Provincia di Milano: l’acqua “torna” pubblica

«Un segnale che l’Unione dovrebbe cogliere al volo»

Intervista ad Antonello Patta, capogruppo di Rifondazione

Antonello Patta è il capogruppo di Rifondazione in Provincia di Milano e il mantenimento dell’acqua nella sfera pubblica è merito suo. Non solo, per carità, ci sono dieci anni di movimenti e dibattiti di partito, ma poi quando si tratta delle decisioni istituzionali i risultati arrivano lenti e contraddittori.

Allora si può governare portando le istanze dei movimenti e innovando?

Direi di sì. Anche in contesti difficili. Di fronte alle difficoltà e alle contraddizioni presenti in molte alleanze con il centrosinistra e alla difficoltà di trovare posizioni politiche comuni, riportare erogazione e gestione dell’acqua sotto il controllo pubblico nella provincia più grande d’Italia è un grande risultato. In un’ottica lombarda significa spezzare il dogma delle privatizzazioni, e speriamo che a Bergamo e Cremona riusciremo a continuare questo percorso. Per Rifondazione significa stare nelle alleanze e governare con le nostre idee e con l’apporto dei movimenti, senza paura di sfidare i grandi temi del liberismo con alternative radicali. Ce l’abbiamo fatta nella provincia più grande d’Italia, dopo quindici anni di centrodestra e la privatizzazione in corsa, un segnale che l’Unione nazionale dovrebbe cogliere al volo.

Vi accusano di vecchio statalismo e addirittura di voler creare delle Iri su scala locale,aumentando il peso pubblico in autostrade e acqua. Cosa rispondi?

Chi sostiene che il pubblico debba liberarsi delle proprie partecipazioni in aziende di servizi fa pura ideologia. Aumentando la quota della Provincia nella Serravalle (gestore delle tangenziali di Milano e dell’autostrada Milano-Genova, N. d. R.) abbiamo difeso un bene pubblico e guardato allo sviluppo delle infrastrutture di Milano e la Lombardia. Il pubblico vuole rimanere tale perché se vogliamo dare sviluppo alle reti in- A frastrutturali ci vogliono investimenti e strategie di lungo periodo. Dove la pianificazione non basta, perché altri operano in diversa direzione, l’unica garanzia è la gestione diretta pubblica, tanto più in settori maturi.

Allora pianificare e governare con l’Unione si può; è questa il senso di quasi due anni di giunta?

Il metodo partecipativo che abbiamo conquistato sta dando dei frutti. La Provincia svolge un ruolo di coordinamento e di programmazione su diverse questioni territoriali e far partecipare comuni e realtà associative sui piani d’area e sul destino di una grande area metropolitana che ha bisogno di sinergie e politica si sta dimostrando vincente. Sui trasporti, i servizi, la cultura, come sulla formazione, la ricerca e l’istruzione. In certi casi la partecipazione è stata ancora più significativa, penso alle crisi occupazionali o a movimenti in lotta come quella contro la tangenziale esterna di Milano. Le audizioni della provincia in questo caso sono diventate vere assemblee di massa, di competenza e di confronto.

La stessa cosa è successa per i pendolari o per le proteste contro i grandi centri commerciali. Il modello è estremamente pragmatico. Si disegna il futuro utilizzando tutte le competenze: la novità sta tutta qua. Noi non rappresentiamo le lotte o i movimenti. Ascoltiamo e ci confrontiamo, mettiamo in moto intelligenze, ascolto, partecipazione dei territori che sono sempre trasversali e più complesse dei risultati elettorali.

Un modo di dire democrazia, senza la quale non c’è governo.

Claudio Jampaglia
Milano, 16 dicembre 2005
da "Liberazione"