globalizzare la speranza, globalizzare il conflitto

ATTAC mette radici

Verso l'Assemblea costitutiva di ATTAC Italia (Bologna, 12-13 gennaio 2002) Documento d'indirizzo politico per il 2002

1. Genova, le nostre radici 5. La società sostenibile
2. Attac Italia: partecipazione e democrazia 6. Riportare il conflitto nella società
3. Disarmare il neoliberismo 7. Un anno di autoeducazione orientato all'azione
4. Liberismo, lavoro e non lavoro  

1. Genova, le nostre radici

La nascita di Attac Italia rappresenta un elemento di novità assoluta nel nostro paese. Fino alla sua fondazione, diverse realtà, con esperienze e obiettivi differenti (giornali, sindacati, associazioni culturali, privati cittadini) avevano incrociato le loro strade solamente su alcune battaglie.

Con Attac, invece, decidono di confrontarsi, di mettersi in discussione e di iniziare un cammino comune che porterà alla nascita di un'associazione nazionale, che coinvolgerà migliaia di persone. Da questo punto di vista Attac rappresenta la prova generale di quello che sarà poi l’esperienza del Gsf durante, prima e dopo il G8 di Genova.

Ma l'innovazione di Attac non sta solo in questo elemento, quanto nella propria identificazione con la definizione, tutta politica, di "movimento di autoeduzione popolare orientato all'azione": un'associazione, dunque, che tende a riflettere, a comprendere e a connettere le modalità con cui si esprime la moderna globalizzazione; che cerca di intuirne le implicazioni sociali e che, su questa base, sviluppa la propria azione. Non un gruppo di studio, ma un collettivo di "pronto intervento sociale", di stimolo alla comprensione dei grandi processi nell'ottica di un progressivo allargamento della comprensione e della partecipazione democratica.

I giorni del G8 sono stati un chiaro esempio. Attac Italia seppure associazione giovanissima è stata capace di portare a Genova migliaia di simpatizzanti, mettendo a disposizione del movimento la propria voglia e vocazione all’unità (da ricordare l’importante ruolo di Attac Italia nel Gsf come cerniera fra esperienze e pratiche diverse); la propria radicalità nei contenuti e la propria innovazione nelle forme. L’organizzazione di più giornate del Public forum (Saperi e Tobin Tax) e la capacità di irridere la debolezza delle “zone rosse” e delle “reti” (la partita di pallone contro Attac Francia, l'azione diretta contro l’illegittimità della Banca Mondiale; la partecipazione al corteo dei migranti; l’attraversamento “aereo della zona rossa” il 20 di luglio; la capacità di stare alla testa del corteo il 21 di luglio) ne sono stati un chiaro esempio.

Dopo i giorni di Genova, Attac Italia ha continuato la sua crescita in un rapporto simbiotico con la crescita del movimento; si è interrogata sui fatti di luglio, investendo sul territorio e sull’unità del movimento attraverso una partecipazione visibile alla nascita dei social forum locali. I numerosi comitati locali di Attac hanno lavorato affinché i social forum fossero dei luoghi dove realmente sperimentare quella democrazia partecipativa e quella voglia di nuova partecipazione politica che stanno alla base del successo del movimento, ma anche sedi per agire e interloquire con la società per poterla trasformare. La maturità e la forza del movimento stesso, unitamente alla capacità di Attac Italia di interessare e coinvolgere centinaia di persone, pongono oggi a questa impresa collettiva una duplice sfida: dimostrare la propria utilità e la propria efficacia all'interno di un processo più ampio e più generale come quello rappresentato dal movimento contro la globalizzazione neoliberista in Italia e nel mondo.

Per Attac Italia questo significa rafforzare la sua anima associativa, privilegiando e favorendo il contributo dei suoi iscritti.

