«C'è posta per te, Berlusconi». La battuta serve anche un po' a stemperare la tensione in via San
Martino ad Arcore, la stradina stretta e alberata che porta dritta dritta davanti alla mitica villa
del Cavaliere.
Oggi, 29 novembre 2002, il Cavaliere non c'è, naturalmente. E non ci sono nemmeno lo stalliere e il
giardiniere. C'è solo un nutrito schieramento di poliziotti. Le transenne, e una pioggia battente
costringono le 500 tute blu venute direttamente da Arese a rimirare il "villone" da più di 200 metri
di distanza. "Niet", nessun incontro ravvicinato. «Ci limiteremo a lasciargli una lettera», dicono
i lavoratori.
E
parte una delegazione di cinque sindacalisti. Prima di andarsene fanno una
promessa, però: «ritorneremo». «Se Arese chiude verremo qui a raccogliere
le firme per espellere Berlusconi dalla Lombardia». Insomma, gli "alfisti"
sembrano fare sul serio. Non mollano.
Non ci stanno al tentativo di isolamento che in molti stanno cercando di mettere in atto nei loro
confronti. Ieri con un corteo che "a tutta birra" ha attraversato le stradine tranquille della contea
di Arcore hanno ribadito il no alla chiusura della loro fabbrica. Una manifestazione che ha scosso
il tranquillo tran-tran del borgo. Sui muri, né una scritta, né un manifesto. Nemmeno su quelli della
"casa del lavoratore", a pochi metri dal municipio.
Dare segno tangibile della solidarietà tocca a un assessore della giunta di centro sinistra che di
corsa si precipita in piazza portando un messaggio del sindaco. Molto più caloroso e partecipato,
invece, l'applauso degli studenti dell'Istituto "Olivetti".
Le bandiere della Fiom, dello Slai-Cobas e della Cub quasi scompaiono sotto il nugolo di ombrelli.
"Piove, governo ladro": forse per gridarlo non c'è un posto migliore di Arcore. Gli altri slogan sono
ugualmente sferzanti. "Lotta, lotta, lotta. Non smettere di lottare. Se chiude l'Alfa te ne devi andare",
urlano i lavoratori dietro gli striscioni dello Slai-Cobas.
E ancora, "Ma quale occupazione, ma quali investimenti, si son fregati l'Alfa con le tangenti". La
gente si affaccia dalle finestre, ma si tratta solo di anziani in pensione e di giovani donne. I cittadini
di Arcore sono a "laurà": alla Peg, all'Alcatel. Qui è pieno di fabbriche... e grattacieli. Le chiamano
le torri bianche. Dall'autostrada sembrano due grandi matitone messe lì da un architetto un po' sbadato.
La speculazione edilizia è arrivata anche qui, in questo "buen retiro", tutto cascine e vecchi casali.
"Avanti popolo alla riscossa di Berlusconi vogliamo le ossa", gridano minacciosi i lavoratori. Toni
più moderati e conciliatori, invece, nella lettera dove il Cavaliere diventa il "signor presidente
del Consiglio". «Chiediamo al suo governo e a Lei», scrivono i lavoratori. Le richieste sono del tutto
ragionevoli: visto il forte interessamento del governo per Termini Imerese e l'accordo Vamia (quello
per l'auto ecologica, ndr) non si capisce proprio perché non si debba mettere mano a un rilancio del
marchio Alfa Romeo «glorioso e importante». Non si vede perché non si debba lavorare alle macchine
sportive e al motore a sei cilindri (che la Fiat vorrebbe portare in Australia, ndr). Certo, sottolineano
gli stessi lavoratori, «siamo costretti a constatare» che la Fiat non ha intenzione di sganciare una
lira. E' quindi necessario che sia il governo a farlo. Le tute blu dell'Alfa invocano «una difesa
da Lei e dal suo governo». Più chiaro di così?
Intanto, sembra rispondergli dalle colonne del Corriere del Sera di ieri Luca Cordero di Montezemolo.
Il presidente della Ferrari non solo condivide il punto di vista espresso dalle tute blu di Arese,
ma si dice pronto a condurre un gruppo che comprenda i tre marchi sportivi per eccellenza: Ferrari,
Maserati e Alfa Romeo.
Sia chiaro, all'interno di una "filiera" altamente tecnologica che serve a rilanciare nel mondo la
creatività e la professionalità italiana. Insomma, qualcosa si muove. E l'uscita di Montezemolo non
è caduta completamente nel vuoto nell'affollata e chiassosa piazza di Arcore. Tra gli altri erano
presenti all'iniziativa il portavoce della Cub, Piergiorgio Tiboni e il vice segretario della Camera
del Lavoro di Milano, Antonio Lareno.
La manifestazione si è sciolta sotto una pioggia insistente, dopo appena un'ora scarsa di presidio.
Vincenzo Lilliu, dello Slai-Cobas, non ha dubbi: «Se non si trova una soluzione il tempo peggiorerà».
Arese, 29 novembre 2002
Al Presidente del
Consiglio
Silvio Berlusconi
Signor Presidente del Consiglio, i
lavoratori dell'Alfa Romeo di Arese, come quelli di Termini Imerese sono
minacciati dal Piano Industriale FIAT, che mette in discussione l'esistenza
stessa degli stabilimenti.
Abbiamo salutato positivamente l'intervento
del Governo che cerca di salvaguardare lo stabilimento di Termini Imerese, le
chiediamo di intervenire con altrettanta convinzione affinché anche Arese sia
salvaguardato.
Chiediamo il mantenimento e rilancio della Sperimentazione
e Progettazione delle vetture con il marchio Alfa Romeo, della produzione delle
vetture a basso impatto ambientale (Piattaforma VAMIA), la produzione delle auto
sportive e la produzione del motore sei cilindri.
Questo presuppone un
investimento nello stabilimento di Arese che non è previsto dal Piano
Industriale FIAT.
Per questo i lavoratori chiedono a lei ed al Governo di
assumere una posizione in difesa dello storico stabilimento dell'Alfa Romeo di
Arese, dichiarandoci disponibili ad un incontro con le nostre Rappresentanze
Sindacali presenti in fabbrica.
I Lavoratori dell'Alfa Romeo
FIM- FIOM-UILM- SLAI COBAS-
FLMUNITI CUB