«Non esagero se dico che si tratta della riforma più importante degli
ultimi trent’anni nel campo del mercato del lavoro. Diventerà più flessibile,
più dinamico, assicurerà una crescita occupazionale. Si va incontro ai problemi
dei giovani disoccupati...» (D’Amato, presidente Confindustria)
Le legge delega sul mercato del lavoro
I 10 articoli di cui è composta questa legge si riferiscono a blocchi di
tematiche :
a) collocamento, somministrazione di personale e manodopera,
intermediazione illecita, trasferimento di azienda e di ramo d’azienda
(nell'art. 1)
In questo blocco tematico si evidenzia che:
- alla concezione precedente secondo cui il collocamento era stato concepito
come pubblica funzione (sebbene del tutto caratterizzata da inefficienze
non più sostenibili) giacché si riteneva eticamente riprovevole che potesse
essere oggetto di attività lucrativa di impresa la somministrazione
di manodopera e di personale (cioè il commercio del fattore lavoro),
la nuova legge sostituisce una impostazione legittimante la “somministrazione”
di personale quale attività d’impresa, conferendola pacificamente
alle private agenzie di lavoro (già interinale), agli enti bilaterali (costituiti
da associazioni datoriali e sindacali), ai consulenti del lavoro, alle università
e agli istituti di istruzione secondaria di secondo grado. Tale fornitura
o somministrazione di personale da parte delle agenzie interinali può essere,
per effetto della nuova legge, non solo a tempo determinato (come in precedenza)
ma anche a tempo indeterminato. In tal modo si accoglie
nell’ordinamento italiano il c.d. “staff leasing”,
istituto con il quale si prevede che un’azienda si costituisca per
la somministrazione ad altre di personale che resta stabilmente ed a tempo
indefinito in organico alla azienda fornitrice, con conseguente insussistenza
di alcuna violazione della legge n. 1369/1960 in tema di interposizione
per la somministrazione di personale, legge che viene esplicitamente abrogata.
I lavoratori ed i sindacati dovranno non più rivolgersi
all’azienda committente – per tutte le questioni negoziali attinenti
al rapporto di lavoro – ma all’azienda cui sono in organico
e che svolge funzione di somministrazione di personale;
- si prefigura la ridisciplina dei casi di interposizione illecita
( individuando la fattispecie vietata sulla base del criterio della mancanza
di una ragione tecnica, organizzativa o produttiva o possa verificarsi la
lesione di diritti inderogabili di legge o di ccnl applicato al prestatore
di lavoro) nonché della nozione di distacco e comando;
si attribuisce all’azienda Capogruppo di imprese la facoltà di svolgere,
per delega delle consociate e controllate, tutti gli adempimenti di cui
all’art. 1 d. lgs. n. 12/’79;
- ai fini poi di precludere o rendere difficoltoso il contenzioso da parte
dei lavoratori rivendicanti la dipendenza diretta dalla reale utilizzatrice
delle prestazioni per presunta interposizione illecita, si prevede che la
genuinità dell’appalto derivi da una certificazione
(da parte di enti bilaterali intersindacali o di strutture pubbliche o università)
attestanti nell’appaltatore o somministratore di personale requisiti
di organizzazione di mezzi e di assunzione di rischio di impresa;
- si prevede la revisione del d. lgs. n. 18/2001 in tema di trasferimento
d’azienda, adeguandolo alla normativa comunitaria e prevedendo
che il requisito dell’autonomia funzionale
del ramo d’azienda (per effetto del Patto per l’Italia del luglio
2002) sia riscontrato all’atto del trasferimento
invece di essere (come fino adesso) preesistente ad esso: questa innovazione
è di estrema pericolosità giacché può legittimare fraudolenti
e studiati accorpamenti di personale all’ultimo momento in una determinata
unità produttiva in vista della loro espulsione dall’azienda originaria
(ed inserimento in azienda ove si applicano contratti collettivi nazionali
o aziendali deteriori e talora non ricorre la stabilità reale ex art. 18
per essere al di sotto dei 16 dipendenti). L’intento legislativo –
come è stato acutamente notato – si rinviene nella volontà di “garantire
e non ostacolare le frodi” . Che poi il timore che la soluzione
escogitata e parzialmente ridimensionata nella sua rischiosità per i prestatori
di lavoro (nel libro bianco era addirittura prevista l’eliminazione
del requisito dell’ autonomia funzionale, ipotizzandosi la cessione
di meri uffici o reparti non funzionalmente autonomi !) venga utilizzata
nel senso di dar luogo al diffuso fenomeno delle cd. esternalizzazioni (o
outsourcing) di comodo, non è una ipotesi di scuola ma una realtà
attualissima e concreta. Tant’è che la Cassazione nelle recentissime
sentenze nn. 14691, 15105 e 17207 del 2002 ha bloccato – dichiarandolo
nullo per carente consenso alla cessione a terzi del contratto individuale
– l’affidamento in outsorcing da parte della Soc. Ansaldo
Energia al Consorzio Manital di una serie di cessioni di “centri di
costo” raggruppanti personale eterogeneo unificato nell’unità
produttiva “servizi generali” (dichiaratamente considerata estranea
al cd. core business dell’azienda), sulla base dell’inesistente
riscontro nella unità ceduta (e confezionata ad hoc all’atto
dell’esternalizzazione) di una preesistente
autonomia funzionale nell’azienda cedente.
