ATTENTATO ALLA LIBERTA' DI INFORMAZIONE

PEACELINK OSCURATA
L'INFORMAZIONE ON LINE HA I GIORNI CONTATI?
Le modifiche alla legge sulla stampa stanno per mettere un bavaglio all'informazione telematica delle associazioni di volontariato.

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. (Costituzione Italiana - Art. 21)

Taranto, 25 novembre 2000 Nonostante la liberta' di espressione sancita dalla nostra costituzione, anche un gruppo di missionari che produce informazione in rete in maniera continuativa dovra' registrare il proprio sito come qualunque altra testata giornalistica.

E' questa la tesi sostenuta da Franco Abruzzo, presidente dell'ordine dei giornalisti della Lombardia, che nei giorni scorsi ha incontrato il ministro della Giustizia Piero Fassino, assieme ai rappresentanti dell' Ordine dei Giornalisti, della Fnsi, della Fieg, della presidenza del Consiglio e dell'Ufficio del Garante della privacy per discutere le modifiche alla legge sulla stampa che potrebbero essere approvate gia' nei prossimi giorni.

Questo incontro e' stato commentato dallo stesso Abruzzo nel corso di un convegno organizzato venerdi' 17 novembre dal giornale di strada "Terre di Mezzo" e dalla rivista "Mondo e Missione". Al termine del convegno, Abruzzo ha confermato personalmente ad un rappresentante dell'associazione PeaceLink che in base alle recenti proposte di modifica della legge sulla stampa (la 47/1948) anche le associazioni, i gruppi di volontariato, le associazioni no profit e i singoli cittadini che vorranno produrre in maniera continuativa documenti e informazioni da diffondere in rete, dovranno registrare la propria "testata giornalistica" telematica e individuare un direttore responsabile iscritto all'albo dei giornalisti che sia il garante delle informazioni pubblicate sul sito.

Il tutto e' stato confermato in un articolo pubblicato da Abruzzo sul "Sole 24 Ore" di domenica 19 novembre (presente anche sul sito web dell'ordine dei giornalisti della Lombardia all'indirizzo http://www.odg.mi.it/diffamz4.htm) in cui si specifica che l'estensione degli obblighi finora riservati esclusivamente alle testate giornalistiche "su carta" non e' progetto di legge vero e proprio, ma fara' parte di una serie di emendamenti da "agganciare" alla proposta di legge n.7292/2000, che ha come primo firmatario il deputato Gianfranco Anedda e che riguarda il reato di diffamazione a mezzo stampa.

Attualmente nelle pagine dedicate ai lavori parlamentari presenti sui siti web delle istituzioni non c'e' traccia di questi emendamenti, e c'e' la possibilita' che una questione cosi' delicata come il futuro dell'informazione in rete possa essere risolta nei corridoi del palazzo, senza che la societa' civile, le associazioni e i singoli cittadini abbiano la possibilita' di esprimersi in merito a quella che potrebbe diventare una operazione di censura in grande stile dell'informazione non commerciale e non omologata.

I primi segnali di questa tendenza risalgono alla scorsa primavera, nel corso della trattativa per il rinnovo del contratto nazionale dei giornalisti, che ha visto come protagonisti i rappresentanti della FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana) e della FIEG, la federazione italiana degli editori. Nella piattaforma contrattuale presentata dalla FNSI, il tentativo di riproporre anche in rete la distinzione tra i giornalisti e il resto del mondo e' stato descritto come un modo per "garantire gli utenti" sulla titolarita' e la fonte dei prodotti informativi telematici, che concretamente avverrebbe con l'introduzione di un "pressmark", un "bollino blu" che avrebbe lo scopo di distinguere le informazioni "buone" prodotte dai giornalisti da quella che e' stata definita la "generalita' delle iniziative presenti sul mercato e nel sistema delle telecomunicazioni".

Anche l'Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), per bocca di Paolo Scandaletti, ha affermato nei mesi scorsi che "si dovrebbe intanto pretendere che i siti che diffondono informazione siano iscritti nei registri stampa dei tribunali, con dei responsabili, come le altre testate a stampa e radioteletrasmesse". Un'affermazione tanto ambigua quanto preoccupante, dal momento che risulterebbe molto difficile individuare dei siti internet che non "diffondono informazione", e che una norma di registrazione simile a quella invocata da Scandaletti sarebbe inevitabilmente troppo legata alla discrezionalita' di chi dovrebbe farla applicare. Scandaletti ha rincarato la dose anche dalle pagine di "Desk", la rivista dell'UCSI. Nel numero di giugno 2000 si legge testualmente che "e' certo impossibile il controllo della rete mondiale interconnessa. Ma se i singoli paesi esigessero, sulla falsariga del registro stampa istituito presso i tribunali italiani, un responsabile per i siti informativi, forse qualche progresso sarebbe possibile."