2. Attac Italia: partecipazione e democrazia

La centralità ideologica del mercato e gli imperativi economici che plasmano l'intero sistema sociale e culturale non sono sufficienti a connotare la profonda trasformazione avvenuta su scala mondiale. In teoria e in pratica, il pensiero unico ha realizzato lo svuotamento della politica e l’accelerazione della degradazione della democrazia rappresentativa, omologando soggetti e distruggendo le differenze, le culture, le ricchezze ambientali. In questo senso il neoliberismo è portatore di una crisi di civiltà e mette in pericolo la stessa civiltà umana, a causa del suo monoteismo del capitalismo come unico orizzonte e fine della storia e attraverso l’uso di ogni mezzo necessario a dominare i popoli anche con l’uso della forza.

La globalizzazione neoliberista attacca il quadro “unitario” delle basi fondamentali della vita, mettendo miliardi di esseri umani e lo stesso pianeta in sofferenza.

Di fronte all’irragionevolezza del pensiero unico ed alla sua insostenibilità, milioni di donne e uomini hanno cominciato a dissentire, a ribellarsi, a proporre “un altro mondo possibile”. Al centro di questa riflessione, noi crediamo vi sia la valorizzazione e la democratizzazione della funzione intellettuale e politica di ciascuna e ciascuno contro gli specialismi e le separatezze di pochi. In breve, il bisogno di una nuova militanza, di una nuova partecipazione per la rifondazione e la rigenerazione della nozione di politica, a partire dalla centralità della democrazia partecipativa, come politeia, spazio pubblico, luogo della partecipazione e del protagonismo. Attac Italia diventerà più forte, quindi, se riuscirà ad essere essa stessa un’associazione capace di sperimentare in prima persona la democrazia partecipativa e cercando di riportare in ogni luogo del movimento questa sua riflessione.

Contro il fondamentalismo del mercato

Le politiche neoliberiste, per quanto in crisi, vivono grazie allo strapotere dell'economia contro i cittadini, i lavoratori, i giovani e i meno giovani. Attac può essere lo strumento per resistere a questo dominio, allo strapotere del profitto e del mercato su qualsiasi aspetto della vita sociale, dai diritti dei lavoratori alle prerogative dell'ambiente, della salute, fino allo stesso patrimonio genetico degli individui. In questo senso Attac può essere l’associazione che compone il locale con il globale, che unisce queste due dimensioni nell’elaborazione e nell’iniziativa, portando a comprendere come determinate questioni quotidiane “locali” dipendano oggi più che mai dalle politiche globali decise nei vertici internazionali e negli intrecci tra i diversi stati. Un'associazione, quindi, che dà voce e organizza i bisogni della società contro il fondamentalismo del mercato e lo strapotere delle multinazionali.

Ma Attac deve riportare al centro del dibattito anche la ri/valorizzazione del ruolo del sociale e del pubblico rispetto al privato, il primato del controllo sociale sull'economia e sulla proprietà, la predominanza dei bisogni diffusi e degli spazi pubblici di protezione sociale sulla prepotenza delle multinazionali e della speculazione finanziaria.

Questa aspirazione, però, non può ripercorrere le forme che ha assunto il potere pubblico nel secolo appena trascorso - dallo statalismo socialista alla burocrazia ministeriale dei paesi occidentali - ma deve inventarne di nuove. L'esperienza della democrazia partecipativa può essere una delle strade che riaffermano la trasparenza della vita politica, il coinvolgimento e il controllo dal basso, la possibilità di partecipare democraticamente alla formazione delle decisioni. Ed è in questo senso che noi ci facciamo promotori, ovunque possibile, della sperimentazione di quella democrazia municipale e partecipazione cittadina di cui la città di Porto Alegre, non per caso sede del primo Forum Sociale Mondiale, è un esempio. Quell'intuizione, infatti, rappresenta il primo tentativo di reinventare e reimpostare un nuovo protagonismo civico e sociale, una nuova possibilità di decidere del proprio futuro e di "riappropriarsi del nostro mondo". La democrazia partecipativa non è per noi solo uno strumento istituzionale, una forma di governo locale, ma un metodo utile a ribaltare lo schema di dominio del mondo fondato sul primato del mercato, sull'economia scagliata contro i bisogni sociali.