C’è ora il rischio che tali cessioni possano avere ampio e libero corso.
b) riforma della disciplina del lavoro a tempo parziale
(con delega al governo da parte dell’art. 3):
- il rapporto di lavoro a tempo parziale - che è stato
recentemente ridisciplinato dal d. lgs. n. 61/2000, tramite cui si sono
introdotte cautele in ordine al ricorso al lavoro supplementare ed alle
“clausole di elasticità”, al fine di evitare che si trasformasse
in una sorta di lavoro “a chiamata” a discrezione datoriale,
sottratto a distribuzione preconcordata – viene liberalizzato dalle
limitazioni attuali. Nel senso che - nell’ottica di una “invasività
nel tempo di vita del lavoratore” e di una sostanziale indifferenza
alle esigenze connaturali alla tipologia contrattuale implicante il necessario
tempo libero per il prestatore al fine di eventualmente instaurare un altro
rapporto onde raggiungere un livello economico di autosufficienza reddituale
– le aziende potranno richiedere sia lavoro supplementare
senza consenso e senza limiti(se non quelli pattuendi
a livello di ccnl, superabili in carenza dal consenso individuale di un
lavoratore in condizioni di estrema ricattabilità) sia introdurre elasticità
nella gestione e distribuzione temporale del part-time, esteso anche
ai rapporti di lavoro a tempo determinato. Diviene regola quella secondo
cui ai fini di tutti gli istituti legali e contrattuali (facenti rinvio
ai requisiti dimensionali desumibili dal numero dei dipendenti) il lavoratore
a tempo parziale viene computato pro rata temporis, in relazione
proporzionale alla durata della prestazione resa.
c) implementazione delle tipologie di lavoro (con delega
al governo ex art. 4 )
- la fantasia controriformista finalizzata all’infoltimento delle
tipologie di lavoro precario ha modo, in questa sede, di fare sfoggio di
se. Vengono addizionate – non paghi del fatto che il d.lgs. n. 368/2001
abbia liberalizzato dai vincoli il rapporto a tempo determinato inserendolo
tra le tipologie ordinarie e non sussidiarie di lavoro - alle preesistenti
tipologie elastiche risalenti al cd. “pacchetto Treu” (codificato
nella citata legge n. 196/’97), una serie di nuovi contratti: atipici:
il “lavoro a chiamata” (job on call),
il “lavoro a prestazioni ripartite” (job
sharing, o divisione di un'unica occupazione e di un unico stipendio
tra due o più lavoratori), il lavoro a progetto, il lavoro
occasionale, il lavoro occasionale e accessorio.
Infine vengono ridisciplinate le prestazioni da collaborazione coordinata
e continuativa (in un’ottica di delimitazione, riservandole
a progetti a tempo determinato, degli eccessi e degli abusi mascheranti
vere e proprie forme di lavoro subordinato a tempo indeterminato).
- Il job on callè il contratto di chiamata o di
lavoro intermittente: il lavoratore fornisce la sua disponibilità di lavoro
in un arco di tempo predefinito, ma viene chiamato a lavorare solo per pochi
giorni e con un breve preavviso (ne tentò per prima l’introduzione
la Zanussi, ma l’ipotesi d’accordo per la tipologia del cd.
”operaio squillo” venne sonoramente
bocciata dai lavoratori con referendum: ora il direttore risorse umane se
ne ripropone la praticabilità). La tipologia contrattuale del lavoro intermittente
prevede la saltuarietà della prestazione, compensandone lo stato di disponibilità
alle chiamate aziendali con una specifica indennità di disponibilità: non
si tiene tuttavia in alcun conto che il lavoro nel nostro ordinamento (ex
artt. 2, 3 e 4 Cost.) deve essere non solo virtuale ma effettivo in quanto
mezzo di autorealizzazione individuale e sociale..
