Aderisce alla collaborazione con la Puecher il maggiore Dauro Contini delle Fiamme Verdi, già da tempo in cospirazione col Della Porta.
Egli proviene dall'organizzazione Grassi di Oggiono. Incaricato dal Grassi di occuparsi del basso Comasco, ha investito l'arch. Longoni del comando militare di Barzanò per conto di quell'organizzatore, entrando per tal mezzo in relazione col conte Della Porta. Con Grassi ha assaggiato la prigione fascista, ma liberato per sua buona stella dopo otto giorni, ha cercato altri approcci per lavorare in autonomia. Però, ufficiale degli Alpini, ha modo di entrare in contatto con l'organizzazione clandestina delle Fiamme Verdi, a cui disposizione mette l'intera organizzazione sua.
A Besana è in rapporto con altri cospiratori, e insieme col Direttore di quell'ospedale Dr. Fumagalli e con la capo-infermiera signorina Rita Campana, cura la messa in efficienza dell'ospedale stesso per i futuri feriti partigiani; cosa che avrà grande importanza al momento dell'insurrezione.
Inoltre è incaricato della difesa del Salumificio Vismara di Casatenuovo, di interesse nazionale nel campo dell'alimentazione.
Con questo stabilimento egli mette in relazione la Puecher nella persona del suo Commissario di Guerra.
La Ditta F.lli Vismara, già da tempo manda viveri in Valsassina per mezzo del maggiore Manzotti, padre di "Sam" ch'è il comandante della formazione partigiana Rosselli là stanziata. Ora garantisce alla Puecher il rancio giornaliero per mille uomini e per tutta la durata dell'insurrezione; questo attraverso la mediazione dei ragionieri Isacchi e Malfer.
Un problema capitale viene così risolto, e compiutamente, bisogna dire, giacchè nel rancio è contemplata la possibilità di somministrare del risotto in scatola, già pronto da riscaldare.
La seduta gastronomica è la famosa ciliegia che ne tira un'altra.
Presente alla riunione è il Dott. Guastoni, procuratore della Vismara, il quale è in rapporto con un generale austriaco residente a Milano. L'ufficiale straniero offre una graditissima assicurazione; se qualcuno dei capi partigiani verrà preso e imprigionato, ebbene, egli lo farà mandare in uno stand della Fiera Campionaria e di là il catturato... verrà fuori.
Una garanzia di tale specie solleva i cuori nella stratosfera consentendo assai più ampia libertà di manovra: ragione non ultima della finitura eccezionale della preparazione per cui l'azione, quando scoppierà, sarà pronta anche nei particolari.
-- E visto l'ottimo risultato dei nostri rapporti sviluppatisi da inizi... mangerecci, assaggiamo dunque, in onore della Brigata, una scatola di questo benedetto rancio! -- Così pensano i soddisfatti complottatori.
I quali si fanno cogliere dai tedeschi in pieno delitto di apertura dei barattoli.
-- Sono sempre qui a rompere le scatole, questi tedeschi! -- brontola Vincenzo Vismara con inattesa e quanto arbitraria inversione dei termini.

Alla fine di febbraio gli effettivi della Brigata sono circa 300.
Volontà molta, armi ancora poche, lavoro strenuo.
Piccoli colpi di mano vengono effettuati quà e là per aumentare il potenziale bellico raccolto con ogni mezzo, mentre la reazione nazifascista si fa rabbiosa.
La bicicletta del Commissario di Guerra è sottoposta a dura prova: occorre mantenere i collegamenti, occorre -- lavoro di capitale importanza -- continuare la preparazione politica per sgomberare il terreno alla rivoluzione armata e alla liberazione. Questo può avvenire soltanto costituendo, ancora in fase cospirativa, le Giunte comunali che dovranno, venuta l'ora, assumere i pubblici poteri ed impedire così il disordine, il saccheggio, lo sbandamento morale e materiale.
I membri di tali Giunte clandestine, dal momento in cui hanno accettato la carica dalle mani del C.L.N., sono partigiani quanto gli altri, quanto gli altri tesserati, muniti di bracciali (con la dicitura "Giunta Comunale"), quanto gli altri esposti al pericolo. Militi della difesa, se non dell'offesa, non razziano armi nè affrontano briganti neri, ma tengono l'occhio vigile sul pubblico bene, cercando di evitare con un sabotaggio coperto che vada a finire nelle fauci sempre pronte dei Pantagrueli nazifascisti. Avversari diretti di Podestà e Segretari comunali, li tengono sin dallo stato cospirativo sotto una indesiderata e spesso insospettata tutela che dovrà culminare, quando Dio vorrà, in una richiesta inesorabile di resa dei conti.
Tutti i paesi dell'VIII zona, e qualcuno anche fuori, vengono dotati di Giunta clandestina dal Commissario di Guerra, per incarico del C.L.N. il quale riscontra in lui una profonda conoscenza della regione, data una sua precedente quadriennale attività (1921-1924) di organizzatore sindacale "in loco". (Nella stessa seduta il C.L.N. ha gravato il Rivolta della non facile missione di raccogliere fondi per acquisto armi; cassiere il Della Porta).
Intanto le popolazioni ignare di tanto lavorio sott'acqua si angustiano: -- Che cosa accadrà quando i fascisti se ne andranno? Porteranno via tutto, scorte alimentari, casse comunali, depositi, giacenze di negozi; oppure avverranno saccheggi e sperperi da parte di facinorosi scriteriati, e noi resteremo all'asciutto.
Nulla se n'è andato.
Al momento giusto Sindaci e Assessori sono saltati fuori dalla scatola magica del Commissario di Guerra, e non hanno avuto bisogno della ratifica popolare, ottenuta indistintamente in "tutti" i Comuni della zona, per insediarsi al posto conquistato attraverso il rischio quotidiano.

