New economy: gli esuberi del portale Virgilio hanno scatenato la prima vertenza sindacale del Web italiano

Il mondo digitale scopre Cipputi

L’offensiva delle “tute arancioni”, simbolo della rivolta in Rete

Dopo l’arrivo di Tronchetti Provera, a Virgilio parte la “ristrutturazione” Ai dipendenti indesiderati, definiti “nominati” come nel Grande Fratello, l’offerta di buonuscita o le liste di mobilità. Finché compare sulla scena la “vecchia” Cgil...
In piazza si vedono le prime “tute arancioni”, come le pagine di Virgilio: sono il simbolo di una nuova generazione di lavoratori dell’immateriale e l’avanguardia di una lotta che si sta estendendo in altre decine di realtà investite dalla crisi

C'era una volta la net-economy

Bilanci in rosso, licenziamenti di massa, miti che crollano. C’era una volta la net (o new) economy. O meglio, c’è ancora, ma molto diversa da come ce l’avevano raccontata. Forse meno scintillante, di sicuro più interessante. Prima di cominciare questo piccolo viaggio nella realtà del lavoro immateriale e della conoscenza è però necessaria una premessa. Nel corso del 2001 Internet si è trasformato nell’immaginario comune da rivoluzione a bluff, il Nasdaq (l’indice dei titoli tecnologici di Wall Street) è sceso in picchiata, le aziende del settore tagliano e licenziano, quelli che possono se ne tornano alle precedenti attività old economy. Tutti, in tutto il mondo, si fanno la stessa domanda: possibile che la rivoluzione Internet non porti profitto? Possibile.

La semplice verità è che nel pieno della sbornia digitale sono state investite somme gigantesche, ma pochi si sono chiesti come e quando questi soldi sarebbero rientrati. Forse perché nel pianeta Internet convivono fin dall’inizio due specie professionali: la prima è quella dei pionieri, dei (più o meno) giovani entusiasti che credono alla Rete come a una vocazione, la seconda è quella dei supermanager e dei consulenti, tutta gente che di Internet capisce poco, ma crede di poter spiegare agli altri come si fa. Per questo di solito gli ambienti di lavoro sono informali e creativi, mentre alle cabine di controllo ci sono gli uomini di sempre, che magari fino al giorno prima facevano i consulenti in Fiat o gestivano i profitti dell’industria pesante. Il risultato è un miscela di dedizione e cialtroneria, visionarietà e approssimazione, un impasto che produce storie embiematiche di conflitti e cambia menti.

Il caso Matrix

Quella del portale Virgilio è la più interessante. Un portale è un Sito dotato di un motore di ricerca che offre anche informazione, servizi interattivi (posta elettronica, forum di discussione, mappe ecc.) e canali tematici per esplorare contenuti presenti in tutta la Rete. Virgilio (www.virgilio.it), creato nel 1996 dalla società Matrix, è il primo e il più frequentato portale italiano. Chiunque abbia navigato almeno una volta conosce le pagine arancioni di questo sito che rappresenta la principale risposta italiana ai portali nati negli Usa e poi importati anche da noi (Yahoo, Altavista). Milioni di contatti al giorno, servizi innovativi, una redazione con età media inferiore ai 30 anni: insomma un gioiello tutto italiano, un prodotto editoriale realizzato con passione e competenza, un modello della net economv che produce ricchezza e occupazione. Questa è la storia ufficiale dei fatti fino al novembre scorso. Poi arriva Marco Tronchetti Provera.

Attraverso la scalata Telecom il signor Pirelli acquisisce il controllo di Seat e dunque anche di Matrix. Nel frattempo le azioni Seat-Pagine Gialle hanno perso il 90 per cento del loro valore in meno di due anni. Il portale è in perdita. Subito si parla di “ristrutturazione”. Non è chiaro se Tronchetti Provera sappia come creare profitti da Virgilio, di sicuro è certo come ha pensato di limitarne le perdite (148 miliardi). A metà del novembre scorso la direzione del personale ha cominciato a chiamare uno ad uno i dipendenti di troppo: ai “nominati” (proprio così, qualcuno si è sentito dire «sei stato nominato», come al Grande Fratello) venivano offerte sette mensilità di buonuscita e dieci giorni di tempo per accettare la proposta. Altrimenti dal primo dicembre via la scrivania, via il computer, via tutto e iscrizione nelle liste di mobilità. Ma le cose non sono andate esattamente come pensavano i nuovi padroni. È successo che qualcuno ha pensato di chiamare il sindacato, il “vecchio” sindacato. Più precisamente la Filcams-Cgil, cioè la Cgil del commercio, la categoria contrattuale dei dipendenti Matrix. E così è cominciata la prima grande vertenza sindacale nell’ex dorato mondo della net economv. Dopo le prime assemblee anche i più spaventati si sono resi conto che in Italia, Berlusconi permettendo, non è ancora possibile licenziare le persone da un giorno all’altro. Al primo giro di “nominati” se ne è aggiunto un secondo alla metà di dicembre, per un totale di 114 indesiderati su 309 dipendenti, ma intanto sono partite le prime assemblee sindacali. si sono moltiplicati i luoghi di discussione reali e virtuali, si è arrivati addirittura al primo sciopero dell’era Internet in Italia, il 24 gennaio scorso: quattro ore di stop con presidio davanti alla sede di Matrix, nel cuore di Brera a Milano.