- Il job sharingè un contratto a risultato tramite
cui due (o più) lavoratori (per un solo stipendio) si obbligano in solido
a fornire una prestazione, ripartendosene tra di loro i tempi e le modalità
attuative, nell’indifferenza del datore di lavoro cui preme soltanto
che la prestazione sia resa e che l’arco temporale sia coperto da
presenza. I lavoratori concorderanno tra loro le modalità esecutive, ivi
incluso l’obbligo del subentro di uno all’altro
in caso di malattia o infortunio o altre sopravvenute impossibilità
di resa della prestazione (anche se tali aspetti saranno da definire per
via contrattuale).
- Si prevede poi nella nuova legge che le quote obbligatorie
di assunzione dei disabili previste dalla legge n. 68/89
siano soddisfatte anche tramite assunzioni a tempo determinato,
così esponendo questi lavoratori (già solo tollerati dalle aziende) ad un
futuro di instabilità e di ghettizzazione, giacchè non è lontano dal vero
immaginare che questi portatori di handicap saranno utilizzati secondo lo
schema più precario del tempo determinato, in luogo dell’onerosità
del contratto a tempo indeterminato.
- La nuova tipologia delle prestazioni di lavoro occasionale e accessorio
regolarizzabile e remunerabile con rilascio di coupons o tickest
(non si conosce ancora l’identità dei fornitori e le modalità di acquisto),
se va considerata piuttosto bizzarra e singolare in linea astratta e qualora
ipotizzata con intenti di generalizzazione, può invece risultare utile per
le ipotesi di lavoro occasionale reso con finalità di assistenza e cura
domiciliare (o presso enti senza fini di lucro) a persone malate o debilitate,
le cui esigenze non potrebbero altrimenti (e molto onerosamente) essere
sostenute da essi e dai loro familiari che con un contratto di collaborazione
domestica, riservabile invece per l’ipotesi più drammatica del colpito
in maniera invalidante, necessitante assistenza continuativa del c.d. “badante”.
- Venendo alla riforma delle cd. co.co.co (collaborazioni
coordinate e continuative), si prevede che esse non possano
essere più attivate per prestazioni a tempo indeterminato ma solo per prestazioni
a tempo determinato, la cui durata scaturisce dal “progetto”
per il quale si impegnano le proprie energie lavorative. questa soluzione
è stata correttamente giudicata un’operazione di igiene e di freno
all’utilizzo abusivo che sinora si è fatto di tale tipologia di lavoro,
mascherante una vera e propria prestazione di lavoro subordinato, ed in
questo senso gli va riconosciuta una valenza positiva.
Accanto ad essa si pone la “collaborazione occasionale”,
individuata dai parametri della durata del progetto presso lo stesso committente
inferiore ai 30 giorni nell’anno solare e della esiguità del corrispettivo,
non eccedente i 5000 €.
d) certificazione dei rapporti di lavoro e arbitrato
(con delega al governo rinvenibile negli artt. 5 e 8):
La tematica è una di quelle che hanno dato luogo alle maggiori opposizioni
da parte della minoranza parlamentare, dei giuslavoristi progressisti, del
sindacato e della magistratura.
Conclusioni
Infine conviene sottolineare come i contenuti delle deleghe siano configurati
in chiave sottilmente “ricattatoria” per le OO.SS. investite di
ruolo attuativo e concertativo, prospettando loro che, in assenza
di pattuizioni negoziali nei contratti o accordi collettivi, la perseguibilità
e realizzabilità degli obbiettivi e delle nuove tipologie di lavoro
precario avverrà anche con il solo “consenso del lavoratore”,
d’ora in poi sempre più solo e indifeso.
Concludendo, mentre si resta in attesa dei decreti attuativi, sostanzialmente
realizzabili con la consultazione sindacale (la cui disponibilità pone alle
OO.SS. non pochi problemi di essere fraintesa quale condivisione in linea
di principio dell’intera infrastruttura), si può sin d’ora affermare
che – salvo i pochissimi punti ove abbiamo espresso un nostro consenso
condizionato – la legge testé approvata prospetta ai nostri
giovani un futuro di incertezza, di intermittenza lavorativa, di assoluto
precariato, coniugato ad un corrispondente futuro di carente autosufficienza
(o di vera e propria invivibilità) per l’epoca della quiescenza.
Giacché con queste nuove tipologie di lavoro i versamenti contributivi faranno
maturare in capo ai futuri pensionati una percentuale stimata nell’ordine
del 30% del reddito percepito in costanza di attività lavorativa,
per cui giustamente si è lanciato l’allarme (inascoltato) di costruire
ed innescare, ora per allora, “una vera e propria bomba sociale”
a scoppio tanto certo quanto ritardato (con una logica da
“ápres moi le deluge”, dopo di me il diluvio).