Questa associazione tra telematica e impunita', e la conseguente necessita' dell'individuazione di un "responsabile" per ogni singola pagina diffusa in rete, e' un argomentazione piuttosto debole, dal momento che gia' oggi per registrare un indirizzo internet e' obbligatoria la firma di una "lettera di assunzione di responsabilita'", in cui il richiedente dichiara le proprie generalita' e si dichiara responsabile delle conseguenze derivanti dall'utilizzo e dalla gestione del sito. L'unica differenza con lo scenario prospettato dall'Ordine dei Giornalisti e dall'UCSI e' che, allo stato attuale delle cose, per diventare responsabile di un sito e produrre informazioni in rete non e' necessaria, almeno per il momento, l'appartenenza ad un determinato ordine professionale.

Un'altra ipocrisia insita nel meccanismo di assimilazione dei bollettini telematici alle testate giornalistiche e' il fatto che questa equiparazione riguarderebbe unicamente l'accesso al "diritto di pubblicare" in rete, che si vorrebbe riservare unicamente ai giornalisti iscritti all'albo. Questa equivalenza viene a cadere nel momento in cui si vogliono utilizzare gli articoli pubblicati in rete come documenti di prova per l'accesso all'ordine dei giornalisti. L'equivalenza che si vorrebbe stabilire vale solo in senso escludente, per impedire ai "non giornalisti" di realizzare siti informativi, ma non trova applicazione in senso inclusivo, per permettere l'accesso all'albo a persone che pubblicano articoli e realizzano attivita' giornalistiche in rete al di fuori dei circuiti della carta stampata.

La "tutela dei lettori" e' l'altro cavallo di battaglia dei sostenitori della registrazione obbligatoria. Basterebbe alzare lo sguardo ad un orizzonte meno limitato per accorgersi che a causa dell'extraterritorialita' della rete, l'obbligo di registrazione non farebbe diminuire il numero dei siti informativi, ma al contrario farebbe aumentare il numero dei siti con informazioni in italiano che verrebbero attivati all'estero, dove la nostra giustizia avrebbe molta difficolta' ad intervenire nel caso in cui vengano effettuate attivita' illecite in violazione delle leggi italiane o dei codici deontologici del giornalismo. "L'antidoto contro il cattivo giornalismo non e' l'Ordine dei Giornalisti, ma e' semplicemente il buon giornalismo". L'osservazione e' di Jean-Pierre Langellier, editorialista di Le Monde e membro di Reporters sans Frontieres, presente assieme a Franco Abruzzo al convegno sull'informazione organizzato da "Terre di Mezzo".

Per difendere il diritto ad essere soggetti attivi nella produzione di informazioni e contro un utilizzo passivo e acritico delle nuove tecnologie, l'associazione PeaceLink (www.peacelink.it) ha lanciato un appello rivolto a tutte le persone che hanno a cuore uno sviluppo aperto e libero dell'informazione italiana.

L'associazione PeaceLink e' composta da un gruppo di volontari che dal 1992 producono in rete informazioni libere e autogestite in collaborazione con associazioni, insegnanti, educatori ed operatori sociali che si occupano di Pace, nonviolenza, diritti umani, liberazione dei popoli oppressi, rispetto dell'ambiente e libertà di espressione. Tutti i volontari di PeaceLink svolgono il loro lavoro a titolo puramente gratuito, per dare voce a chi non ha voce.

PeaceLink (trasmesso da Giorgio Cadoni)
Taranto, 28 novembre 2000

Riportiamo di seguito il testo dell'appello lanciato da PeaceLink, disponibile anche all'indirizzo http://www.peacelink.it/censura.

APPELLO PER LA LIBERTA' DI ESPRESSIONE, DI COMUNICAZIONE E DI INFORMAZIONE IN RETE.

Oggi i diritti di espressione dei cittadini si esercitano anche attraverso la telematica.

Sottoscriviamo questo appello affinche' sia garantito anche in rete il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, stabilito dall'articolo 21 della nostra costituzione.

L'attuale legislazione in Italia e' infatti squilibrata: esiste una normativa recentissima sul diritto d'autore che reprime ferocemente la pirateria informatica e telematica (per tutelare le aziende del software) e non esiste come contrappeso una normativa che tuteli i diritti dei cittadini alla comunicazione telematica, in particolare di quei cittadini che decidono di partecipare attivamente al processo di creazione delle informazioni in rete.

In tale situazione di incertezza l'informazione popolare, gratuita, amatoriale e basata sul volontariato rischia di morire a tutto vantaggio dell'informazione commerciale e centralizzata dei grandi gruppi mediatici, editoriali e televisivi.

Denunciamo il modello dittatoriale che domina il flusso planetario delle notizie. La maggior parte delle informazioni che circolano su giornali, telegiornali, radio e riviste proviene da un oligopolio di agenzie di stampa internazionali, che ogni giorno svolgono un'opera di selezione, controllo e filtraggio delle informazioni. La gente comune e' esclusa dal grande circo dei media, i cui attori principali sono le societa' che dominano il mercato dell'informazione mondiale. Quattro agenzie di stampa gestiscono da sole l' 80 per cento del flusso delle notizie sull'intero pianeta: sono le americane Associated Press e United Press International, la britannica Reuter e la francese France Presse.

