Milano, 10 agosto 1944, 15 partigiani trucidati da nazisti e repubblichini, i cadaveri esposti a piazzale Loreto

Ricordare non basta più

Ricordare oggi non basta più. Onorare con le parole o con gli scritti, come ogni anno facciamo, a cominciare da noi sopravvissuti alla stagione resistenziale, i nostri caduti, può sembrare riduttivo. Piangere con la freddezza della memoria che non ci lascia e che comunque non ci dovrà mai lasciare i 15 martiri di piazzale Loreto, travolti dalla cieca barbarie dei tedeschi dell'Hotel Regina e dei reparti assoldati della Rsi dell'ultimo feroce Mussolini, rischia di capovolgere in retorica quello che deve essere solido, quotidiano impegno politico e sociale.

E' un sentimento che mi rode dentro, quasi un tormento, mentre nel Paese, quello che abbiamo contribuito a costruire anche noi, giorno dopo giorno, con fatiche immani, sta affermandosi una visione strumentale e privatistica dell'interesse pubblico, dove manovre di potere gestite con una lucidità spesso sconcertante puntano in direzione di una sottomissione del bene collettivo a quello particolare, dove lo Stato viene smantellato in ogni suo meccanismo, dove le insidie sembrano travolgere anche alcune organizzazioni sindacali dinnanzi ad un punto di riferimento fondamentale quale è e deve essere l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, stella polare di ogni diritto.

Piazzale Loreto Milano Piazzale Loreto Milano
Vittime della strage nazista (foto 1) Vittime della strage nazista (foto 2)

Il 10 agosto, questa giornata sacra del nostro passato, quando all'alba uomini solo colpevoli di aver combattuto per i principi di libertà e giustizia, furono strappati dalle loro celle e consegnati ignari e innocenti ai fucili mitragliatori degli occupanti e dei loro alleati salottini, deve essere riempita di significati diversi, di proposte operative, di segnali chiari che sappiano contenere marchi di lotta. Le giornate politiche che si susseguono, spesso fra cadenze sconcertanti, danno l'impressione di abili e anche cinici esercizi equilibristici per far quadrare i conti di un programma di rilancio dell'economia e delle riforme del tutto fallimentare. Il veleno corre sotto pelle, la collettività appare spesso distratta, il cammino disegnato dal premier Berlusconi prosegue sospinto dai progetti personali che uno staff agguerrito gli propone e che lui ritocca, rimodella, piega ai suoi voleri. Sognavamo allora libertà, giustizia, lavoro. La sognavano anche Principato e Temolo, Bravin e Vertemati, Esposito e Fogagnolo, Fiorani e Casiraghi, la sognavano anche i loro compagni massacrati come fossero animali nell'alba livida di quella Milano estiva, stretta nella morsa nazifascista, Ragni e Gasparini, Del Riccio e Soncini, Galimberti, Mastrodomenico e Poletti. Quindi oscuri eroi, quindici pietre attorno all'erigendo progetto repubblicano. Il loro ardente sogno fu spezzato. Il nostro sogno, quello di oggi, quello delle migliaia di cittadini, giovani e meno giovani che pur vivono in questo Paese squassato dalle ingiustizie dai privilegi, non deve esserlo. Deve potere vivere. Eppure i mezzi per contrastare il disegno egemonico e plebiscitario appaiono ridotti, il progetto di una sinistra compatta e alternativa assai lontano, i programmi incerti, divisi, qualche volta flebili.

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Vittime della strage nazista (foto 3) Legionario della Brigata Muti Comunicato tedesco

Il governo attacca su diversi livelli. Quello della giustizia, per esempio.

E' l'obiettivo numero uno. Riformulare uno scenario dal quale i poteri di controllo siano molto ridotti fa parte del gioco, come pensare a un isolamento dell'obbligatorietà dell'azione penale e ad un impoverimento della figura del pubblico ministero nella sua insindacabile autonomia. Non è un paradosso equiparare queste strategie a un attacco alla Repubblica, ai suoi padri, ai nostri caduti, ai compagni che oggi ricordiamo, perché un filo rosso lega le loro morti all'impalcatura costituzionale ed istituzionale. Leggi "private" consentono, come si fosse in uno Stato qualsiasi del centro-America, di sfuggire alle regole e ai processi, il falso in bilancio non è più un reato (e il primo grande processo berlusconiano, quello definito All Iberian s'avvia trionfante verso la prescrizione!), ha gambe l'idea che solo un sospetto possa far trasferire un processo da una sede all'altra, garantendo tempi lunghissimi, in fondo l'impunità.

Informazione.

L'assurdo potere mediatico concentrato nelle mani di una sola persona è un'altra sfida alla libertà. Senza pluralismo effettivo, concreto, la società precipita inevitabilmente nel gorgo del regime. Si affievolisce il contrasto, il dibattito tende a spegnersi, il modello di sviluppo si afferma senza ostacolo alcuno, il progetto delirante di costituire spazi regionalistici esprime il peggior volto di quel federalismo che dovrebbe essere collante delle diversità ma non veicolo delle separazioni.

Stato sociale.

Privatizzare è la parola d'ordine, togliere ai poveri per dare ai ricchi. Scuola, ospedali, pensioni sono le prossime trincee dell'assalto furibondo a conquiste decennali attraverso lotte e pesanti rinunce.

Memoria.

E' in corso il progetto infido e vergognoso di voler riscrivere alcune pagine della storia patria, sì anche piazzale Loreto, il sangue di Monte Sole e di Marzabotto, le cascine a ferro e fuoco di Boves e del boia Piper, le Ardeatine e via Rasella, le battaglie valsesiane dei "garibaldini" di Moscatelli contro i boia della "Tagliamento", eccetera eccetera, riproporre la Resistenza, come ha spiegato il ministro Gasparri, in una logica che "accontenti tutti" che possa proporre la storia in una accezione unificante, tagliuzzare tutto, ridurre la gloria a poltiglia, a polvere, al niente. Il progetto è chiaro, è davanti a noi, a noi impedire che si metta in movimento.

Piazzale Loreto, oggi vuol dire questo. E' la nostra arma più limpida, il nostro esempio, la nostra sfida. I nostri avversari sanno cosa ha rappresentato quel lontanissimo eppure vicinissimo 10 agosto del '44. Lo sanno anche i nostri giovani, quelli che riempiono le piazze d'Italia, che urlano il loro orrore per la violenza gratuita e per i diritti sepolti. I giovani, la nostra speranza, il nostro domani. Il 10 agosto 1944 c'era davanti al muro di piazzale Loreto prima della scarica fatale anche un giovanissimo. Era un operaio di Sesto San Giovanni, si chiamava Renzo Del Riccio. Era il Carlo Giuliani del '44. Del Riccio e Giuliani, i punti cardinali di una battaglia che deve continuare per la libertà.

Giovanni Pesce
Milano, 10 agosto 2002
da "Liberazione"