Dopo l'esito negativo della V Conferenza Wto

L'ordine non regna a Cancun!

Il fallimento del Wto cambia lo scenario politico ed economico mondiale

Cancun da The EconomistL'esito negativo della V Conferenza Wto rientrava nei pronostici della vigilia. Tuttavia, per le forme e i contenuti con cui esso si è avverato, gli eventi di Cancun assumono un significato straordinario. E' lo scenario politico ed economico mondiale ad essere profondamente cambiato. A Cancun è accaduto qualcosa di più di uno stallo provvisorio nelle negoziazioni commerciali. A Cancun è morto il Wto, la principale istituzione della globalizzazione neoliberista.

Due i fattori fondamentali che hanno condotto a questo esito. Da un lato, la forza egemonica del movimento che, attraverso un lungo lavoro iniziato con i moti di Seattle, ha screditato questa istituzione, trascinando su posizioni sempre più critiche e radicali gran parte della società civile internazionale. Dall'altro lato, il risveglio dei Paesi del Sud del mondo che, rafforzati dal nuovo volto del Brasile di Lula, hanno respinto i ricatti degli Usa e dell'Ue, non arretrando di un passo nella rivendicazione di un commercio più giusto ed eguale. A Cancun, questi due fattori si sono finalmente incontrati ed hanno cooperato nel produrre il risultato finale. Tra essi si è innescata una dinamica autopropulsiva, in cui ogni mossa dell'uno poneva le basi per la successiva mossa dell'altro. Non un incontro casuale e improvviso, come avvenne a Seattle, ma una collaborazione consapevole e reciprocamente riconosciuta, seppure nell'ambito dei rispettivi campi di azione.

Partita a scacchi

I commenti a caldo della principale stampa italiana sull'esito di Cancun sono stati di allarmato sbigottimento. Alcuni, come Rampini sulla Repubblica, hanno accusato il miope egoismo dell'Europa, altri l'inadeguatezza dei negoziatori. In realtà, per capire ciò che avviene nelle relazioni economiche internazionali occorre inforcare le lenti del Maestro di scacchi. Lo scacchista dilettante guarda solo alle singole mosse e attribuisce all'ultima di esse la causa dello scacco matto. Il Maestro di scacchi coglie invece la strategia e vede in ogni singola mossa lo sviluppo, più o meno coerente, del disegno complessivo. Per il primo l'esito della partita è un fatto causale e irrazionale, dovuto all'improvviso errore dello sconfitto o alla geniale illuminazione del vincitore. Per il secondo, invece, la logica conseguenza delle forze in campo. Il metodo del Maestro di scacchi può condurre al disastro in politica, ma funziona bene nelle relazioni economiche internazionali. Proviamo a leggere allora Cancun come il Maestro di scacchi, presupponendo, come è nella realtà, di assistere ad una partita giocata da bravi giocatori.

A Cancun si è visto quanto sia gli Usa, sia l'Ue fossero interessati a salvare il Wto, magari anche soltanto con un accordo di facciata. Su questo desiderio, nessuna differenza si è manifestata nel ristretto club dei Paesi ricchi. Certo, il salvataggio del Wto non poteva comportare il prezzo della rimessa in questione dei cardini della globalizzazione neoliberista. Perché di questo si è trattato, e non di un semplice scontro sui sussidi agricoli. Infatti, accogliere le richieste del Sud del mondo in materia di agricoltura significa riconoscere la necessità di un nuovo ordine economico internazionale, fondato sul controllo politico dei flussi commerciali e finanziari. Il gruppo dei 23 Paesi del Sud del mondo, nuovo protagonista della scena politica mondiale, non rivendica la liberalizzazione agricola, come si sforzano di far credere i neoliberisti nostrani. Il G23 ha posto il tema della sovranità alimentare come criterio fondamentale del commercio e della produzione agricola mondiale. E' il contrario del laissez faire, della fissazione di regole formali universalmente valide. E' invece la richiesta di regole commerciali differenziate tra Paesi (e tra classi sociali) con diverso livello di sviluppo e di potere economico. E' la richiesta di una regolazione politica dei prezzi mondiali per perseguire finalità economiche e sociali. Viene così colpito il cuore del modello neoliberista (e del capitalismo tout court), cioè il meccanismo di formazione dei prezzi secondo il libero gioco delle forze di mercato. Nel sistema liberista non importa ciò che sta dietro il prezzo di mercato, sia esso sfruttamento brutale, devastazione ambientale o sussidio. Ciò che conta è il rispetto di condizioni astrattamente uguali per tutti i concorrenti. Qui si è conficcata la freccia scagliata dal Sud del mondo, quando pretende regole e condizioni diversificate e più vantaggiose per i poveri e i deboli. Quando chiede la fine dello scambio ineguale che si nasconde dietro la formale uguaglianza del mercato. Questa pretesa viene avanzata oggi per l'agricoltura, ma domani potrà esserlo per tutti i settori economici. Il tenace rifiuto opposto alla pressante richiesta degli Usa e dell'Ue di liberalizzare gli investimenti esteri ne è la dimostrazione. In sostanza, l'istanza posta dal Sud del mondo è quella di una significativa ridistribuzione della ricchezza mondiale. Una parziale compensazione della rapina subita in due decenni di globalizzazione neoliberista. E questa istanza può essere soddisfatta solo negando i principi del libero mercato, solo iniziando a fuoriuscire dal dominio incontrastato del capitale globale. Di questo, il movimento è oggi, dopo Cancun, ben più conscio dei Governi del Sud del mondo.

