa Zelia Grosselli, Alessandro Samari

Laura Olivi

"Siamo andate a casa della signora Falco, tutti i partecipanti della ricerca, in nove, più gli insegnanti. C'erano la signora Falco e la signora Emma Pontremoli, tutte e due ex-studentesse del Manzoni, espulse nel '38. Loro continuavano ad aggiungere informazioni, abbiamo registrato tutto, siamo rimasti là diverse ore e probabilmente non sono state neanche abbastanza. Tantissimo ancora da dire. Credo che era la prima volta che parlavano a degli studenti del loro liceo.
Ho pensato se mi fossi trovata nel '38, non avrei fatto niente, sarei stata paralizzata, non avrei fatto niente probabilmente, mi sarei lamentata con persone fidate.
Lo spirito che mi ha mosso al l'inizio è stata la curiosità, toccare con mano e poi è stato un crescendo di partecipazione a livello emotivo. Sapevo dell'olocausto. Mi interessa questo filone perché penso che sia una cosa talmente mostruosa che cerco di trovare non dico una spiegazione, ma cerco di capirla."

Alessandra Maccotta

"Mia nonna è milanese. La sua famiglia stava abbastanza bene. Avevano una fabbrica di ghiaccio, stavano bene anche in guerra. Mi ha raccontato di persone, di parenti che conosco. Incontrare la signora Falco e Pontremoli è stato un po' come ascoltare delle nonne. Con loro mi sono sentita molto più vicina, meno astratta che rispetto ai libri. Sembra impossibile che nessuno abbia reagito alla loro espulsione. Si trattava alla fine di 65 persone, più di due classi intere! La risposta di questo silenzio ce l'hanno data le due signore. Hanno parlato di un clima totalitario in cui nessuno diceva niente, quello che sconvolge è che questa "era la normalità". lo non riesco a pensare di rimanere indifferente alla scomparsa, alla "eliminazione" come è scritto, degli studenti. Non si può rimanere in differenti al fatto che il mio banco il giorno dopo ha un posto vuoto. Quello che mi stupisce di più è la normalità con cui sono passate queste leggi razziali nel paese, tra persone adulte. Se uno cresce sotto certe idee non è facile ribellarsi. Una ribellione nasce dalla informazione. Ribellarsi partendo dal la informazione, dal capire. Se mai oggi dovesse accadere un fatto del genere cercherei con i mezzi che ho, insegnanti, famiglia, amici, di chiedermi cosa sta accadendo."

Alessandro Samari

"Tutto è nato da un interesse storico: portare alla luce qualcosa che è sempre stato insabbiato e sconosciuto, poi è nata la passione al tema, la solidarietà verso questi nostri ex-compagni che sessanta anni prima sono stati cacciati dalla nostra stessa scuola.
Il momento che ci ha colpito di più è stato quando siamo venuti a sapere che c'erano delle studentesse in vita tra quelle che erano state cacciate nel 1938. La ricerca storica è umanamente arida, vedendo le persone lo stimolo è maggiore. La nostra ricerca è stata fatta anche per mostrare ciò che non dovrebbe mai accadere. Ma io so che al liceo classico "Carducci" sotto la presidenza di Mario Peirani ci sono stati degli episodi di recrudescenza di antisemitismo che facevano accapponare la pelle. Il primo giorno della memoria che è stato tre anni fa, una studentessa ha proposto di celebrarlo e ricordo che il preside di allora disse a questa studentessa "ma cosa credi non siamo una scuola di ebrei!" L'intolleranza non è una cosa così lontana. Le leggi razziali, antiebraiche, sembrano così lontane, però c'è questo antisemitismo recente grazie anche alla attuale amministrazione israeliana, c'è l'antislamismo e altri razzismi sono attualissimi. Cose che assomigliano purtroppo a quello che è già successo nell'Europa culla della ragione."

Barbara Bagliani

"Prima di questa ricerca l'argomento lo conosceva attraverso il cinema, quando ho visto Jona che visse nella balena, ho pianto per metà del film. lo avevo pensato alla sofferenza, alla tragedia dei campi di sterminio, ma non avevo mai pensato a tutta la sofferenza di ogni giorno, al fatto che la sofferenza ci fosse ancora prima di arrivare alla grande tragedia.
Nessuno ha reagito perché c'era un clima di totale omologazione. Nessuno pensava a ribellarsi.
Con questa ricerca, con l'incontro con i testimoni, ho capito la società del tempo, il clima, la quotidianità, il clima di omologazione."

Piero Del Giudice
Milano, 1 maggio 2003
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