In piazza si vedono le prime “tute arancioni”, come le pagine di Virgilio: sono il sim bolo di una nuova generazione di lavoratori della conoscenza e dell’immateriale, il generai intellect, soprattutto sono l’avanguardia di una lotta che si sta estendendo in altre decine di realtà investite dalla crisi e dal taglio dei posti.

C’è anche un sito ufficiale della protesta (www.tutearancioni.org), che all’apertura mostra subito il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, su sfondo arancione, ovviamente. All’interno ci sono i comunicati stampa, le foto della manifestazione, gli animatissimi spazi di discussione e il concorso per creare il logo delle tute arancioni.

Un tempo sembrava che il sindacato non avrebbe mai messo piede nella net economv. E invece? Elena Lattuada è la sindacalista della Filcams-Cgil che ha seguito la vertenza Matrix. «All’inizio - ammette la sindacalista - mi sono sentita un po’ come una vecchia zia. Ho cercato soprattutto di spiegare cosa poteva succedere e come si poteva resistere». Ma come sono arrivati i “nominati” all’idea di rivolgersi al sindacato? «L’azienda - risponde Elena - ha deciso di colpire in modo tradizionale e i ragazzi hanno capito che occorreva rispondere con la tradizione. Infatti protestano con il sito, le mailing list e altri mezzi innovativi, ma al presidio di piazza c’erano i fischietti e i campanelli. Per la prima assemblea sindacale, Seat ha messo a disposizione la vecchia sala Borletti, oggi Telecom, sede di storiche riunioni operaie. Quasi un simbolico passaggio di consegne». Ma quanto è stato difficile portare il sindacato dentro una realtà in apparenza lontana anni luce? «La difficoltà - ammette Elena - è stata soprat tutto superare la mentalità individualistica dei giovani lavoratori net economy, fondata sui miti della professionalità e del potere contrattuale, per scoprire insieme una dimensione collettiva. Ci siamo riusciti. Al momento la situazione con l’azienda è di stallo. Molti , spesso con un nuovo lavoro già in vista, hanno accettato la proposta dell’azienda, rimpolpata di altri 4.500 euro. Restano circa 30 “nominati”. Per loro l’azienda aveva annunciato la messa in mobilità per il primo febbraio, ma non è ancora successo nulla. E adesso Seat dice di voler rilanciare il portale». La vertenza prosegue e intanto le “tute arancioni” sono ormai anche fuori da Virgilio, in tutte le realtà minacciate dalla crisi. La indossavano anche alcuni studenti al corteo contro la riforma Moratti. E ce n’erano tante anche al pink slip party che si è tenuto in un loca le milanese (negli Usa le pink slip sono le lettere di licenziamento, di color rosa). La lotta va avanti ed è anche un bel diverti mento.

La vicenda della Lanetro

Certo, c’è anche chi si è divertito meno. È il caso dei lavoratori di Lanetro, un network internazionale di siti capitanato da una società spagnola. Lanetro non era un portale, ma un database (un insieme di dati) relativo a 15 città italiane, con i principali appuntamenti culturali, i telefoni di negozi, questure, scuole e altri numeri cittadini di pubblico interesse. Quello che è successo lo raccontiamo con le parole di Stefano, uno dei lavoratori licenziati: «La nostra azienda ha chiuso improvvisamente l’1 ottobre, a meno di mezz’ora dalla fine dell’orario di lavoro. Oltre 20 persone licenziate così, senza spiegazioni evidenti, se non un offensiva scusa che tirava in ballo l’attentato di New York. Solo tre mesi prima l’amministratore delegato della società madre spagnola ci aveva rassicurato. Per loro siamo solo dei numeri, da cancellare appena iniziano ad essere poco convenienti». Questa si era già sentita, qualche anno prima della net economv. I licenziati, tutti tra i 20 e i 32 anni, non sono stati a guardare. Si sono riuniti in assemblea permanente, hanno fatto di più: hanno occupato i locali e sono rimasti a presidiarli, nonostante le visite della polizia chiamata dagli amministratori. La lotta non è stata però altrettanto fortunata di quella delle future “tute arancioni”: nessuno ha conservato il posto e di buonuscita non se ne è nemmeno parlato. Anche a Lanetro c’è stato un tentativo di coinvolge re il sindacato, sempre la Filcams-Cgil, ma stavolta i due mondi non si sono incontrati. Anzi, alla fine si sono lasciati con rancore e un reciproco scambio di accuse.