Vince il rifiuto del liberismo

Non sono stati quindi, i conflitti tra Usa e Ue (che pure esistono e si rafforzano con la crisi economica in atto) a far fallire il Wto, a dispetto delle imperscrutabili profezie sulle contraddizioni interimperialistiche. Ma l'esplicita e diretta contestazione del neoliberismo che si è manifestata, sia pure in forme e con contenuti diversi, sia nell'assalto alla zona rossa sia nei palazzi ufficiali di Cancun. La resistenza di Usa e Ue alle richieste del Sud non deriva da un'ostinata, quanto irrazionale, difesa degli interessi particolari di poche grandi imprese agroindustriali, uniche e vere beneficiarie del sistema dei sussidi. Lasciamo ai nostalgici del "neoliberismo dal volto umano" queste superficiali e interessate analisi. Usa e Ue hanno, insieme, colto benissimo il carattere strategico dei contrasti in materia agricola. Hanno capito che cedere voleva dire minare le fondamenta dell'attuale ordine economico mondiale. Anche in quel caso, ovviamente, il Wto, che è insieme figlio e levatrice di questo ordine, sarebbe defunto. Allo stesso modo, i Paesi del G23, tra loro diversi sia politicamente che economicamente, hanno trovato compattezza e unità sull'obiettivo strategico, non sui singoli dettagli. Sugli interessi particolari i blocchi che si sono fronteggiati a Cancun sono entrambi divisi al proprio interno. Ciò che li tiene insieme è un comune interesse fondamentale, di conservazione per gli uni, di radicale trasformazione per gli altri. Qualora l'ordine neoliberista fosse sostituito da un altro, i blocchi si disgregherebbero e si aprirebbero nuove faglie e nuove fratture.

Un'istituzione non riformabile

Ora c'è chi teme, anche a sinistra, che il collasso del Wto possa aprire una stagione di anarchia economica internazionale, analoga a quella degli anni Trenta. Viene agitato, come uno spettro, il tema del bilateralismo nelle relazioni commerciali. Si dimentica però che il Wto non è stato affatto un sistema democratico di relazioni multilaterali tra pari, ma uno strumento di dominio del grande capitale globale sui popoli del mondo. Nel corso della sua breve esistenza, gli accordi bilaterali e interregionali si sono moltiplicati come funghi, in dimensioni mai sperimentate in passato, e sono stati usati per imporre a tutti ciò che si era già imposto ai più deboli. Attenzione ora a non cadere nel tranello, già lanciato dal Commissario Ue al commercio, Pascal Lamy, della riforma del Wto. Il successo delle forze antiliberiste a Cancun ha risolto con i fatti il dibattito interno al movimento e alle Ong sulla riformabilità di queste istituzioni. Un nuovo e più giusto ordine economico internazionale, multilaterale e democratico, passa per l'affondamento del Wto e delle altre organizzazioni economiche internazionali, come il Fmi e la Banca Mondiale. Così come passa, in Europa, per l'abbattimento di Maastricht e del Patto di stabilità. Questo è ormai il livello dello scontro mondiale. Al movimento e alle forze dell'alternativa si pone, oramai storicamente e non più solo in termini accademici, il compito di pensare e di praticare un nuovo modello di economia e di società. A livello globale, e non più, come nel Novecento, a livello nazionale. Per dirla in termini classici: hic Rodus, hic salta!

Andrea Ricci
Cancun, 20 settembre 2003
da "Liberazione"