Accanto a questo specialissimo genere di attività continua il tramare febbrile, tanto febbrile che annuncia la fine prossima.
Il popolo stesso, avvertito da un fenomeno di telepatia, comincia a bisbigliare la parola "insurrezione", dice "speriamo", e immagina con un certo sgomento qualcosa di molto vago: fantasmi di ribelli cui non sa dare volto nè personalità (-- verranno dalla montagna? Chissà! --) mal vestiti e peggio armati, che si precipitano intorno e sparano dalle barricate; poi se tutto va bene l'oppressore taglia la corda e la festa è finita. La fantasia popolare non va oltre.
Ma l'organizzatore, per il quale l'insurrezione non è un concetto nebuloso ed astratto, perchè di essa ha la paternità fisica oltre che intellettuale, e la conosce perciò nella sua precisa struttura, sa ch'essa non si esaurirà nella fase di scoppio, ma continuerà a vivere per qualche tempo un'esistenza non chiassosa ma nemmeno pacifica nè passiva, finchè le circostanze non saranno tornate sufficientemente normali. Occorrerà mantenere degli uomini armati, distribuire i servizi, assumersi tutte le pratiche inerenti all'ordine, alla circolazione, all'alimentazione, all'assistenza, in una parola alla vita pubblica fin tanto che durerà il periodo di transizione dei poteri. E, a smobilitazione decretata, disarmo e liquidazione dei partigiani che torneranno alla vita borghese. Lavoro di vasta mole, necessario a prevedersi sin dalla cospirazione, a scanso di gravi incidenti.
Ma il paese ancora non vede nè immagina in quale splendido fervore di attività, "e tutta nascosta", si sta spianando il passo alla rivoluzione guerriera.

