A Firenze il 1° Forum alternativo mondiale.

Il fronte dell'acqua

Seminari e dibattiti super affollati. Danielle Mitterand: le risorse idriche irachene una delle ragioni del conflitto

Anche se te lo aspetti, il lugubre ululato della sirena antiaerea fa venire i brividi. E' questo il modo con cui il primo Forum mondiale dell'acqua, cominciato ieri mattina a Firenze, rimarca la vicinanza alla gente di Baghdad e la stretta connessione fra acqua e guerra.

Chi aveva paura che l'evento sarebbe stato svuotato dall'attacco all'Iraq e, soprattutto, dall'esigenza di dedicare le energie del movimento alla mobilitazione pacifista, ha dovuto ricredersi. Al forum si sono iscritte - paganti - ottocento persone, su seicento prenotazioni iniziali. Questo significa che, salvo qualche difficoltà di viaggio degli ospiti internazionali - mancano ad esempio Vandana Shiva e Mario Soares, evidentemente il movimento ha ben chiaro che contro la guerra non basta manifestare, ma occorre continuare a lavorare per costruire un'alternativa su tutti i fronti, e l'acqua è certamente uno dei più caldi.

Danielle Mitterand non ha dubbi: quando gli si chiede cosa c'entra la mercificazione dell'acqua con l'Iraq accenna alla tesi intorno alla quale svilupperà il suo intervento e che trova parecchio consenso fra i relatori. «C'é sempre un legame strettissimo fra guerra e accesso all'acqua ma in questo caso la connessione è ancora più diretta in quanto l'Iraq è l'unico paese della regione ad avere delle buone risorse idriche».

Una guerra per l'acqua più che per il petrolio? «Ritengo» continua Danielle Mitterand «che la crisi delle risorse idriche in Medio Oriente abbia un suo peso su questo come su altri conflitti dell'area. Ma bisogna sottolineare anche perché è importante discutere delle ragioni della guerra. Non tanto per il gusto dell'analisi quanto per delineare delle proposte e dei piani razionali e ragionevoli per garantire l'accesso universale a questa risorsa ed evitare quindi le guerre future. Lavorare insomma contro la guerra prima che la guerra scoppi».

Le forme dell'acqua

L'accesso universale all'acqua, e quindi la resistenza alla privatizzazione di questa risorsa, è il punto di partenza di ogni riflessione. Di fatto in tutto il mondo si assiste, a ogni livello, a una vera e propria offensiva in questo senso. Localmente, attraverso i processi di privatizzazione dove le multinazionali Europee giocano un ruolo di punta e, dal punto di vista degli organismi internazionali, attraverso un tentativo di riassetto delle regole del commercio. La mercificazione dell'acqua quindi, come ultima frontiera sulla quale, quasi certamente, si giocherà la partita del prossimo Wto a Cancun.

Ecco allora che, come accade da Seattle in poi, chi interviene racconta la particolare forma che questa offensiva ha preso nel suo paese d'origine, per confrontare le esperienze e disegnare una strategia comune.

Il boliviano Rene Cardona, ad esempio, è venuto a raccontare come una rivolta può sfociare in un modello alternativo di gestione delle risorse. A Cochabamba, in Bolivia, il tentativo di "dollarizzare" l'acqua da parte di un consorzio anglo-statunitense, ha provocato una sollevazione popolare. Dopo una lotta durissima - e alcune vittime - gli indios e gli abitanti delle favelas della città hanno vinto, ma hanno capito subito che la loro vittoria sarebbe stata effimera se non si fosse messo in piedi un sistema di gestione della risorsa. E' nato così il "direttorio municipale" che gestisce le acque di Cochabamba con la partecipazione delle rappresentanze delle varie realtà cittadine. Il modello funziona così bene che trova anche entusiasti finanziatori oltre oceano: «i tedeschi si offrono di farci dei prestiti» racconta Cardona «ma vogliono che il direttorio si trasformi in una società. Sinceramente, non ci sembra una buona idea».

Un altro esperienza interessante è quella riportata da Siddaharta, nome altisonante di uno degli organizzatori del Forum sociale mondiale che si terrà in India nella primavera prossima.

Siddharta viene da Bangalore, una grande città industriale dell'India meridionale, zona particolarmente colpita dalla desertificazione. A Bangalore affluiscono da anni i "profughi dell'acqua", quei contadini che scappano dalla siccità soltanto per ritrovarsi spersi nella metropoli dove la metà di quello che guadagnano viene speso proprio per l'acqua. Secondo la Central water commission indiana i sei milioni di abitanti di Bangalore nel giro di una decina d'anni potrebbero avere seri problemi di approvvigionamento e nel giro di cinquant'anni esaurire completamente la risorsa. Eppure, come sottolinea il militante di Pipal Tree, «gli unici che cercano di riflettere e di trovare soluzioni al problema siamo noi Come è possibile?».

Guerra e liberismo

«Queste giornate sono dedicate a Rachel Corry» ha detto in apertura Tommaso Fattori del Forum Sociale Europeo. E insieme a Baghdad certamente la Palestina è molto vicina, e non solo per l'attivista statunitense. Anche li' la partita per l'accesso all'acqua si gioca con il sangue. Ma bisogna aspettare l'arrivo di Ali Rashid, domani, perché il Medio Oriente torni sotto i riflettori. Oggi forse è la giornata dei francesi, i più arrabbiati e i più radicali.

Intervenendo all'assemblea plenaria Jacques Perreux, consigliere regionale della Val de Marne, in Francia, è durissimo sulle spese di una guerra capace di bruciare un miliardo di dollari al giorno: «Diciamocelo chiaramente: un altro mondo è possibile soltanto se smettiamo di buttare via tutti questi soldi di armamenti e cominciamo a investire per costruire qualcosa come un sistema di gestione pubblico mondiale, ovviamente decentralizzato, delle acque».

Perreux rivendica il pacifismo francese ma va giù duro sul «modello di privatizzazione delle acque che le multinazionali francesi come Vivendi stanno esportando nel mondo» e contro «i progressisti francesi che hanno grosse responsabilità in questo senso. Di nuovo dobbiamo essere più chiari possibile su questo punto: non si può essere contemporaneamente per la pace e per le privatizzazioni».

Durissimo anche Ignatio Ramonet, direttore di Le Monde Diplomatique, che ha parlato dello scoppio di una «guerra palese, che non è molto più violenta della guerra sociale sotterranea che, ogni giorno, la globalizzazione scatena contro gli emarginati». Una guerra sociale e una guerra contro l'ambiente che, secondo Ramonet, fa milioni di vittime se è vero che «solo per colpa dell'acqua contaminata nel mondo muoiono ogni giorno 30 mila persone, ovvero dieci volte le vittime delle Torri».

Sabina Morandi
Firenze, 22 marzo 2003
da "Liberazione"