Per Silvio Berlusconi, Bandiera rossa è "musica cattiva" ...

«Bandiera Rossa» storia d'Italia

La lunga storia di un inno popolare, di origine repubblicana e garibaldina

Per Silvio Berlusconi, Bandiera rossa è "musica cattiva", l'"inno di chi voleva portare nel nostro paese il regime comunista".

Una simile affermazione, fatta da chi è stato cantante da navi da crociera, fa crollare l'unica speranza che riponessi in lui: che almeno come cantante fosse bravo, preparato, colto.

Infatti Bandiera rossa non è solo l'unico inno della classe operaia italiana che possa considerarsi come un vero canto popolare di tradizione orale ma è anche un inno che è sedimento di larga parte della storia d'Italia. Formata da due diverse melodie di largo uso popolare sin dall'Ottocento, trova ascendenza sia melodica che testuale in un canto repubblicano, del quale una versione è stata raccolta nel 1973 in una colonia di valsuganotti emigrati a Stivor (in Bosnia) verso il 1884 e da allora rimasti senza più contatti con l'Italia:

	  "Avanti popolo con la riscossa
	  bandiera rossa bandiera rossa
	  avanti popolo con la riscossa
	  bandiera rossa bandiera rossa
	  Bandiera rossa la triunferà
	  viva la repubblica viva la repubblica
	  bandiera rossa la triunferà
	  viva la repubblica la libertà".

Come è noto, la bandiera rossa divenne emblema ufficiale dei repubblicani fin dal 1870, dopo l'entrata delle truppe regie in Roma. Voleva essere l'adozione di un simbolo diverso dalla bandiera nazionale, che recava lo stemma sabaudo sul tricolore ed aveva quindi snaturato il vessillo della repubblica romana «immune da ogni insegna servile».

La melodia della canzone doveva però già essere di uso garibaldino, come fa pensare il frammento di un canto ancora in uso nel Novarese nei primi anni del Novecento, soprattutto in occasione della commemorazione del 20 settembre 1870:

	  "E la sciavata del Pio nono
	  giü giü dal trono giü giü dal trono
	  e la sciavata dal Pio nono 
	  giü dal trono voiàm bütà.
	  Viva Roma e la libertà
	  viva Roma e la libertà".

Strofette risalenti ai primi anni del secolo, inneggianti a Giovan Battista Pirolini, nel 1897 segretario nazionale del Partito Repubblicano Italiano, erano cantate a Ravenna:

	  "Sta forte o Pirulini
	  e non ti avelire
	  che prima di morire
	  repubblica farem.
	  Allegro popolo a la riscossa
	  bangera rossa trionferà.
	  Bangera rossa la s'indosserà
	  evviva la repubblica e la libertà".

Quel refrain milanese

L'ascendenza repubblicana della Bandiera rossa socialista è stata del resto già ricordata da Luigi Repossi sin dall'ottobre 1920, che dà queste informazioni sulle trasformazioni del canto a Milano: «Bandiera rossa [... ] pur non avendo musica propria, non fu scritta né cantata per i primi dai socialisti. Il suo motivo è composito: si tratta di diversi couplets che nei giorni di festa cantavano i repubblicani a Milano. Circa dieci o dodici anni or sono eranvi a Milano una fanfara repubblicana e un Circolo repub-blicano, intitolati ‘Maurizio Quadrio': il circolo e la fanfara avevano però un passato glorioso, e, nel 1905 (o 1906) inaugurarono il loro vessillo - un gagliardetto rosso con berretto frigio in mezzo a rami di edera - attorno al quale anche noi socialisti qualche volta facemmo a pugni colla Vula vula che ven el luf (‘Vola vola che viene il lupo'), molto usato per beffare la poli-ziottaglia di quel tempo [... ]. Ora ecco che, verso il 1910, tal Boschetti Piero, operaio meccanico dello stabilimento Miani e musicante e suonatore di bombardino (terzo bombardino), quando detta fanfara si portava a fare qualche scampagnata (come allora usavasi) o qualche serenata sotto i balconi, verso la fine suonava dei couplets, e fra gli altri quello che divenne Bandiera rossa. La prima parte la credo sua (Avanti popolo, alla riscossa!). Quanto alla musica della seconda parte, i vecchi milanesi se la devono ricordare. E' un antichissimo ritornello milanese:

	  ‘Ven chì Ninetta
	  sott'all'umbrelin;
	  ven chì Ninetta,
	  te farò un basin.
	  Te farò un basin,
	  ti donerò il mio cor;
	  ven chì Ninetta
	  che farem l'amor'. 
      

Un repubblicano (credo certo Marzorati) ne trovò le parole: ‘ Avanti popolo, alla riscossa ecc. ' e, come si vede, erano coerenti anche quest'altre: ‘ Bandiera rossa la s'innalzerà', in quanto il loro vessillo era del più bel rosso fiammante. Venne la lotta elettorale pro-Cipriani [nel 1886-88], ed anche i repubblicani vi presero parte. Ma allora alle loro parole Viva la repubblica, sostituirono le altre Viva Cipriani; il popolo le fece sue, e tutta Milano proletaria, anche per la facilità d'impararle, le ricantò. I socialisti, finalmete, cambiarono l'ultima frase: Viva la repubblica...; ed ecco come è risultato l'inno che ha fatto dimenticare il bellissimo inno di Turati».

Repossi fa risalire le prime versioni socialiste di Bandiera rossa anteriormente al formarsi del Partito socialista nel 1892 ma le ricerche condotte su campo negli anni Sessanta hanno permesso di accertare il suo uso solo a partire dal 1901, pure se l'inno assurse a vera grande popolarità tra i socialisti solo con il «Biennio Rosso».