Orami i settori sono in linea, col loro nucleo militare sempre suscettibile di aumento, con le Giunte comunali costituite; pronti a scattare. In attesa del giorno fatidico, i partigiani sgusciano attraverso i fori del fitto setaccio costituito dai numerosissimi presidi nazifascisti presenti in zona coadiuvati dall'onnipresente spionaggio.
Non che siano tutti malvagi quei seguaci del governo di oppressione, ma pericolosi sempre, anche se non lo vogliono. Un episodio caratteristico:
Alcuni patrioti girellano una sera nei dintorni di Barzanò, divertendosi ad attaccare manifestini che parlano di "decima ora". S'imbattono in una SS. Debitamente catturato, lo portano un po' fuori mano, in un bosco appena appena rischiarato dalla luna. L'interrogano; risponde che non vuole far del male ai partigiani, che non sa nemmeno che cosa significhi SS, che vi si è arruolato per convenienza, che le armi della sua guarnigione stanno ammucchiate nelle scuole di Barzanò. Sembra un incosciente non cattivo, quasi quasi lo lasciano andare dopo un calcio ben assestato...
Chissà, forse spinto dal desiderio di mostrarsi amichevole, il disgraziato parla ancora, parla troppo: dice di conoscere (e fa buio!) due dei quattro che lo circondano. Un sobbalzo. -- Che cosa dici? -- Ma sì, li ha visti a Barzanò il tal giorno alla tal ora.
Un silenzio pesante. Necessità è dura talvolta.
Quella notte le acacie hanno da sussurrare alla luna la storia di quattro patrioti che non volevano uccidere, di uno sciagurato fascista che non parlerà più.
Naturalmente la situazione è grave, perchè i "nazi" sono molto inclini alle rappresaglie contro le popolazioni inermi, in mancanza di meglio, o contro ostaggi trattenuti nelle loro fosche prigioni.
Che fare? Sas corre da "Sandri" e lo sollecita a escogitare un rimedio. "Sandri" si precipita dal Della Porta, e tengono consiglio. Si viene a sapere che i tedeschi e i fascisti hanno deciso di prendere 10 ostaggi tra cui, primo, il Della Porta; inoltre coprifuoco alle 18.
Un lampo di genio: divulgare una falsa voce. Detto e fatto. Nei paesi le dicerie volano. Poco dopo molta gente già sa che l'SS scomparso è stato visto con un borghese dall'accento regionale (dai documenti si era rilevato che il milite era emiliano), il quale recava con sè una valigia; più tardi i due, entrambi in borghese, si sono diretti alla stazione di Renate...
La frottola gira; la crede anche il parroco il quale, in perfetta buona fede, riesce a convincere in quel senso il comandante SS, e tutto sfuma in niente. Ma lo spavento non è stato lieve!
Per fortuna, non sempre i "colpi" dei partigiani son di natura tragica; ce ne sono di allegri. Come quello portato a buon fine dai medesimi patrioti poco prima della liberazione.
-- Non c'è più tabacco; la tessera per il partigiano, non funziona. Che si fa, ragazzi? Tabacco? Be', ce n'è allo spaccio di Barzago; basta andarlo a prendere.
Vanno. 10 di sera. Lo spaccio-osteria si svuota. Un partigiano entra; dal passamontagna sbucano gli occhi vivaci di Fulmine.
Breve ma succoso discorso:
-- Siamo ribelli di passaggio e vogliamo tabacco. Se parlerai, ritorneremo.
L'altro afferra al volo la situazione, mostra 700 grammi di tabacco. Fulmine è contento. Ma vuol dare una lezioncina:
-- Che cosa c'è nel cassetto?
L'oste mostra del denaro. Niente, i partigiani non vogliono soldi, vogliono soltanto ciò che non possono avere con la tessera.
Fieri della spiccia lezione di catechismo partigiano, se ne vanno con un bottino leggero leggero, ma sostanzioso. A casa, coi compagni, si fuma proprio di gusto.
(Dopo la liberazione, torneranno nell'osteria con un buono per il prelevamento di 700 grammi di tabacco, firmato dal comandante. "I partigiani restituiscono" - 2° articolo del codice di cavalleria ribelle. L'oste, colpito, offrirà un litro di vino: all'onestà dei patrioti!).
Tutto ormai gravita verso il momento supremo. Le biciclette dei "ragni tessitori" volano per i saliscendi delle strade brianzole: Contini passa e ripassa sulle sue fila per rinforzarle a dovere, Rivolta va a discorrere di "suole di scarpe" con De Marco e di "tappeti" con Della Porta, passando sotto il naso delle sentinelle SS di guardia alla villa di Barzanò.
I contatti nuovi esigono introduzioni sempre più originali: un biglietto da due lire tagliato nel mezzo e rinchiuso in una busta può servire da lettera di presentazione; due soffiate di naso fatte "a tempo" significano: va bene, non ti conoscevo, ma d'ora in poi saremo amici per la pelle (e veramente "per la pelle" sono le relazioni partigiane!).
Molti patrioti vanno a dormire nei campi; altri fingono di riposare nei loro tetti, sveglissimi ad ogni passaggio di macchina.
Vittorio Giussani, il custode del mausoleo di S. Salvatore, è addirittura costretto ad abbandonare il proprio domicilio. Nei pressi del sepolcreto incontra un giorno due macchine tedesche. L'interpellano:
-- Non c'è il custode qui?
-- Non so, non sono pratico. -- E fila. Due mesi di ramingaggio con moglie e tre figli. In paese c'è chi sogghigna: certo il duca l'ha mandato a spasso perchè rubava. Così, l'uomo che un giorno ha saputo sacrificare le ultime duecento lire per dar da mangiare a un brigadiere nuovo venuto, quest'uomo deve sentirsi dar del ladro e tacere. Aspetti della vita partigiana!
Fra i quali aspetti, difficoltà e problemi, quelli dell'alimentazione che tanto ha preoccupato il bravo Vittorio depauperato delle sue patate, non lascia indifferenti neppure gli organizzatori clandestini.
E il giorno in cui il Direttore della Sepral di Como e provincia fa sapere di aver qualcosa da dire ai patrioti, finisce coll'essere, passato il primo brivido, un bel giorno.
Infatti al Comandante ed al Commissario di Guerra della Puecher presentatigli dal Dott. Guastoni della Ditta Vismara, egli confida di aver occultato ingenti quantità di viveri, da 21 vagoni di castagne secche, alla marmellata, al riso... Un momento! Per il riso c'è una piccola complicazione; dato che i partigiani ne hanno asportata una parte, i capi della Puecher dovrebbero fornire altri partigiani (!) per andare a prendere il resto. Perchè, sì, egli intende mettere tutto quel ben di Dio a disposizione delle autorità di domani (!!!). -- Perchè ora l'autorità siete voi, ed io, da buon italiano...
-- Va bene, ma qual'è la contropartita? -- chiede senza troppe cerimonie il Commissario della Puecher.
La contropartita (naturalmente c'è!) è questa: sicurezza per la famiglia, e per lui possibilità di giustificarsi in forma legale, "domani"...
Dato che la legalità entra nelle intenzioni dei comandanti patrioti, le trattative possono assumere forma concreta. Pittoresco: all'uscita dal colloquio, i ribelli vanno quasi a cascare in un brulichio di uniformi fasciste: sono Podestà, Comandanti neri e simili, reduci da un "rapporto" nel palazzo di fronte. Sahariane, gambali e prosopopea da un lato, abiti borghesi e aspetto modesto dall'altro; ma la forza vera da che parte sta?