Una vocazione unitaria

Questo metodo è utile anche ai fini di realizzare un processo di convergenza e di solidarietà comune tra soggetti sociali diversi che lottano e agiscono il conflitto sociale a partire da diverse prospettive, ma che solo nell'azione comune e nella comune condivisione di percorsi e obiettivi possono sperare di ottenere di migliorare la propria condizione. L'esperienza di Genova e del Genoa social forum, a questo fine, è stata di alto rilievo. Per la prima volta in Italia, un movimento di massa si è potuto esprimere grazie a un metodo unitario che lungi dall'annichilire e mortificare le varie differenze le ha potenziate e arricchite.

I forum locali sono oggi la continuazione di questa ricchezza, per questo devono rimanere il luogo dove, quel 55% di persone in più che sono arrivate a Genova a prescindere dalle associazioni e dalle reti organizzatrici, possa continuare a crescere e a partecipare. Ma per “allargare il movimento” è necessario che all’interno dei forum non si cada nella tentazione di evitare la discussione sulla democrazia partecipativa, riproducendo le logiche della militanza, che nulla hanno di male, se non il fatto di non essere adeguate ad un movimento che chiede sempre maggiori spazi di decisone e che rinuncia alla delega. I forum sociali devono essere luoghi plurali dove le esperienze di associazioni e persone, si incrociano, non per arrivare ad una sintesi - troppo spesso limitante e frustrante -  ma per arrivare ad un modo di agire che si fondi sulla conoscenza delle diversità e sul rispetto di queste, attraverso la consapevolezza di dover agire sul territorio alcune volte uniti, altre volte invece nella diversità di forme ed obiettivi. Questo, quantomeno, è lo spirito con cui Attac Italia, i suoi iscritti e i suoi comitati locali si relazionano e si relazioneranno in futuro con i social forum, portando il proprio contributo e le proprie specificità con l'obiettivo di una crescita complessiva del movimento. Non si deve correre il rischio di riprodurre situazioni simili a quelle che hanno preceduto l’appuntamento del 10 di Novembre a Roma, dove veti incrociati in nome di una astratta unità del movimento, hanno rischiato di far perdere un’importante occasione per dire un no chiaro a tutte le guerre del pianeta, economiche e militari. Attac italia è stata capace attraverso il lavoro con altri soggetti di far diventare il 10 novembre la data forse più matura di questo movimento che non ha vissuto come un dramma la pur importante ed ingiustificata assenza di alcune sue componenti.

Terra, lavoro, democrazia: una nuova cerniera

In questo metodo di lavoro crediamo che Attac possa svolgere un ruolo essenziale di comunicazione e connessione tra figure sociali diverse. A partire dal movimento dei lavoratori e dalle profonde modificazioni che lo investono; dal movimento ambientalista e contadino, che pone con radicalità una ridefinizione non economicista dei livelli di benessere di ciascuna popolazione, la tutela della terra come patrimonio dell'umanità e quindi non comprimibile dalla logica del profitto; dal movimento degli studenti, che si troverà nei prossimi anni a dover affrontare un modello formativo totalmente determinato dall’impresa.

Attac può quindi darsi due obiettivi intrecciati tra loro. Innanzitutto proporsi come associazione che costruisce consapevolezza, “autoeducazione popolare orientata all'azione”, in grado di saldare tra loro figure sociali distanti. L'esperienza francese della Danone, costituisce a questo proposito un caso esemplare. Dando voce all'indignazione morale e civica contro il cinismo di una multinazionale capace di licenziare migliaia di lavoratori in presenza di utili giganteschi, Attac ha saputo realizzare un utile intreccio tra la lotta dei soggetti direttamente colpiti dalle misure della multinazionale, i lavoratori, e la solidarietà attiva di ampi strati della popolazione dando vita a una vera e propria campagna di massa, capace di incidere sulla vita politica e sociale di quel paese. La gestione della campagna per la Tobin tax può costituire un'ulteriore concretizzazione di quell'intuizione.

