Cosa c'è dietro la propaganda sui tagli alle pensioni

Se il sistema è in equilibrio perché operare restrizioni?

Proposte di Rifondazione Comunista

Durante le festività si stanno moltiplicando gli incontri formali e soprattutto informali tra governo e sindacati sulle pensioni. Il Comitato direttivo della Cgil ritiene le proposte del governo indecenti e quindi non negoziabili, unitariamente le confederazioni ne chiedono il ritiro.

I sindacati in questa loro richiesta sono sostenuti da un movimento di massa straordinario che vede unite tutte le categorie dei lavoratori: occupati, precari, disoccupati, pensionati, il vero patto tra padri e figli si sta realizzando nel comune impegno per impedire al governo di dare un colpo mortale al sistema pensionistico pubblico.

La Cgil, seppur timidamente, riconosce che è necessario modificare la legge Dini (n. 335 del '95) per dare qualche garanzia al mondo del lavoro precario; ritiene anche che in un qualche modo le pensioni devono recuperare quanto perso in potere di acquisto in questi anni. Ma le confederazioni sindacali, e questo indebolisce le loro ragioni nei confronti del governo, continuano a difendere la legge Dini ed in particolare il sistema di calcolo contributivo e la previdenza integrativa. Con la legge Dini i risparmi sono stati superiori al previsto ma il prezzo pagato da chi è andato in pensione è stato pesante e lo sarà sempre di più. In pensione più vecchi e con una pensione più bassa ed in futuro il mondo del precariato senza pensione. La legge Dini incentiva la previdenza integrativa e chi lavora dovrebbe ricorrervi per garantirsi, ma senza certezze, una vecchiaia dignitosa. In sostanza si tratta di affidare i risparmi o quote di salario al mercato finanziario sia che a gestire i fondi pensione siano i privati, sia che siano i sindacati. In questi anni il potere d'acquisto delle pensioni e dei salari si è logorato. Assistiamo ad un peggioramento generale della qualità della vita. Gli anziani sarebbero colpevoli di vivere troppo a lungo e invece di essere considerati una risorsa sono accusati di rappresentare un onere insopportabile per l'economia. Sui sette milioni di poveri il nucleo più numeroso è di anziani, in gran parte donne.

Il sistema non è in crisi

Tutti i dati disponibili, tutte le stime "vere" riconoscono che il sistema pensionistico non solo non è in crisi finanziaria ma concorre a finanziare la spesa pubblica ed il bilancio dello Stato.

Sulle pensioni in Italia gravano ritenute fiscali pari a 22 miliardi di euro che vengono incamerati dallo Stato, negli altri paesi europei le pensioni sono praticamente esentasse. Non solo, sulle pensioni gravano oneri assistenziali che dovrebbero essere a carico della fiscalità generale: pesa anche l' "assistenza" che viene erogata alle imprese di determinati settori ed in determinate aree attraverso la riduzione dei contributi.

Va poi smentito che il costo delle pensioni, in rapporto al Pil, sia più alto rispetto a quello medio dell'Europa. La spesa per lo stato sociale in Italia rispetto all'Europa è inferiore del 2%, non solo, in Italia è considerato onere pensionistico il Tfr pari ad 1.5% del Pil. Si continua a tollerare una evasione contributiva che l'Inps stima in 30 miliardi di euro l'anno, l'importo di due leggi finanziarie. Invece di perseguire gli evasori è stato depenalizzato il reato, si ripetono i condoni, non si amplia il corpo ispettivo e le aziende "rischiano" di essere visitate ogni 130 anni. Ad evadere non sono solo le piccole aziende ma ormai l'evasione è generalizzata e sono sempre più numerose le medie e grandi aziende che lucrano sui contributi.

Vi è poi un "arcano". Il monte pensione erogato viene rapportato in percentuale al Pil. Ma se il sistema è in equilibrio e cioè se con i contributi versati si pagano le pensioni perché si dovrebbero operare tagli e restrizioni? E se vi fosse un aumento forte del Pil e quindi in percentuale il costo delle pensioni diminuisse aumenterebbero le pensioni? Certamente no!

Obiettivi politici e sociali

Insomma questa manfrina sulle pensioni ha obiettivi economici e politici precisi.

Sul piano economico si vuole diminuire la contribuzione solo a vantaggio delle imprese; con la previdenza integrativa si immettono somme enormi nel mercato finanziario: il solo conferimento obbligatorio del Tfr equivale a circa l'8% del salario annuo percepito da chi lavora.

Sul terreno politico si vuole rompere la coesione sociale e di classe rappresentata da un sistema pensionistico universale, pubblico e solidale.

Impedire che le proposte del governo si trasformino in legge è l'obiettivo minimo su cui schierare tutte le opposizioni a fianco delle confederazioni sindacali che al momento, unitariamente, chiedono il ritiro del provvedimento.

Contemporaneamente diventa urgente avanzare rivendicazioni forti, altrimenti si rischia un accordo al ribasso.

Aumentare le pensioni tutte le pensioni, escluse quelle d'argento e d'oro, di 100 euro al mese, come pure i salari per recuperare una parte del loro potere d'acquisto che nel decennio ha perso non meno del 20%. Portare i minimi a 516 euro mensili dagli attuali 402 (ne sono interessati oltre 4 milioni di pensionati e di invalidi).

Garantire al lavoro precario una contribuzione continuativa anche in presenza di contratti con tipologie differenti e di lavori diversi unitamente ad un rendimento minimo per anno di contribuzione accreditata che garantisca una pensione dignitosa.

Su queste due questioni è possibile costruire una forte unità di classe e generazionale.

E' possibile e doveroso dar vita ad un grande movimento veramente alternativo alla politica economica e sociale del governo.

Sante Moretti
Roma, 27 dicembre 2003
da "Liberazione"