La maggior parte delle informazioni che riguardano il sud del mondo passa attraverso queste grandi agenzie di stampa prima di raggiungere i nostri giornali e i nostri TG. Spesso le realta' piu' emarginate e le piu' grandi ingiustizie sociali vengono semplicemente ignorate. Tutta l' informazione prodotta al di fuori del cerchio ristretto delle grandi agenzie di stampa viene soffocata e travolta dai colossi dell'informazione. I protagonisti delle notizie vengono immediatamente espropriati delle informazioni che li riguardano, e immediatamente i fatti vengono raccontati, una volta filtrati dai grandi gestori dell'informazione, senza che coloro che sono parte in causa abbiano la possibilita' di esprimersi. Tutto cio' puo' essere combattuto soltanto garantendo una molteplicita' delle fonti informative e garantendo a ogni individuo l'accesso a potenti canali comunicativi attraverso il pieno utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione.

La concentrazione di grandi gruppi editoriali, televisivi e mass-mediatici, frutto del cammino inesorabile verso il mercato globale, sta soffocando la piccola editoria, l'autoproduzione letteraria, la stampa locale, le piccole riviste delle associazioni e degli organismi no profit, schiacciati da un "libero" mercato sempre piu' esigente e competitivo. Ogni giorno, nell'indifferenza generale, muoiono riviste, case editrici, piccole radio locali e molte altre forme di espressione editoriale, radiofonica e televisiva che non possono garantire il profitto necessario alla propria sopravvivenza.

Questa nuova forma di censura e di limitazione della liberta' di stampa, che si nasconde dietro la presunta ineluttabilita' delle leggi economiche, e' un grave pericolo per la nostra liberta' di espressione, per il nostro pluralismo e per la nostra democrazia. I nuovi bavagli alla liberta' di stampa, alla liberta' giornalistica e alla liberta' editoriale passano inosservati alla maggior parte delle persone, e proprio per questo rappresentano una preoccupante minaccia per una societa' civile distratta. Di fronte a questa grave crisi editoriale, gia' da tempo avvertita dagli operatori del settore, rivendichiamo il diritto a forme di espressione, di stampa e di scrittura costruite con nuove regole, che diano priorita' ai contenuti e non alla vendibilita' di un prodotto culturale come un libro o una rivista, che favoriscano la produzione di informazione locale, variegata, multiforme, pluralistica e autogestita, in alternativa alle strutture che possono permettersi di sostenere i pesantissimi costi fissi necessari per la distribuzione dei propri prodotti editoriali nei supermercati, negli autogrill e nelle edicole di ogni citta' d'Italia.

L'accesso all'informazione e ai mezzi di comunicazione (telematici e non) e' un diritto fondamentale per ogni essere umano. Gli stati, le istituzioni, gli operatori pubblici e privati devono garantire operativamente questo diritto. Il vero valore della comunicazione in rete e' rappresentato dalla persone, non dalla tecnologia. Il massimo potenziale della rete sara' raggiunto solo quando chiunque lo desideri potra' usarla in modo aperto e libero.

Tutti devono poter partecipare alle attivita' dei mezzi di comunicazione, producendo, consultando e rielaborando informazioni, in rete e fuori, senza nessun controllo governativo o commerciale, indipendentemente dalle possibilita' economiche e dalle condizioni fisiche e mentali, senza nessuna discriminazione di sesso, razza, classe sociale, lingua, orientamento sessuale e culturale.

Rifiutiamo qualsiasi legge o normativa che introduca in rete elementi di restrizione o repressione, o che limiti l'utilizzo delle tecnologie telematiche, come e' gia' accaduto per le tecnologie radio, dove un sistema di autorizzazioni e licenze ha di fatto impedito l'accesso diffuso e popolare alle possibilita' di cambiamento sociale offerte dalle trasmissioni radio. L'utilizzo di tecnologie per la comunicazione elettronica in rete non deve essere vincolato ad autorizzazioni o concessioni ne' limitato da ostacoli fiscali o burocratici, ne' deve essere regolato in maniera differente da quanto avviene per le altre forme di esercizio della liberta' di pensiero, di opinione, di associazione e di stampa.

Lanciamo alle realta' della societa' civile che si riconoscono in questo comunicato, alle associazioni, ai giornalisti e agli operatori dell' informazione, del diritto e della cultura un appello affinche' si affermi una normativa nazionale che incorpori civili standard giuridici finalizzati alla tutela dei cittadini della societa' dell'informazione che usano la telematica e le opportunita' offerte dalle nuove tecnologie per la propria crescita culturale, per scopi di cooperazione solidale e per la socializzazione dell'informazione democratica.

La lotta per i diritti dei cittadini del futuro per noi e' gia' iniziata.

Associazione PeaceLink
Per adesioni, contatti e informazioni: http://www.peacelink.it/censura info@peacelink.it C.P. 2009 - 74100 Taranto Tel. 0349-2258341 Fax. 1678-2279059