Attac si propone anche di lavorare al consolidamento e al rafforzamento del movimento a partire dalla costruzione dei social forum, dalla valorizzazione delle iniziative unitarie decise dal movimento, dall'individuazione di forme più avanzate e solide di democrazia collettiva.

E' in questa chiave che la ricerca di un asse privilegiato d’intervento accanto alle istanze del mondo del lavoro (e del non-lavoro), a quelle della terra e dell'ambiente, del movimento studentesco, del bisogno di cittadinanza espresso dai e dalle migranti, trovano senso e forza. Attac si propone di organizzare una nuova coscienza democratica e sociale che sappia riconoscere in questi soggetti sociali degli interlocutori e degli alleati indispensabili in un progetto di trasformazione sociale. Senza il loro contributo, la loro forza e la loro combattività qualsiasi ipotesi di cambiamento rischia di rimanere velleitaria o astratta. Senza il contributo di una consapevolezza più ampia che sappia agire nel profondo della società, sia nel suo tessuto popolare come nei suoi strati intellettuali, la stessa forza di quelle soggettività rischia di rimanere isolata. Attac può essere lo strumento per decuplicare questa forza.

3. Disarmare il neoliberismo

La strage terroristica dell’11 settembre e la guerra contro l’Afghanistan modificano radicalmente lo scenario politico dentro il quale Attac e il movimento contro la globalizzazione neoliberista si troveranno ad operare.

La guerra non è un incidente di percorso, non è una parentesi transitoria: è il nuovo scenario dentro il quale il mercato altrimenti in crisi cerca di riprodurre il proprio dominio, è il nuovo luogo fondativo della politica intesa come governo armato dei conflitti.

La globalizzazione militarizzata prevede una nuova gerarchizzazione dei rapporti tra gli stati e i blocchi di stati: gli Usa, dall'alto della loro supremazia militare assoluta, dettano le linee guida, mentre gli altri paesi, a cominciare da quelli europei, si affannano a conquistarsi spazio e ruolo in questa rouelette geopolitica internazionale, dominata da liberismo e guerra, ma non riescono a costituire nessuna ipotesi alternativa all'ordine globale imposto dagli Usa. Sempre più il mondo si avvita in una spirare terrificante di violenza, indifferenza per i diritti dei popoli, asservimento agli interessi del profitto e del mercato.

E’ una guerra globale permanente con la quale i poteri forti, Usa e Ue in testa, cercando di rispondere a 3 ordini di problemi che da tempo attanagliano il modello neoliberista: il controllo delle risorse energetiche del pianeta, che vede nell’Asia Centrale un nuovo terreno per la perpetrazione di un modello di sviluppo basato sul petrolio; la recessione economica, che richiede interventi di sostegno all’industria che altrimenti sarebbero ingiustificabili; la verticale caduta di consenso, che da Seattle in avanti fino a Genova, ha investito i potenti della terra e le grandi istituzioni internazionali.

E’ una guerra che durerà perché deve risolvere quest’insieme di nodi complessi e che cercherà di tacitare ogni forma di opposizione e di dissenso.

Da questo punto di vista, il ruolo e le responsabilità del movimento contro la globalizzazione neoliberista e di Attac come importante componente di quest’ultimo, assumono la rilevanza di chi è chiamato a costituire un vero e proprio antidoto alla barbarie in corso, attraverso all’opposizione senza “se” e senza “ma” alla guerra e attraverso alla riaffermazione dello spazio pubblico e partecipato come luogo dove agire il conflitto e dove costruire pratiche di trasformazione sociale e politica.

