«Stato islamico» è solo una maschera ideologica.
Il «governo di Dio» era esplicitamente escluso dalla predicazione del Profeta: «Siete nella posizione migliore per deliberare tutto ciò che concerne gli aspetti della vostra vita sulla terra»
I movimenti integralisti hanno invece introdotto nelle comunità del Nord dell'africa l"islam asiatico", espressione del mondo e dei costumi, limitati e sordidi, del grande feudalesimo dell'Asia.

«MA IL PROFETA NON ERA UN INTEGRALISTA ISLAMICO»

Coloro che studiano sinceramente l'Islam scopriranno che i fondamenti dell'Islam, cioè la dottrina religiosa originale, rifiutano la "hakimiya" (il preteso governo di Dio):

«Voi siete nella posizione migliore per deliberare tutto ciò che concerne gli aspetti della vostra vita sulla terra», diceva il profeta Mohammed, ed escludeva qualsiasi idea di clero.

I movimenti integralisti cercano di non capire. Ispirandosi a dottrine emerse nel corso della storia, confondono la dimensioni spirituale e la dimensione temporale e sostengono la formazione di un autentico clero (vedi il titolo di "Emiro dei credenti" di cui si fregiano i capi di bande integraliste in Algeria e altrove). Così facendo, i movimenti integralisti non fanno altro che trasferire, sotto i nostri cieli (l'Algeria del 1995 ndr), un tipo di gerarchia clericale che è soltanto una trasposizione, nel nostro Paese, della sovrastruttura ideologica ed istituzionale caratteristica del modo di produzione e del tipo di organizzazione del regime feudale asiatico.

L'«Islam asiatico» traduce, nel suo contenuto, nelle sue forme e nelle sue pratiche, lo stato di sottosviluppo, le particolarità e gli interessi, limitati e sordidi, del grande feudalesimo terriero dell'Asia.

Le sue rappresentazioni, a livello simbolico, si basano sulla magia della parola, su abbigliamenti e comportamenti ostentati, sull'arroganza e lo sciovinismo settario, sullo spirito di casta e di clan. Questa sovrastruttura non corrisponde, in realtà, alle caratteristiche peculiari dei Paesi e dei popoli del Maghreb; non ha una base socio-economica nella nostra società.

Come ogni religione, l'islam è stato adattato alle condizioni concrete specifiche di ogni Paese e di ogni popolo.

Questa volontà di adattamento aveva spinto, in passato, i Paesi e i popoli del Maghreb ad adeguare l'Islam alle loro particolari condizioni, alla loro specifica esperienza storica, Ciò aveva dato loro una relativa autonomia rispetto ai Paesi del Mashreq e dell'estremo Oriente, lasciando spazio alle loro particolarità e sviluppando un Islam maghrebino che nella sua continuità, e malgrado alcune parentesi dolorose e l'impronta di austerità e di rigore lasciata dal malikismo, è rimasto un Islam più semplice, concreto, tollerante ed aperto. Un Islam nutrito dal patrimonio berbero preesistente, frutto di una prima sintesi storica scaturita dal contatto e dall'interazione con le civiltà fenicia e romana (non dimentichiamo che è dal Maghreb centrale che provengono Sant'Agostino e Donato), bizantina e altre.

Gli atteggiamenti integralisti sono fatti recenti. Sono stati trasmessi dagli insegnanti e dai "shuyukh" del medio e dell'estremo Oriente importati e riccamente mantenuti a suon di dollari, dal regime degli anni Ottanta per fermare la tendenza al progresso della linea patriottica degli anni Settanta. Come si sa, è soprattutto il sistema educativo e culturale ad avere una pesante responsabilità in questa involuzione: idealizzando e sublimando l'islamismo politico ha generato un mostro.

Del resto, sia in Oriente che nel Maghreb, la politica e la religione non sono mai state così collegate e fuse come cercano di far credere, per i fini dei politicanti, certi esegeti della politica e della religione.

Non si devono fare paralleli fra il sistema teocratico tradizionale e l'integralismo contemporaneo.
Nei secoli passati, alcuni regimi teocratici hanno potuto far avanzare la società sulla strada del progresso, e persino adottare prassi democratiche.

L'integralismo contemporaneo, invece, è assolutamente e completamente totalitario e reazionario.
Esso polarizza tutte le forze reazionarie e tutta la resistenza al progresso.

Quando vari Stati, qui o altrove, si sono autodefiniti Stati islamici, lo hanno fatto essenzialmente per mettersi una maschera ideologica che desse legittimità religiosa al loro potere.
Alcuni storici mettono addirittura in rapporto questa tendenza alla controrivoluzione avviata da Muawiya alla morte di Ali Ibn Abu Talib.