Anche Federico, 33 anni, ha lavorato a Lanetro, ma ha evitato di poco il crack. È andato via pochi mesi prima, per tornare a lavorare nella old economy, da dove veniva. In Lanetro aveva un posto di responsabilità, ma è meglio non chiedergli quali erano i suoi compiti. Non è questione di reticenza, è proprio che non sa come rispondere. «Si viveva una situazione surreale - ci racconta - il nostro modello di business cambiava ogni mese. Un giorno l’obiettivo era fare informazione locale, quello dopo si puntava sul commercio elettronico, quindi è arrivato il mito delle partnership. Bisognava cioè trovare altri siti a cui vendere i nostri contenuti. Il problema è che a un certo punto tutti hanno pensato di salvarsi così, col risultato che noi andavamo a un incontro sperando di ottenere soldi e i nostri interlocutori speravano di ottenerli da noi. Quando era chiaro che i soldi non ce li aveva nessuno finiva l’incontro».

Gli unici che oggi fanno profitti sono quelli che hanno puntato subito sul porno. «In effetti - riflette Federico - lì i vantaggi offerti dal Web sono a prova di retorica: piuttosto che metterci la faccia e andare in edicola, mi collego da casa. Non capisco invece perché dovrei visualizzare una mappa sul cellulare per sapere dove devo scendere con la metropolitana (era uno dei nostri progetti...) quando posso comodamente e gratuitamente chiedere l’informazione al primo che incontro». Se siete amanti di archeologia digitale trovate ancora i resti di questa impresa al sito www.lanetro.it.

Le strategie, dunque. Le hanno toppate in tanti. Qualcuno non si è nemmeno posto il problema, tanto il futuro era Internet, e questo doveva bastare. A WebValue, agenzia Internet di proprietà della Banca Nazionale del Lavoro, sedi a Roma e Milano, non è bastato. Purtroppo non è bastato nemmeno aderire al modello “alto” della net economy, quello fatto di giacche e cravatte e gergo ibrido italo-inglese (dal sito www.webvalue.it scopriamo che una bozza è un paper idea, il punto della situazione è un assessment e la strategia di comunicazione è la on line identity).

L’azienda era nata per realizzare progetti web “chiavi in mano” sia per la Banca che per clienti esterni. I clienti non si sono mai visti e Web Value ha chiuso in un anno esatto, senza alcun dramma del lavoro. i professionisti della nuova economia sono stati tutti riassunti e adesso sono felicemente dei bancari.


Scheda

Body rental
letteralmente corpo in prestito. lo azienda net economy presto a te, altra azienda net economy, le figure professionali di cui hai bisogno, così me le tolgo per un po’ dal libro paga. È il caporalato in giacca e cravatta.
Break even
è il momento programmato nel tempo in cui i ricavi coprono i costi dell’investimento. Stanno ancora aspettando tutti. B2B: si legge business to business e indica quei siti dove le aziende possono fare compravendita di merci e servizi.Alla vigilia della crisi il B2B doveva essere il rimedio a tutti i mali del Web. Adesso c’è l’Umts (vedi voce relativa).
HR
sigla che sta per human resources. Oggi la direzione del personale si chiama così. Di questi tempi se lavorate in una azienda net economy e sul display del telefono lampeggia il numero delle HR è meglio non rispondere.
Negroponte
Nicholas, autore di Essere digitale e guru dell’era informatica. Ai tempi belli bastava citare una sua frase per mettere a tacere ogni scettico.
Outstanding
a dirla tutta significa “fico” e indica la necessità del manager net economy di essere impeccabile nell’abbigliamento, nel linguaggio e nella comunicazione. Si fa eccezione per le competenze.
Page Views
è l’audìence di Internet, indica il numero di pagine viste dagli utenti. Oggi gli inserzionisti pubblicitari pagano circa 0,003 euro (6 lire) per ogni “contatto”.
Start-up
indica la prima fase di vita di una azienda, cioè la definizione della missione industriale, l’indicazione degli obiettivi di mercato e l’assunzione del personale. Ormai superare questa fase è per molte aziende l’unico obiettivo praticabile. Dopo si può fallire in coscienza.
Umts
è la sigla che indica i telefonini di terza generazione, quelli che dovrebbero sintetizzare in un unico apparecchio telefono, televisione e Web. Per gli ottimisti l’Umts garantirà il rilancio della net economy, per i pessimisti il suo irrimediabile affossamento.
Web Tv
chi l’ha vista?
Stefano Cappellini
Roma, 22 marzo 2002
da "Avvenimenti"