La lotta per la pace non può essere soltanto lotta per l’assenza di conflitto o per il ritorno al clima precedente: la guerra è la nuova modalità di governo del pensiero unico del mercato, di conseguenza lottare contro la guerra significa contemporaneamente radicalizzare la critica al sistema neoliberista, insostenibile da tutti i punti di vista.

4. Liberismo, lavoro e non lavoro

La centralità del tema del lavoro nel dibattito di Attac, non sta solo nella capacità dell’associazione di coinvolgere nel proprio percorso di “autoeducazione orientata all’azione” diverse componenti del mondo sindacale e delle reti che lottano contro la precarietà e l’esclusione. La proposta di Attac, anche a livello internazionale, è quella di promuovere nel dibattito sulla cittadinanza e per la promozione della democrazia partecipativa, la questione del lavoro, dei diritti, dei tempi e dell’esclusione.

La democrazia nei luoghi di lavoro, la difesa dei salari e dei diritti, la dignità e la protezione sociale per i nuovi soggetti del non-lavoro, la lotta per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici migranti, sono i terreni su cui Attac può dare un significativo contributo alle battaglie del mondo sindacale.

I processi neoliberisti in Italia e nel mondo, hanno determinato l’affermazione di un’idea di cittadino-lavoratore-consumatore in completa sintonia con il mercato e con le scelte delle imprese. L’attacco alle conquiste sociali del secolo scorso si manifesta con una violenza sempre crescente.

L’ossessione degli organismi internazionali, dal G8 al Fondo monetario, dalla Banca mondiale al Wto, è la liberalizzazione e la deregolamentazione, sia sul piano internazionale che su quello nazionale.

L’internazionalizzazione riguarda innanzitutto il mercato finanziario, ma coinvolge in profondità anche il capitale produttivo con effetti devastanti su occupazione, salario e condizioni di lavoro. Il processo di concentrazione del potere economico e d’impresa nelle mani di poche centinaia di gruppi transnazionali incide anche sulla dimensione dei rapporti internazionali

L’occupazione subisce normalmente, cioè a prescindere da fattori congiunturali, dei forti tagli in virtù delle necessità della competizione globale e in seguito a fusioni e acquisizioni e relative “razionalizzazioni”. Si licenzia per profitti (vedi il caso Danone in Francia), si licenzia per valorizzare i titoli azionari.

Le delocalizzazioni produttive, possibili grazie a un mercato del lavoro globale che riunisce i due terzi della forza lavoro mondiale, rappresentano la forma concreta di ricerca del più alto tasso di sfruttamento. Le delocalizzazioni produttive sono diventate lo strumento di pressione sulle condizioni di lavoro e sul salario diretto e indiretto, laddove questi sono relativamente alti; e di congelamento o allargamento di situazioni di sottosviluppo e miseria altrove.

Il laissez faire (o laissez affarisme) globale comporta una gigantesca ridistribuzione del reddito al rovescio, toglie ai tanti e alle tante per dare ai pochi, esclude intere aree da ogni prospettiva di miglioramento e pretende di trasformare in proprietà privata la stessa vita

La globalizzazione capitalistica colpisce anzitutto la classe dei salariati e delle salariate, la fa aumentare di numero sul piano internazionale e le impone più che mai la sua dimensione internazionale.

Alle parole d’ordine della finanziarizzazione del lavoro, cioè flessibilità e deregolamentazione, si deve rispondere con una nuova lotta per vecchi e nuovi diritti. Dal confronto tra le realtà organizzate del lavoro, le reti di cittadinanza e i movimenti può nascere quella spinta alla “globalizzazione dei diritti” che vede nella difesa del salario e nell’allargamento dei diritti e nella riduzione dei tempi di lavoratori e lavoratrici una base comune culturale e politica di azione.

Una "rete" contro il precariato

L’attacco al diritto di cittadinanza in Italia è in una fase di massimo allarme.

