Da anni ferme in Parlamento le proposte di tutela per i "co.co.co"

Legge delega 848: Una macchina schiacciasassi.

Ma la battaglia dei diritti resta tutta da giocare

Dal part-time flessibile al lavoro temporaneo in affitto, dalle prestazioni occasionali a quelle a chiamata o intermittenti, dalla revisione dei contratti di apprendistato e formazione lavoro alla privatizzazione del collocamento. Su questi "pilastri" si fonda la deregulation del lavoro che il Senato ha appena consegnato nelle mani del governo, approvando una apposita legge-delega fortissimamente voluta dal ministro Maroni che pensa così di passare alla storia, con in più la moltiplicazione dei soggetti che da adesso in poi saranno autorizzati a procacciare, intermediare e "somministrare" il lavoro.

Questi e altri, non meno gravi di conseguenze, saranno gli effetti della riforma del mercato del lavoro che sta passando sui mezzi di comunicazione di massa come "riforma Biagi", in modo da levare al più presto dalle esili spalle degli artefici la responsabilità politica di tanto scempio e scaricarla ignobilmente sul collo del professore ammazzato dalle Br sotto i portici di Bologna.

A imporla, costi quel che costi, sono stati per l'esattezza Silvio Berlusconi, Roberto Maroni e Antonio D'Amato, con lo scopo di distruggere ogni residuo vincolo che finora le imprese erano tenute a rispettare e cancellare qualsiasi forma di potere contrattuale collettivo, in modo da lasciare ogni singolo lavoratore solo, nudo e inerme di fronte alla macchina schiacciasassi del padronato o, se si preferisce, delle "organizzazioni datoriali".

Molto soddisfatto si è detto infatti il presidente della Confindustria. Dalle colonne del giornale di Napoli "il Mattino" ha dichiarato che «si tratta forse della più importante riforma del mercato del lavoro fatta negli ultimi trent'anni in Italia, che ci rende più flessibili, più europei, più capaci di creare maggiore occupazione e di dare soprattutto più opportunità ai giovani disoccupati del Mezzogiorno».

Sacrificio insostenibile

Sarà, ma intanto quello che si vede sono i dati del "sacrificio" del lavoro regolare nella grande industria, che è andata perdendo, mese dopo mese, secondo le rilevazioni dell'Istat, da 20 a 30 mila posti di lavoro. Un dato che si accompagna alle dichiarazioni del presidente del Comitato di indirizzo e vigilanza dell'Inps, Aldo Smolizza, che proprio ieri, sul confindustriale "Sole 24 Ore", ha definito «insostenibile ed esplosiva» la situazione dei "co. co. co": i lavoratori parasubordinati, precari per definizione, data l'assenza di qualsiasi tutela contrattuale e normativa sul terreno dei diritti.

Smolizza ha detto che i "co. co. co" sono due milioni e mezzo, quasi raddoppiati in tre anni, e che nell'ultimo anno c'è stato un milione di nuovi iscritti, inevitabilmente destinati a crescere ancora. Ne consegue che l'area delle prestazioni dell'Istituto di previdenza, riferita alla "gestione separata", «è destinata a esplodere prestissimo, anche per effetto dell'ingresso degli associati in partecipazione» (i cosiddetti soci-lavoratori, ndr). «Avevo denunciato mesi fa questo tipo di contratto - ha affermato Smolizza - che sfugge ai contributi previdenziali».

E' allarme pensioni, dunque. Il meccanismo dei minori versamenti sarà, per forza di cose, insufficiente a coprire i trattamenti pensionistici dei lavoratori nati a partire dagli anni Sessanta, che in larga misura hanno trovato occupazione solo con contratti "atipici". A questi vanno poi aggiunti i fenomeni dell'elusione, del sommerso, del lavoro nero e del ricorso agli immigrati irregolari, in specie nell'artigianato e in agricoltura.

Se questi sono già gli effetti a distanza del cosiddetto "pacchetto Treu", non è difficile prevedere verso quale catastrofe previdenziale stia correndo l'Italia con la "riforma Maroni", confermando così non solo che gli interessi delle imprese sono opposti a quelli dei lavoratori (e che i vantaggi garantiti alle prime dai governi amici si trasformano in tragedie a lungo termine per i secondi), ma soprattutto che essi non coincidono con gli interessi del Paese.

Adesso un altro "snodo" si impone al mondo del lavoro, ai sindacati e alle forze politiche di sinistra e di centrosinistra: quello di costringere il Parlamento a discutere e a varare a tamburo battente una legge di tutela del lavoro atipico, che finora i governi che si sono succeduti si sono ben guardati dall'affrontare, nonostante che diverse proposte siano chiuse nei cassetti già da alcuni anni, come quelle presentate da Rifondazione comunista e dai senatori Carlo Smuraglia e Antonio Pizzinato.

Gemma Contin
Roma, 9 febbraio 2003
da "Liberazione"