Parla Ahmed Sheikh, direttore della tv satellitare del Qatar

Al Jazeera: «Pronti ad intervistare Berlusconi»

Time magazine ha messo i fondatori di Al Jazeera nell'ambita lista delle personalità più influenti dell'anno

Time magazine ha messo i suoi fondatori nell'ambita lista delle personalità più influenti dell'anno ma, dalle nostre parti, l'emittente satellitare araba lanciata nel 1996 dall'emiro di un piccolo e ricco stato petrolifero, il Qatar, è guardata con sospetto. Si accusa Al Jazeera di essere di parte o, peggio, di prestare la propria potente voce, che ormai raggiunge ogni angolo del pianeta, agli oscuri interessi del terrorismo globale. Come reagisce l'emittente a queste accuse? Per saperlo abbiamo contattato il direttore Ahmed Sheikh, originario di Nablus in Palestina, che da qualche mese è alla guida del canale satellitare.

In Italia la vostra decisione di mandare in onda l'assassinio del leader di Hamas, Abdalaziz Al Rantisi, e di oscurare l'esecuzione dell'ostaggio italiano ha suscitato molte polemiche. Siete stati accusati di difendere gli assassini …

L'uccisione di Rantisi è stata l'assassinio politico del leader di un movimento di resistenza, Hamas, che lotta per la libertà del proprio paese. Quattrocchi era un uomo comune che lavorava per una compagnia di sicurezza. E' stato catturato dai suoi rapitori, tenuto in ostaggio e poi ucciso a sangue freddo. Al Rantisi era una figura pubblica, un leader politico, un combattente e non un privato cittadino. Come si possono confondere le due cose? Nel primo caso è diritto e dovere di un giornalista mostrare la cronaca degli eventi, nel secondo caso si tratta di un privato che ha diritto alla sua privacy, e per questo abbiamo deciso di non mandare in onda il suo omicidio, nel rispetto dei sentimenti della sua famiglia e della dignità della persona. Il fatto di non comprendere questa differenza è incredibilmente poco professionale, così come le domande che mi sono state rivolte in questi giorni dai giornalisti italiani. Non credo di essermi mai imbattuto in una tale mancanza di professionalità…

La decisione è stata motivata quindi solo da considerazioni umanitarie…

Era una visione orribile che avrebbe profondamente ferito i sentimenti della sua famiglia e dell'opinione pubblica. Sono stato davvero stupito del fatto che alcuni giornali come Repubblica e Corriere della Sera, invece di ringraziarci per il nostro tatto, abbiano cominciato ad attaccarci come se volessimo in qualche modo coprire gli assassini dell'ostaggio. E'un'insinuazione odiosa che considero indegna di un professionista dell'informazione. Quello che è stato scritto è davvero falso. Non abbiamo mai pensato di proteggere la reputazione dei rapitori: questa è una calunnia inaccettabile. Abbiamo semplicemente pensato che sarebbe stato orribile per i familiari assistere a una scena del genere.

Nel secondo caso l'accusa è semplicemente ridicola. Avremmo mostrato l'omicidio di Rantisi per rovinare l'immagine di Israele? E' ridicolo. Da queste parti nessuno s'illude su Israele: è uno Stato terrorista che utilizza l'omicidio politico normalmente, e che non si fa scrupolo di uccidere civili innocenti. Se Repubblica o il Corriere della Sera sono pro-Israele e vogliono difendere a ogni costo l'immagine di questo paese è una loro scelta, ma non possono pensare di interferire con le nostre decisioni su ciò che mandiamo o non mandiamo in onda. Semplicemente non sono affari loro. Noi siamo indipendenti, siamo liberi e decidiamo liberamente.

Time magazine ha messo i fondatori di Al Jazeera fra le persone più influenti del mondo. Che ne pensa?

Ovviamente siamo molto gratificati dal fatto che una rivista internazionale dell'importanza di Time Magazine ci abbia dato questo riconoscimento. Ritengo che abbia ragione: malgrado Al Jazeera sia un canale in lingua araba, la sua influenza è diventata internazionale o forse perfino globale. Siamo molto orgogliosi di questo prestigioso riconoscimento.

Quanti abbonati avete?

Non abbiamo abbonamenti perché Al Jazeera è gratis sul satellite, ovunque nel mondo. Comunque, secondo una delle ultime stime, ogni giorno dovremmo avere fra i 30 e i 40 milioni di spettatori, sommando sia quelli nei paesi arabi che quelli nelle comunità sparse ovunque nel mondo.

E' vero che le registrazioni di alcuni talk show vengono vendute al "mercato nero"?

Sì, è vero. Circolano parecchie videocassette dei nostri talk show più controversi, soprattutto in quei paesi dove vige ancora la censura.

Quale tipo di rapporti avete con grandi network occidentali come la Cnn o la Bbc?

Abbiamo da molto tempo degli accordi di collaborazione sia con la Cnn che con la Bbc anche se, ovviamente, è una cooperazione fra concorrenti.

E con i leader occidentali, che rapporto c'è?

Noi siamo un'organizzazione indipendente e non apparteniamo a nessuna parte, ma siamo convinti che ogni parte debba avere l'opportunità di esprimere la propria opinione. Oggi gli americani stanno occupando l'Iraq: i loro rappresentanti tengono delle conferenze stampa, concedono delle interviste e via dicendo. Noi raccogliamo le loro opinioni e le mandiamo in onda. Perché loro, anche se sono una forza di occupazione, sono una delle parti in causa, e non possiamo certo decidere di non ascoltarli o di censurarli perché disapproviamo quello che stanno facendo. Sono in Iraq, dobbiamo far conoscere quello che pensano. Del resto, quando alcuni importanti uomini politici, come Tony Blair o Condoleezza Rice, hanno chiesto di apparire li abbiamo mandati in onda ben volentieri. Se domani Berlusconi volesse darci un'intervista, noi saremmo felicissimi di ospitarlo. E' un invito ufficiale: sarebbe davvero il benvenuto. Del resto non abbiamo avuto alcuna esitazione a trasmettere l'appello dei familiari degli ostaggi che ancora sono in Iraq. Noi siamo liberi, aperti a tutti e a tutte le notizie. Non abbiamo un'ideologia, non rappresentiamo una parte, né un partito politico, né un paese. Crediamo fermamente nella libertà di parola e di espressione, e crediamo che ogni essere umano, comunque la pensi, abbia il diritto di conoscere e di capire così come di esprimere la propria opinione, liberamente, senza nessun tipo di pressione.

Questa impostazione vi ha creato notevoli problemi anche con molti paesi arabi...

Sì, effettivamente. Abbiamo avuto problemi in passato e li abbiamo ora. Le basti pensare che il nostro corrispondente in Sudan sta scontando un mese di prigione a Khartum, dove il nostro ufficio è stato chiuso e siamo stati costretti a smettere di lavorare. Ma queste cose non ci spaventano: non comprometteremo mai la nostra integrità editoriale e non permetteremo mai a nessuno di metterla in discussione.

E con il vostro governo? Quale è il vostro tasso d'indipendenza considerando che avete sovvenzioni statali?

Abbiamo con il governo del Qatar più o meno lo stesso tipo di rapporto che la Bbc ha con il governo britannico: ricevono finanziamenti pubblici ma conservano la propria indipendenza. Anche noi siamo sovvenzionati dal governo ma, anche da noi, il governo non interferisce con la politica editoriale del network. Nessuno, dall'emiro più anziano al più giovane funzionario, tenta di impostare o di influenzare in qualche modo la nostra politica editoriale.

Sabina Morandi
Roma, 21 aprile 2004
da "Liberazione"