Altro, perenne problema: gli armamenti.
Nonostante i vari colpetti il potenziale bellico è sempre scarso rispetto al numero degli uomini inquadrati ed alle prospettive che si presentano. Però si ha tutta la buona intenzione di attingere al mare: le caserme stesse.
Le guarnigioni nazifasciste presenti in zona sono ora le seguenti: PS a Lambrugo, SS a Lurago, Brigata Nera a Tabiago, SS (400 circa) a Barzanò, SS a Casatenovo, SS a Missaglia, SS e Luftwaffe a Seregno.
E poi nelle immediate adiacenze:
500 SS mongolo-tedesche-italiane, al comando di un generale tedesco ch'era stato consigliere militare del Negus durante la guerra etiopica, a Merate; SS a Inverigo e Oggiono, PS comandate dal famigerato Ciceri a Rovagnate, Luftwaffe a Montevecchia, per non nominare che quelle con cui la Puecher ha avuto a che fare.
A Tabiago Nino De Marco viene a sapere che i militi della Brigata Nera sono sfiduciati e comunica l'interessante notizia a "Sandri".
-- Andiamo a prendere le armi? -- incalza l'ardente "Compagno Molotov".
-- Se possiamo trattare è meglio -- risponde il Commissario. E le trattative hanno inizio infatti, nella stessa casa di "Sandri", fra questi e il comandante del distaccamento fascista.
Insomma le crepe non mancano nella compagine repubblicana; soltanto i fanatici promettono fuoco e fiamme e purtroppo mantengono: le svariate "ville tristi" funzionanti fino all'ultimo ne fanno prova.
Ma i patrioti non reggono più e diventano persino imprudenti. Arrivata l'ora dell'estrema tensione, roventi come braci, si butterebbero pazzamente nell'azione pur di non dover attendere ancora. Poche le armi? Ma la costretta passione dei ribelli è di per se stessa un esplosivo!
La sera del 24 aprile l'impazienza comincia a traboccare. Sas, Nino de Marco, Tom, Rabot, Frigerio, Riva ed altri salgono a Tabiago. Trovano aperta la porta della caserma nera. Entrano, mano alla rivoltella. I militi sono a mangiare, tutto è tranquillo. Quand'eccoti inattesamente il comandante. Date le precedenti trattative col Commissario della Puecher, vinte le ultime riluttanze del comandante fascista, più che altro dovute alla preoccupazione di giustificarsi coi superiori, il disarmo viene effettuato con facilità. 2 mitra, alcuni moschetti e rivoltelle ne costituiscono il bottino.
L'anticipo è forse temerario. ma per fortuna spunta l'alba del 25 aprile.
Al mattino niente di nuovo; si rode il freno, si dice ancora: a giorni.
Al pomeriggio scoppia il fulmine. La notizia vola: l'insurrezione è in atto.
Comincia, breve ma intensa, la sagra del sangue.

 
 
Nino De Marco   Raffaele Pessina   Marco Cattaneo
         

"Compagno Molotof"
NINO DE MARCO
Comandante del
Distaccamento di Nibionno

 

"Tom"
RAFFAELE PESSINA
di Monza
Comandante del
Distaccamento di Villa
Raverio

 

Don.
MARCO CATTANEO
di Cesate
Cappellano della
Divisione

         
Irene Crippa   Edoarda Della Porta   Francesco Rivolta
         

IRENE CRIPPA
di Monza
Cospiratrice - Madrina
del Gagliardetto

 

Contessina
EDOARDA DELLA
PORTA
di Barzanò
Cospiratrice

 

FRANCESCO RIVOLTA
di anni 15 - di Milano
Il giovanissimo della
"Puecher" Staffetta e Alfiere

 
 
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Irene Crippa
Renate Brianza, 6 novembre 1945
Editore originale: Stefano Pinelli - Milano
Trascrizione per Internet: Enrico Spreafico mail:sprea@libero.it