Privilegiando l'intangibilità dei patrimoni (niente più tasse sulle donazioni e le successioni), le imprese sleali (per il sommerso, il falso in bilancio, gli investimenti spesso fasulli che saranno finanziati grazie alla Tremonti-bis), le banche e le finanziarie (cartolarizzazione degli immobili) e tra poco le assicurazioni con le pensioni integrative, (insieme alle disposizioni sulle rogatorie internazionali e sulle opere pubbliche) il governo sceglie il campo del neoliberismo selvaggio.

Con il libro "nero" di Maroni e la scuola della Moratti, vengono distrutte le basi per un confronto civile tra lavoratori, imprese e governo. Lo stesso diritto di esistenza delle rappresentanze dei lavoratori e delle lavoratrici e lo Statuto dei lavoratori viene di fatto archiviato.

Il cammino di resistenza e di proposte alternative a questo neoliberismo crediamo non possa prescindere da un confronto e un percorso comune di tutte le realtà sindacali, associative, reti che si impegnano per “un altro mondo possibile” e per la democrazia partecipativa nella società, nel lavoro, nella politica. Il contributo di Attac deve essere quello di proporre e praticare una modalità di confronto e di azione (su iniziative come la Tassa Tobin, così come sui fondi pensione) che includa tutto il campo antiliberista e cerchi l’unione nelle differenze, la ricchezza delle diversità per obiettivi chiari, comuni e partecipati.

D'altro canto la precarietà si caratterizza da una parte come sostanziale deprivazione dei diritti sindacali dei lavoratori cui viene sottratta ogni reale forza contrattuale, e dall'altra come sostanziale negazione dei diritti sociali e di cittadinanza attraverso la "permanenza della provvisorietà" quale unica prospettiva di un'esistenza senza possibile progettualità.

Per questo la garanzia e la salvaguardia di questi "frammenti" di soggettività espulsi e marginalizzati dai processi produttivi principali diviene una priorità e un compito al quale Attac può contribuire direttamente.
In un simile contesto, pur senza rinunciare all'obiettivo primario dell'introduzione e reintroduzione di vecchie e nuove rigidità nel contratto di lavoro, diviene necessario ed indispensabile ricercare nuove ed originali strategie in grado di ridisegnare ambiti e luoghi credibili di aggregazione sociale, di ricomposizione solidale e identitaria degli strati sociali colpiti dalla ristrutturazione neoliberista.

5. La società sostenibile

Ottocento milioni di persone che soffrono la fame, un miliardo e trecento milioni senza accesso all’acqua potabile, il 20% della popolazione del pianeta che consuma l’85% delle risorse: sono questi i dati del modello di sviluppo capitalistico, iniquo socialmente ed insostenibile dal punto di vista ambientale.

Perché è un modello fondato sul profitto e sulla ininterrotta produzione di sempre nuove merci per sempre nuovi bisogni, e di conseguenza totalmente indifferente al concetto di limite delle risorse, di “pianeta lasciato in prestito” dalle future generazioni, di necessità di stabilire, di necessità di stabilire collettivamente “cosa, come e per chi produrre”.

Nella fase della globalizzazione neoliberista questa aggressione alla natura arriva al punto di dichiarare la guerra globale permanente finalizzata al controllo delle risorse petrolifere del Medio oriente e nell’Asia Centrale, pur di perpetrare un modello fondato sul petrolio, energivoro ed inquinante.

Tutto diventa merce e i diritti inalienabili diventano prodotti per chi li può acquistare; le multinazionali mirano al possesso e alla privatizzazione dell’acqua, alla brevettabilità delle risorse naturali e delle specie viventi, alla subordinazione dell’agricoltura alla furia produttivista che consegna insicurezza alimentare, fame nel mondo, desertificazione o impoverimento a interi territori, invasione di organismi geneticamente modificati.

