Alitalia

L'operazione Fenice? Una rapina a mano armata

Un patto scellerato fra il capitalismo straccione e Berlusconi

Ali/taglia

Ali/taglia.

Photo by Broderieinfo

Il padre nobile del liberismo italiano, Eugenio Scalfari, giudicha l'affaire Alitalia un “imbroglio economico”, in Germania Frankfurter Zeitung lo considera “un'insolente bancarotta fraudolenta”, “uno scandalo di dimensioni europee”; critiche che danno l'idea del marcio che accompagna l'imperativo di salvare la faccia politica a Berlusconi.
Noi preferiamo usare il termine di rapina a mano armata nei confronti dei lavoratori e del popolo italiano, perché è questo aspetto che più ci deve impegnare nell'analisi di una vicenda che dovremmo usare in ogni posto come esempio della profonda crisi di un capitalismo straccione. Oramai è evidente che dopo l'inutile tentativo del fido Bruno Ermolli di salvare la faccia a Berlusconi si è costituito un patto scellerato tra lo stesso con la cordata Passera-Colaninno-Fantozzi, da sempre vicini al Pd.
Il patto osceno con il capitalismo straccione è molto semplice per un Berlusconi che usa con disinvoltura i soldi pubblici, come quando "concede" a Gheddafi due miliardi in più di quanto trattato con Prodi.
E' semplice. Voi mi salvate la faccia politica ed io direttamente e indirettamente vi riempio di soldi.
La cosa più scandalosa in questo patto è però il fatto che i "salvatori" hanno osato andare a un tavolo di trattative con il sindacato senza i dati fondamentali di un qualsiasi piano industriale ma semplicemente con la pistola del governo puntata alle tempie: “accettate o si fallisce”.
Questo in un tribunale si chiama rapina a mano armata, estorsione sotto ricatto. Veniamo al tema.
Avendo affrontato come Assessorato al Lavoro di Milano la crisi Sea-Alitalia abbiamo ben imparato le conseguenze di una politica dei trasporti basata su un hub.
Ovviamente anche gli esperti di Banca Intesa sono ben consapevoli della questione. In sintesi divulgativa mettiamola così.
Dopo la crisi generale dei trasporti aerei, generata negli anni novanta dall'avvento delle compagnie low cost, le grandi compagnie si sono concentrate sui voli intercontinentali, gli unici che possono dare quella redditività che permette di reggere il mercato.
Ma perché questa redditività si realizzi i voli intercontinentali devono essere riempiti al massimo e per farlo hai bisogno di far leva su un aeroporto hub, che raccolga come una ruota da varie destinazioni i clienti sufficienti per garantire una successione di decolli pieni.
La crisi Alitalia è nata in buon parte per l'incapacità della classe politica del Nord Italia di garantire un vero funzionamento di Malpensa come hub.
Come si sa l'ipotesi Air France-Prodi era quella di sacrificare Malpensa e di concentrarsi in un solo hub a Fiumicino, in funzione francese.
Ora i nostri “salvatori della patria” arrivano al tavolo della trattativa e hanno la spudoratezza di dichiarare che non esiste più alcun hub, né a Roma né a Milano.
E' una manifesta oscenità industriale, nessuno può immaginare di resistere senza alimentare un hub, se poi si uniscono due debolezze, Alitalia con Air One, che diventano monopolisti del traffico aereo nazionale proprio a qualche mese dalla partenza dell'alta velocità ferroviaria, l'oscenità raddoppia.
Tutti sanno che potendo andare a Roma in tre ore e a Napoli in quattro i voli aerei nazionali sulle tratte più lucrose crolleranno. Per cui a maggior ragione come si fa a non dichiarare su quale hub, l'unica fonte di reddito credibile, si punta?
Seguendo l'analisi logica economica più che le indiscrezioni giornalistiche la risposta è chiara, appunto, nella sua oscenità.
I nostri “salvatori” non hanno alcuna intenzione di rilanciare Alitalia, quello che in realtà rilevano è un bacino di 30 milioni di passeggeri che, al momento opportuno, rivenderanno con laute plusvalenze (Colaninno con il caso Telecom si è fatta una solida esperienza di grande speculatore) o alla Francia o alla Germania.
Il vecchio adagio “Francia o Spagna purché se magna” è sempre valido, basta cambiare Spagna con Germania. Naturalmente l'ingenuo Passera nega, ma non sarà di certo lui tra qualche anno a vendere; del resto si sa che le grandi speculazioni hanno il loro tempo di maturazione. E Colaninno nella famosa intervista a Repubblica lo ha già dichiarato: “Se a un certo punto vendo perché mi conviene, mi dica, perché no?” Infatti l'asta è già iniziata e il partner internazionale, Air France o Lufthansa, che entrerà nella nuova compagine societaria in minoranza sarà colui che, a tempo debito, controllerà Alitalia.
Per questo Colaninno non può puntare in anticipo su Milano o Roma. Perché tutti sanno che se sceglie Roma si pone oggettivamente sotto l'ala di influenza di Air France, mentre se sceglie Milano diventa obbligata l'alleanza con Lufthansa.
Scoprendo in anticipo le carte l'asta, per il miglior rialzo speculativo, non funzionerebbe.
Anche perché all'asta non si vende solo il bacino d'utenza italiano ma anche un'Alitalia ben ridimensionata, con una tragedia occupazionale a totale carico dello Stato.
Per fare questo gioco di alta speculazione, come Colaninno era abituato a fare in Telecom con l'ausilio di D'Alema e della JP Morgan Chase, c'è bisogno che qualcuno pieghi in anticipo, alla cieca e in pochi giorni il sindacato, con una pistola puntata alla tempia. Chi meglio di Berlusconi ?
A questo punto con un sindacato che firma la sua fine, sicuramente il prezzo della vendita camuffata sarà al rialzo.
Su questo ennesimo disastro dell'industria nazionale, che ratifica anche la crisi irreversibile dell'amore liberista del mercato stile Partito Democratico, nascono alcune domande spontanee.
Perché il commissario Fantozzi, come il buon Bondi ha fatto alla Parmalat, non mette lui una parte dei lavoratori in cassa integrazione, concentrandosi sulle rotte più remunerative, dando alla trattativa tempi normali di realizzo?
Perché il Governo non obbliga la cordata a precisare in via anticipata su che hub dovrà necessariamente puntare? Oppure qualcuno pensa veramente che i nostri turisti dovranno passare solo da Parigi o Francoforte? Perché qualcuno non inizia a pensare che tutto questo è un bluff? Che Berlusconi non può assolutamente accettare di rovinarsi la faccia e che quindi Alitalia non potrà fallire, che i voli aerei non potranno fermarsi e che quindi il sindacato può anche pensare di non suicidarsi?
Del resto se a queste condizioni si deve vendere ai francesi o ai tedeschi il Governo lo può fare, come stava facendo Prodi, direttamente senza la necessità di passare tramite una cordata privata speculativa, che ha solo un'evidente funzione di copertura politica.

Bruno Casati, Renato Sacristani
Milano, 9 settembre 2008
da “Liberazone”