Si può tuttavia dire che sulla melodia di Bandiera rossa si improvviserà di tutto e da parte di tutti, così com'è giusto si faccia sui modi popolari, a cominciare da questa canzone per Trento e Trieste, insegnata nel 1915 nelle scuole milanesi:

	  «Abbasso l'Austria e la Germania 
      e la Turchia in compagnia
	  abbasso i vili che fan la spia
	  in favore degli oppressor.
	  Viva l'Italia e le cento città 
	  Trento e Trieste si raggiungerà.
	  L'eroico Belgio col nobil russo
	  frenato ha l'impeto di Barbarossa
	  or tutto è sorto il mondo civile
	  e Attila vile si schiaccerà
	  E tutto il mondo intero allor godrà
	  l'amor la pace e la libertà». 
      

E perfino i fascisti...

La melodia di Bandiera rossa viene del resto usata dagli arditi durante la Grande Guerra e il Diciannovismo, dai pipini e dai socialisti durante il «Biennio rosso», dai comunisti e dai fascisti dopo il «Biennio rosso», in ininterrotte trasformazioni.

Per esempio, nel 1921 gli squadristi cantano:

	  "Avanti popolo alla riscossa
	  ai comunisti si rompe l'ossa".

Questa strofetta passa nel repertorio dei neofascisti e negli anni Sessanta diventa:

	  "Avanti popolo alla riscossa
	  dei comunisti vogliam le ossa
	  dei socialisti vogliam la pelle
	  per far salsicce e mortadelle".

Di qui passa poi negli stadi:

 
      "Avanti popolo alla riscossa
	  dei milanisti vogliam le ossa
	  e di Rivera vogliam la pelle
	  per far salami e mortadelle.
	  E se qualcuno ce lo impedisce
	  noi gli faremo il culo a strisce".

Dallo stadio passa in fabbrica e viene così trasformata nel 1972 dalle operaie della Crouzet di Milano, fabbrica di timers per lavatrici e lavastoviglie:

	  "Avanti o popolo alla riscossa
	  che dei crumiri vogliam le ossa
	  dei dirigenti vogliam la pelle
	  per far salami e mortadelle.
	  E del Lally [il direttore della fabbrica] ce ne freghiamo
	  e noi la lotta la continuiamo
	  e se qualcuno ce lo impedisce
	  noi gli faremo il culo a strisce
	  Ci u elle o! Culo a strisce gli farò". 
      

Quindi sull'aria di Bandiera rossa si è cantato pressoché tutta la storia d'Italia dal punto di vista del sentire popolare, nelle sue molteplici variegazioni, anche di segno reazionario. E questo canto, popolare per la melodia, tanto da divenire un modo dell'improvvisazione, lo è anche per il testo. E non solo perché sia anch'esso carico di storia e di costume, e sia con Bella ciao il solo dei nostri canti sociali diventato noto in tutto il mondo; e nemmeno soltanto perché esso sia divenuto al quinto congresso del Pci, il primo dopo la Liberazione, uno degli inni ufficiali di quel partito assieme al Canto dei lavoratori di Filippo Turati e Amintore Galli e all'Internazionale di Eugène Pottier e Pierre Degeyter.

Oggi s'è perso il significato che esso aveva in origine, ma la filologia più avveduta ha oggi messo in luce che «trionfare» era ancora agli inizi del secolo un'espressione fondamentale del gergo dei marginali - minatori, muratori, camminanti, braccianti, artigiani della montagna - e significava «vivere bene, godersela». Quel «trionferà» di Bandiera rossa non aveva quindi all'inizio del secolo solo il significato unilaterale e colto, e voglio dire "non popolare", di "vincerà". Questo unico significato il testo l'assumerà più tardi. Allora Bandiera rossa non era ancora cantata come fosse l'annuncio di una palingenesi ma soltanto con il significato, né retorico e né messianico, che, nonostante i padroni, con la lotta di classe e il socialismo, il proletariato avrebbe potuto egualmente godersi la vita, essere cioè malgrado tutto un "allegro popolo".

Che Bandiera rossa sia "musica cattiva" è quindi soltanto l'ennesima gaffe del
nostro "cittadino che incarna la Presidenza del Consiglio", come si autodefinisce.

Se volesse saperne di più su Bandiera rossa e soprattutto se volesse evitare di fare altre gaffe magari su Bella Ciao o l'Internazionale, su l'Inno dei lavoratori o La Marsigliese, mi permetto di suggerirgli la lettura del volume Guerra guerra ai palazzi e alle chiese, edito da Odradek.

Testo di «Bandiera Rossa»

Avanti o popolo, alla riscossa,
Bandiera rossa, Bandiera rossa
Avanti o popolo, alla riscossa,
Bandiera rossa trionferà.

Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Evviva il comunismo e la libertà.

Degli sfruttati l'immensa schiera
La pura innalzi, rossa bandiera.
O proletari, alla riscossa
Bandiera rossa trionferà.

Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Il frutto del lavoro a chi lavora andrà.

Dai campi al mare, alla miniera,
All'officina, chi soffre e spera,
Sia pronto, è l'ora della riscossa.
Bandiera rossa trionferà.

Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Soltanto il comunismo è vera libertà.

Non più nemici, non più frontiere:
Sono i confini rosse bandiere.
O comunisti, alla riscossa,
Bandiera rossa trionferà.

Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Evviva Lenin, la pace e la libertà.

Cesare Bermani
Roma, 15 maggio 2003
da "Liberazione"