Nuove leggi nazionali e regionali per trasformare in merce un bene universale

Le mani del mercato sull’acqua

L’acqua: un bene essenziale sempre più scarso, a causa degli sprechi, delle scriteriate politiche di gestione delle risorse idriche, dell’ambiente e del territorio. L’incipiente “crisi idrica” planetaria, ormai unanimemente riconosciuta, scatena ovunque enormi appetiti economici e chiama la politica a nuove responsabilità.

L’Italia e la Lombardia non sono certo al riparo da queste dinamiche. La legge Galli n°36 del 1994, sostituisce la cultura del diritto vitale di tutti all’acqua con una cultura dell’acqua intesa come merce. La legge enuncia principi solidaristici, ma li contraddice consentendo l’affidamento del servizio idrico a soggetti privati. Si può realizzare una politica di risparmio se il gestore misura i ricavi in proporzione ai metri cubi di acqua erogata? Si possono perseguire la qualità e la sicurezza se i controlli sono intesi come un costo? Che rispetto del territorio avranno un azionista o una multinazionale che non hanno alcun legame con esso?

Organica a questa logica privatizzazione dell’acqua, la Lombardia di Formigoni si è dotata della legge regionale 2 1/98. I servizi di acquedotto/fognatura/depurazione sono organizzati in 12 “ambiti territoriali ottimali” (ATO). Ciascun ATO è governato dalla Conferenza di rappresentanti della Provincia e dei Comuni di pertinenza. Ad essa spettano importanti funzioni: il superamento delle gestioni in economia, l’approvazione della tariffa, la scelta della forma di gestione dei servizi idrici, la stipula di un contratto privatistico (la Convenzione) tra istituzioni e gestore. Il ruolo di ogni Comune nella Conferenza è proporzionale alla popolazione, quindi insignificante per i Comuni medio-piccoli.
Cittadini e amministratori comunali non saranno più in grado di partecipare alle decisioni. La Convenzione sancisce insomma la socializzazione dei costi e la privatizzazione dei guadagni”.
Basti pensare che la sua durata può essere trentennale: insomma per 30 anni gli enti locali non potrebbero modificare gli obblighi con il gestore, nemmeno in seguito a una verifica del bilancio idrico, o a cambiamenti ambientali e sociali, o per la pianificazione degli usi.
E poi, chi paga la manutenzione delle reti dell’acqua potabile di proprietà comunale afflitte da perdite medie del 30%?

Quali garanzie per una buona gestione, se violando i suoi doveri il concessionario si espone al massimo a una penale per inadempienze contrattuali?

E’ vero, la Conferenza può cessare il rapporto ricorrendo al riscatto. Nel caso, però, Comuni e Province devono versare un’indennità che tenga conto del valore degli impianti e del mancato profitto del concessionario!

Ma l’atto normativo più insidio so è l’articolo 35 della Finanziaria, votato da tutti i partiti ad eccezione del Prc. Esso impone la privatizzazione totale in tre tappe: trasformazione in SpA degli acquedotti comunali e consortili entro dicembre 2002, vendita ai privati del 49% delle azioni nei due anni successivi, messa sul mercato aperto entro 5 anni, con “gara con procedura di evidenza pubblica di società di capitali”. Non sarà più possibile l’affidamento dell’erogazione del servizio a società partecipate dagli stessi enti locali (aziende speciali e consorzi). Si impone così di vendere ai privati.

La partita però non è affatto chiusa. L’attuazione dell’art. 35, infatti, è sospesa dal ricorso alla Corte costituzionale di cinque Regioni (Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Basilicata e Campania) e da una formale contestazione dell’UE. A ciò si aggiunge la crescente protesta degli enti locali.

Non bisogna poi dimenticare che l’Italia ha sottoscritto i trattati europei dove si dispone che i servizi considerati pubblici a livello nazionale o locale possono essere soggetti a monopolio pubblico. Una sentenza della Corte di giustizia europea riconosce che se un servizio è gestito in modo diretto da un ente locale la gara può essere esclusa per affidare il servizio all’Azienda pubblica speciale.

In conclusione, è possibile che non si svenda a poche multinazionali un patrimonio inestimabile solo se gli enti locali e i cittadini sapranno resistere e rilanciare una gestione pubblica e locale dell’acqua.

Ulteriori informazioni www.prclombardia.it , cliccare su ambiente, acqua.

Una delibera da far approvare

Il problema dell’accesso al l’acqua causa crescenti tensioni e conflitti internazionali. Le risorse idriche mondiali, disastrate da appropriazioni, sperperi e inquinamento, vanno amministrate dai governi e dalle comunità, per garantire l’acqua nella quantità e qualità necessaria ad ogni essere umano. La privatizzazione liberistica dei servizi idrici distrugge patrimoni pubblici di efficienza e competenza, ed esclude il controllo democratico.
Il Prc lombardo aderisce al “Manifesto dell’acqua”, e sostiene le iniziative del “Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’acqua” e invita gli enti locali ad approvare la delibera della “Carta dell’acqua degli enti locali e dei cittadini” (www.contrattoacqua.it)

Simona Colzani
PRC - Lombardia
Milano, 2 ottobre 2002