Una bibliotecaria modenese si è vista condannata per violazione dell'articolo 528 del codice penale - distribuzione di materiale osceno - per aver prestato un volume ad una quattordicenne

Censura in biblioteca, no grazie

A suo sostegno si sta mobilitando tutto il mondo dei bibliotecari italiani

Censored

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali lo aveva inserito nell'elenco dei testi consigliati agli adolescenti nell'ambito della campagna antidroga "Il vero sballo è dire no", ma oggi una bibliotecaria modenese si è vista condannata per violazione dell'articolo 528 del codice penale - distribuzione di materiale osceno - per aver prestato quello stesso volume ad una quattordicenne. Al di là delle contraddizioni che dalla vicenda emergono, il caso riapre i mai sopiti rapporti tra censura - il controllo ideologico e morale dello Stato - e diritto di accesso all'informazione e alla libera circolazione dei documenti. Questa volta ad essere posto all'"indice" ed additato come osceno è il romanzo “Scopami” della giovane autrice francese Virginie Despentes uscito in Francia nel 1994. Pubblicato in Italia dalla editrice Einaudi nella collana "Stile Libero" nel 1999 il romanzo, tra il pulp e il noir, è stato un best-seller. Definito come una versione hardcore di Thelma e Louise, il romanzo "on the road" racconta di due giovanissime, Nadine e Manu, che vivono la propria adolescenza nei sobborghi di Parigi, passando dalla birra alla prostituzione, per soldi e per piacere, arrivando entrambe ad uccidere. Un romanzo da alcuni definito volgare che ha avuto poi una trasposizione cinematografica nella pellicola Baise moi, che non è riuscita a smentire l'etichetta del porno, sceneggiata dalla stessa autrice Despentes con Coralie Trinh Thi.

Il tam tam sulla vicenda letteraria deve aver incuriosito una quattordicenne che a Modena in una biblioteca ha chiesto ed avuto in prestito “Scopami”. Ma a casa una madre grida allo scandalo. Iniziato nel 2000 la vicenda nel marzo 2003 si conclude con la decisione di un giudice per le indagini preliminari che condanna la bibliotecaria, volontaria, ad una multa di 1.187 euro. La donna fa opposizione, dando di fatto l'avvio ad un processo iniziato nel 2004 e che proseguirà il prossimo 17 giugno. Ma la donna non è sola. A suo sostegno si sta mobilitando tutto il mondo dei bibliotecari italiani che gridano al ritorno della censura in biblioteca, lamentano un attacco alla propria professione, si levano a difesa della libertà intellettuale. «La censura - sottolinea Mauro Guerrini, presidente dell'Associazione Italiana Biblioteche - è una pratica che caratterizza i regimi dittatoriali, il livello di accesso alle informazioni è un indicatore di democrazia».

Guerrini, invocando anche il codice deontologico elaborato dalla categoria, sottolinea che la professione del bibliotecario consiste proprio nel prevenire e rimuovere qualunque ostacolo alla libera fruizione e ricorda i Manifesti dell'International Federation of Library Association e dell'Unesco per le biblioteche pubbliche e scolastiche secondo i quali l'accesso ai servizi e alle raccolte non può essere soggetto "ad alcuna forma di censura ideologica, politica o religiosa, o a pressioni commerciali".
Diverso sarebbe il caso, ma questa non è la fattispecie, in cui il volume dovesse recare sulla copertina un formale divieto ai minori o l'esplicita indicazione di sequestro da parte della magistratura. La presa di posizione dell'Associazione italiana Biblioteche è chiara. «Se la censura entra in biblioteca - afferma - ad uscirne svilita non è solo l'istituzione bibliotecaria ma il profilo democratico dell'Italia nel ventunesimo secolo». Il caso “Scopami” riapre ferite che sembravano ormai sanate e inflitte da un unico precedente.

Nel 1976 a Trento una bibliotecaria fu processata e poi assolta per aver messo a disposizione degli utenti l'"Enciclopedia della vita sessuale" edita da Mondadori e destinata a bambini e ragazzi. Anche allora il caso suscitò la mobilitazione del mondo dei bibliotecari.

A circa trent'anni di distanza suona attuale il commento dell'allora presidente Angela Vinay dell'Associazione Italiana Biblioteche. «Siamo ben lontani nel nostro paese - disse - dall'aver afferrato il rapporto tra biblioteca e democrazia». Torna poi prepotentemente alla ribalta quel concetto indefinibile di "comune senso del pudore" che più volte, da più parti, si è considerato mutevole in relazione all'evoluzione dei costumi e degli stili di vita. «Non c'è nulla di più vago, ambiguo e controverso del comune senso del pudore - dice Marco Guerrini - e a che titolo - si chiede - la biblioteca dovrebbe escludere dalla consultazione un'opera letteraria inclusa in un programma ministeriale a favore dei minori?».

Queste ed altre considerazioni sono alla base della mobilitazione dell'Associazione italiana Biblioteche che lancia un appello sul web al sito www.aib.it con il quale, in vista della prossima udienza, «si invitano tutti i cittadini a firmare affinché sia rigettata ogni forma di censura e difeso il diritto all'informazione per tutti». «La biblioteca - ribadisce Guerrini - non può e non deve applicare forme di censura».

Grazia Rosa Villani
Roma, 3 giugno 2005
da "Liberazione"