Così come i lavoratori sono trasformati da soggetti di diritto in “risorse umane”, in costante competizione tra loro, l’ambiente è trasformato in “risorsa per lo sviluppo”, legalizzando con ciò la bio-pirateria dei beni comuni non negoziabili.

“Sviluppo sostenibile” dicono oggi i cantori del mercato, fingendo attenzione all’ambiente e in realtà predisponendo la prosecuzione del modello che, non rimesso in discussione “a monte”, può moltiplicare i profitti a valle, attraverso il business del disinquinamento.

“Società sostenibile” diciamo come Attac per contrapporre al neoliberismo un modello centrato sui beni comuni inalienabili – cibo, acqua, terra, ambiente – da sottrarre a qualsiasi accordo commerciale.

Le parole hanno significati storicamente determinati e sviluppo storicamente significa il modello economico della parte ricca del pianeta, basato sul primato dell’economia, sulla privatizzazione dei profitti e sulla socializzazione degli oneri, sulla trasformazione del mondo in un unico grande mercato senza vincoli di sorta.

Ma la ricerca di un altro mondo possibile, fondato sulle garanzie individuali e sui diritti collettivi, sui beni comuni e la sovranità alimentare non può che approfondire il conflitto contro lo strapotere delle imprese transnazionali e le grandi istituzioni internazionali.

6. Riportare il conflitto nella società

Genova ha determinato la chiusura di una fase e l'apertura di un nuovo scenario. Il ciclo di contestazioni apertosi a Seattle ha operato essenzialmente sul piano simbolico riuscendo ad aprire varchi sempre crescenti nel moloch culturale neoliberista. Si è trattata di una vera e propria ferita narcisistica al pensiero unico neoliberista e alla sua presunta naturalità. La passività sociale ha lasciato il posto ad una rinnovata voglia di protagonismo e di partecipazione politica.

Attorno alla contestazione dei grandi vertici internazionali il movimento è venuto riconoscendosi ed è cresciuto, raggiungendo probabilmente con le mobilitazioni di Genova il massimo della sua espansione sul terreno della lotta ai simboli del neoliberismo. Successivamente a Roma ha dimostrato di saper reagire con forza alla spirale impressa dalla guerra e dal terrorismo e di candidarsi a un soggetto politico-sociale di indubbia rilevanza: il fatto veramente nuovo della società italiana, la nuova "anomalia" nel contesto internazionale.

Si tratta ora di capitalizzare questo successo e di individuare le strategie e le modalità di intervento nella società più adatte alla crescita quantitativa e qualitativa del movimento, privilegiando una rinnovata capacità di diffondersi nella società e aggredire quotidianamente i rapporti sociali imposti dall'ordine neoliberista.

Questo tuttavia non significa rinunciare alla lotta culturale per un mondo diverso. Il neoliberismo in questo senso è ben lungi dall’essere sconfitto. Per intensificare l'opera di delegittimazione culturale del modello economico e sociale neoliberista e delle sue istituzioni - Wto, Fmi, Banca mondiale, Nato - l'attacco ai simboli deve progressivamente lasciare il posto alla capacità di delineare i lineamenti fondamentali di un mondo diverso - fondato sulla democrazia, la giustizia e i diritti dei popoli - riprendendo lo spirito profondo del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre.

7. Un anno di autoeducazione orientato all'azione

Questa attitudine e questa vocazione di Attac possono realizzarsi positivamente attraverso campagne, proposte, iniziative:

Per la tassa Tobin

La campagna per la Tobin tax svolge una funzione paradigmatica. Si tratta di attaccare il neoliberismo in uno dei suoi cardini, il funzionamento dei mercati finanziari. Oltre gli effetti positivi immediati - stabilizzare il mercato della moneta e ricollocare una buona quantità di ricchezza per la riduzione delle sperequazioni sociali - la sua adozione contribuirebbe a ristabilire il primato della politica sull’economia. Più in generale, il successo di questa campagna dimostrerebbe che l'azione consapevole delle donne e degli uomini può cambiare il mondo, rendendolo più giusto e più equo. Sarebbe il primo passo nella direzione di una trasformazione radicale del modello economico e sociale dominante. Si spiega anche così la capacità, potenzialmente maggioritaria nella società, di raccogliere un consenso ampio e trasversale attorno ad una misura degli obiettivi circoscritti.