La "sharia", quella che ha conosciuto un inizio di canonizzazione, risale agli Omayyadi che, con questa consacrazione giuridica, hanno regolamentato i conflitti di interessi e le lotte per l'egemonia procedendo ad una sacralizzazione della loro dottrina ufficiale, politica e teorico-giuridica, presentandola come assolutamente fedele al paradigma fondatore di Medina e causando per molto tempo confusione fra autorità politica e autorità religiosa.
A questo proposito lbn Rushd, nei suoi trattati su Platone, sottolinea che «l'antica repubblica araba è paragonabile alla repubblica di Platone. È stato Muawiya a distruggere questo ideale, istituendo il potere assoluto dei Banu Umayya, e aprendo così la strada alla sequela dei colpi di Stato ai quali nemmeno la nostra Andalusia ha potuto sfuggire».
Esistono argomenti incontestabili che di-mostrano come la "sharia", storicamente e in quanto oggetto, non sia che una creazione degli uomini, dei politici.
Il magistrato egiziano Mohammed Sd al-Ashmawi sostiene, con efficaci argomentazioni, che il testo coranico e la tradizione profetica rifiutano, nella loro stessa essenza, qualsiasi confusione fra religione e politica.
L'uso della religione per fini politici ha portato spesso uomini religiosi ad entrare in conflitto con il potere.
Come è accaduto all'imam Abu Hanifa, che si è risolutamente schierato con alcuni movimenti insurrezionali, lui che affermava: "La libertà è un pegno di fiducia, mentre il divieto può essere praticato da tutti !».
In fondo, e malgrado le apparenze, gli Stati cosiddetti islamici sono sempre stati, in gradi diversi, degli Stati secolari che hanno usato l'islam a fini politici, reinterpretando il suo patrimonio in funzione degli interessi che volevano difendere e delle concezioni politiche e filosofiche delle élite dirigenti.

Lo Stato è diventato il luogo dell'intreccio del politico e del religioso: ma solo in quanto esprimeva l'immaginario sociale come è strutturato nella tribù e nel clan. Lo Stato arcaico è una vana trasposizione meccanica e inconscia della dimensione tribale.
Si riveste di sacralità per legittimarsi, poiché ha bisogno di una legittimazione esterna, cioè del riferimento alla religione come storicamente definita, e cioè come forma di regolamentazione storica dei rapporti arcaici tra comunità. Siamo lontani dall'islam in quanto autentica religione rivelata!

Ora, se l'islam raccomanda ai credenti di ribellarsi all'autorità del potere quando esce dalla retta via (ma chi può stabilire chi ha deviato?), come possono i credenti pensare di ribellarsi ad un potere che sostiene di essere legittimato direttamente dall'Islam e da Dio?

Tuttavia il paradosso sta nel fatto ch'essi non potranno astenersene! Questo spiega perché, nel corso della storia dei Paesi islamici, tanti poteri e dinastie abbiano assistito a un'autentica giostra di rivolte, di insurrezioni, di cambiamenti e di rivoluzioni.
Tutti sono giunti al potere in seguito ad una rivoluzione, sventolandola bandiera del risanamento dello Stato in nome della purezza dell'Islam. In realtà una simile rivoluzione agisce in nome di una dottrina che si forma nel corso stesso dell'opposizione al potere.
Tutti, o quasi tutti, vengono destituiti nello stesso modo, da «rivoluzioni» iniziate all'ombra di altre bandiere che sventolano in nome di altre dottrine le quali predicano la purificazione, e così via, a mano a mano che la forza, che fino a ieri era potente, cioè quando si trovava all'opposizione e faceva leva sul malcontento sulle aspirazioni della gente, perde la sua vocazione iniziale e non rappresenta più gli interessi fondamentali a cui dava voce.
E si allontana, di conseguenza, dalla parte di comunità che l'aveva portata al potere.


Glossario

Hakimiya
Governo di Dio (teorizzato dai fondamentalisti).
Ibn Rushd
L'autore musulmano noto in Occidente come Averroè.
Maghreb
Occidente: i Paesi nordafricani dalla Libia all'Atlantico.
Malikismo
Regno di Abd Al-Malik (685-705) che reprime le rivolte sciite e assicura il dominio arabo sul Nord africa.
Mashreq
Oriente: i Paesi islamici dall'Egitto a tutto il Medio Oriente.
Omayyadi
Dinastia dominante dello Stato nazionale arabo dal 661 al 750.
Sharia
L'insieme dei precetti e dei doveri religiosi della legge canonica.

Chi è El Hachemi Cherif

Già combattente per l'indipendenza nella mitica IV Wilaya, oppositore di Boumedien dopo il colpo di Stato che nel 1965 abbatté il governo Ben Bella, fondatore dell'Organizzazione della resistenza popolare, poi del Partito dell'avanguardia socialista e infine del movimento Ettahddi-Tafat, di cui è segretario generale, EI Hachemi Cherif è un versatile intellettuale algerino che è stato dirigente amministrativo, sindacalista, regista cinematografico.

Penalizzato e colpito dal governo, per la sua carica laica e libertaria, EI Hachemi Cherif è da anni anche nel mirino dei gruppi armati integralisti ed è stato bersaglio di un grave attentato. Nel libro "Integralismo e modernità", edizioni Lavoro, le sue analisi e le sue riflessioni.

El Hachemi Cherif
Algeri, 31 maggio 1995
da "Avvenimenti"