Il tipo di uragano che si è abbattuto recentemente sulle coste di Wall Street è quello
che rischiava di mandare sott’acqua l’impero finanziario più grande del mondo,
quello americano. Un impero culla delle teologie neoliberiste, delle privatizzazioni spinte e della
cultura del: “solo mercato, niente Stato”. Semmai ve ne fosse stato bisogno, il capitalismo
mostra non solo il suo vero volto con le guerre e le distruzioni, come ci conferma Naomi Klein in “Shock
economy”, oggi in maniera inedita, davanti al “black hole” dei fondi “supremi”,
abbandona la certezza dei rischi di mercato e imbocca la strada della nazionalizzazione delle due
principali agenzie finanziarie americane in fatto di mutui: FANNIE MAE e FRADDIE MAC.
Costo dell’operazione
per i contribuenti americani sarà di 200 miliardi di dollari; circa 150 miliardi di euro.
Il futuro Presidente degli States, oltre alle grane di politica internazionale, avrà sul groppone
un paese più indebitato e più povero.
Forse per questo le chance di Obama sono maggiori
di Mc Caine, perché il Presidente democratico potrà zuccherare la pillola amara della
recessione e della crisi che attraverserà il capitalismo e i ritorni sulla povera gente; povera
gente che piuttosto di rivedere la cricca di Bush ingoierà il rospo pur malato. Barack Obama
se sarà Presidente troverà le casse svuotate dalle avventure militari e finanziarie
della cricca bushista e se vorrà sviluppare i suoi propositi di rilancio dello stato dovrà riempirle
e per riempirle dovrà fare politiche “anticapitaliste”. Ma torniamo al capitalismo
straccione. Con l’operazione “FANNIE-FREDDIE” è crollato il muro del capitalismo
e insieme ad esso sono crollate tutte le dottrine neocapitaliste.
Libero mercato, concorrenza, competitività sono
schermi protettivi e propaganda per mascherare che non siamo in presenza di libero mercato; men che
meno prevalgono nella logica delle imprese sia la competitività sia la concorrenza. Le imprese
fanno sistema fra di loro per quanto riguarda auto, benzina, tariffe energetiche e telefoniche scaricando
sui consumatori tariffe da capogiro.
Per quanto riguarda i beni primari, con particolare riferimento
al sistema dell’alimentazione siamo in presenza di imprese senza scrupoli che pretendono da
produttori e coltivatori, che a loro volta si avvalgono di mano d’opera e distribuzione nella
totale illegalità, prezzi sempre più bassi per poi esporli ai consumatori anche il
300% in più.
Ma la perla collezionata dal capitalismo straccione Made in Italy è la
soluzione Alitalia: costruire una nuova compagnia di bandiera (CAI) depurata del personale in esubero
e dei debiti; dotata di un tesoretto iniziale di 300 milioni di euro con possibilità di nuovi
interventi statali, visto che per un po’ di tempo sarà di mano pubblica.
Ma al comando
hanno già nominato un amministratore delegato di emanazione privata e per non fare la figura
dei pidocchi, Banca Intesa, Marcegalia, Colaninno e C. dovrebbero essere la famosa cordata di privati
che Berlusconi ci aveva informato fosse pronta a buttarsi nel salvataggio di Alitalia.
Ad oggi non
sappiamo quanto mette Banca Intesa e nemmeno quanto metteno i privati. In compenso sappiamo come
contribuenti che abbiamo già speso 300 milioni di euro per la nuova società e sappiamo
che dovremo andare a coprire le perdite di Alitalia al fallimento. Signori capitalisti: facile fare
impresa con i nostri soldi!! Forse è arrivato il momento che i Sindacati, i Lavoratori e il
PRC. comincino a chiedere gli interessi.
Va ripresa la lotta perché salari, stipendi e pensioni
ritornino ad essere una variabile indipendente dell’economia. Per questo oltre alla campagna
per più risorse agli stipendi, salari e pensioni è necessario costruire un movimento
per la reintroduzione della scala mobile per difendere il potere d’acquisto dagli inevitabili
tsunami ECONOMICI provocati dalla caduta del muro capitalista.