Contro i fondi pensione

Attac Italia si pone, su questo terreno, l’obiettivo di identificare e promuovere una campagna di lotta ai fondi pensione ed al loro impiego nella speculazione finanziaria internazionale, che contenga (come per la tassa Tobin) una proposta semplice, credibile e possibile per promuovere una redistribuzione delle risorse ed un rilancio della solidarietà tra generazioni che possa aggregare trasversalmente i soggetti sociali interessati e le forze comunque impegnate.

Per un reddito sociale

Se sui luoghi di lavoro diviene in genere estremamente difficile poter pensare, proprio per gli effetti della precarizzazione, a forme efficaci d’organizzazione dei lavoratori “atipici”, è sul territorio che può divenire possibile riconquistare per tutti una forza ed un potere contrattuale. In questo quadro Attac Italia può svolgere un ruolo centrale e fondamentale anche se ben distinto dal ruolo dei soggetti sindacali e degli organismi che sul territorio tendono ad organizzare e ad autorganizzare i lavoratori precari. L'apertura di un dibattito, e in prospettiva di una campagna, sul salario sociale o comunque di forme di sostengo al reddito degli esclusi, va in questa direzione.

Per l'Acqua e il Cibo

Per la loro centralità paradigmatica e per le capacità di attivare e connettere sullo stesso obiettivo lotte provenienti da diverse culture e differenti interessi, Attac ritiene centrale la battaglia per l’Acqua come bene pubblico dell’umanità e la lotta contro gli Organismi geneticamente modificati.

Per abolire i paradisi fiscali

Il terrorismo fondamentalista di Al Qaeda ha dimostrato in modo inequivocabile come il meccanismo attuale della finanza internazionale possa rivolgersi anche contro "il cuore dell'Impero". Lo stesso Bush ha dovuto riconoscere che per bloccare le centrali terroristiche occorre un lavoro di "intelligence" sul piano finanziario, che però è ostacolato dalle stesse regole e dalle istituzioni che il capitalismo globalizzato si è dato. I paradisi fiscali rappresentano una di queste istituzioni, utili a riciclare denaro sporco, a nascondere proventi illegali a formare fondi occulti a loro volta utilizzabili per fini illegali. Nella loro esemplare impunità rappresentano l'intreccio perverso che si è ormai creato tra economia legale ed economia "sporca". Per questo un’iniziativa duratura per la loro soppressione e per un sistema di regole trasparente e sottoposto al controllo di autorità pubblica è una delle priorità di Attac Italia

Per una campagna di pace permanente

Nel tempo della guerra globale permanente il movimento antiliberista è messo di fronte alla necessità di una vera e propria campagna di pace permanente, contro le politiche militari, gli interventi mascherati da “operazioni umanitarie”, la presenza delle basi militari Usa, Nato e italiane in decine di aree del nostro territorio. Ma anche contro il progressivo riarmo italiano ed europeo, che vede ogni anno l’aumento delle spese militari e la costruzione di sistemi d’arma sempre più avanzati e costosi, alimentate da enormi interessi commerciali e industriali. Esistono aziende italiane fortemente esposte su questo terreno - l'Alenia o la Finmeccanica, ad esempio - e un ruolo determinante lo svolgono le stesse banche (come la Banca di Roma). La stessa Tobin tax, nella sua pretesa di porsi al servizio della spesa sociale e contro le multinazionali finanziarie che si nascondono dietro il ricco mercato delle armi, ha una funzione democratica e di contrasto al militarismo economico.

ATTAC Italia
30 novembre