Quello firmato oggi è un accordo
illegittimo. La democrazia non è un affare privato
di qualche sindacato e neppure del governo. Tanto
meno è un optional. Tutte le forze politiche e
sociali hanno quindi il diritto di intervenire su
un fatto così grave.
Un accordo sociale,
infatti, è applicabile a tutti i lavoratori solo
se c'è un mandato verificato da parte dei
lavoratori stessi o, quanto meno, l'assenso del
sindacato maggiormente rappresentativo. In questo
caso non c'è né l'uno né l'altro. Per questo ne
denunciamo l'illegittimità.
Questo accordo
illegittimo ha un contenuto incostituzionale.
Infatti introduce una diversità di tutela per
lavoratori che si trovano nella stessa condizione;
configura un sistema di relazioni sociali
neocorporativo fondato su una convenzione ad
escludere nei confronti del più grande sindacato
del paese; accetta un punto essenziale della
politica neoliberista che pretende di ridurre il
lavoro a variabile dipendente per perseguire una
competitività altrimenti minacciata dalla
incapacità del governo delle imprese di perseguire
lo sviluppo.
La manomissione dell'articolo 18
colpisce al cuore i diritti dei lavoratori, la
possibilità di vendere rami delle aziende senza il
requisito della loro autonomia funzionale esalta
la libertà dell'impresa sottraendola ad ogni
controllo sociale.
Ma questo grave esito
sociale e politico può essere ancora scongiurato.
Le opposizioni debbono dar luogo ad una battaglia
parlamentare radicale e condotta fino
all'ostruzionismo. Inoltre nel paese grazie alle
forze più attive già maturano due straordinarie
esperienze di lotta che possono ribaltare questo
esito: lo sciopero generale voluto dalla Cgil e la
raccolta delle firme per l'estensione
dell'articolo 18 a tutti i lavoratori. Un impegno
quest'ultimo che dopo l'accordo si deve rafforzare
per rendere reale ed attiva la prospettiva di un
voto referendario.