Nota sulle attuali vicende “tibetane”

Tibet e strumentalizzazioni politiche

Contraddizioni ed errori compiuti non consentono di liquidare la vicenda “Tibet”con lo slogan del “genocidio culturale” che è ridicolo prima ancora che palesemente falso.

Tibet

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Il carattere strumentale e politico-propagandistico dell’attuale vicenda tibetana è palese non solo per la concomitanza con una serie di altri avvenimenti politici internazionali, ma anche perché tale “mobilitazione” ideologica avviene contemporaneamente al sostanziale silenzio verso tragedie ben più grandi e gravi : da quella della così detta “Striscia di Gaza”, in Palestina, (… il più grande, per estensione e numero d’internati, “LAGER” mai esistito/organizzato! …) all’orrore iracheno, per non tralasciare il groviglio del Kosovo, l’Afghanistan, lo sterminio, continuo, di centinaia di migliaia di “neri” africani per fame, malattie, repressioni, guerre etnico-tribali, spesso (… o quasi sempre! ..) fomentate dai campioni dei “Diritti umani” del “libero e liberista” occidente!
Tutto ciò mentre negli USA si “discute” (… non al bar o in qualche segreta stanza del Pentagono! Ma al “Congresso”, cioè in Parlamento ! …) sul livello “legale” della tortura e il Presidente di quella che viene definita, non a scapito del senso dell’humour, la più grande e robusta “democrazia”, pone il “Veto” all’esclusione del, udite bene (!), “soffocamento progressivo da immersione nel liquido”! Tutto quanto sopra non è segreto, è noto e l’opinione pubblica ne è abbondantemente, se non quotidianamente, informata.

Ma veniamo al Tibet! Questo territorio appartiene, formalmente, al “Celeste Impero” (… così i cinesi chiamavano il proprio paese fino al 1911! ..) fin dalla prima metà del XVIII° secolo in qualità di “soggetto tributario”.
Nell’epoca dell’espansione colonialista-imperialista il Tibet finì nell’area d’ influenza britannica (1906 accordo, sponsorizzato dalla Francia in funzione antigermanica, fra Gran Bretagna e Impero zarista Russo sulla delimitazione delle zone d’interesse in Asia, dal Caspio all’estremo oriente! …) e il rappresentante diplomatico di Londra divenne l’ “unico” straniero ammesso a Lahsa.
Il Tibet era, allora, un paese dominato da una casta “sacerdotale” (… i “monaci buddisti”, appunto! …) totalmente parassitaria che viveva, certamente in grande “spiritualità” (!?!), sul lavoro di una massa di popolazione “servile” cioè, praticamente, schiavi ! Inutile dire che non esistevano scuole, ospedali, infrastrutture, ecc…
La condizione femminile era tale da renderla di difficile descrizione: praticamente le donne erano considerate alla stregua del bestiame (i famosi yak!).
E’ noto l’ “interesse” del Terzo Reich nazista per la “spiritualità” buddista di rito tibetano! Un bel film di qualche anno fa ha ricordato/ricostruito il viaggio di una delegazione di ufficiali delle “S.S.” a Lahsa, poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale (1939). La collaborazione del “buddismo” lamaista con i, non propriamente gentili, “occupanti” giapponesi in Manciuria negli anni trenta e durante l’ultima guerra mondiale è fatto storico noto ed acquisito!

Un altro bel film, non fatto dal Partito Comunista Cinese, ma da un prestigioso regista italiano, mostra, sia pure incidentalmente, quel rapporto di collaborazionismo; mi riferisco, evidentemente, al film “L’ultimo imperatore”!
Dopo la vittoria della rivoluzione cinese (1949) il nuovo governo di Pechino, fra le varie incombenze, ebbe anche quella di assicurare l’integrità territoriale cinese e nel 1950 il Tibet venne riunificato allo stato cinese nel quadro della Repubblica Popolare che riconosce, formalmente, l’”autonomia” delle varie minoranze etniche che vivono in quello sterminato paese (grande quanto l’intera Europa, dall’Atlantico agli Urali!).
Infatti la bandiera della R.P.di Cina mostra “cinque” stelle, ognuna, appunto, simboleggia una distinta e riconosciuta entità nazionale (cinesi Han, mongoli, manciù, tibetani, ecc…).
Dal 1950 in poi in Tibet si è andata a compiere un’operazione di modernizzazione economica-sociale che ha aumentato la popolazione tibetana e che ha rotto, progressivamente, l’isolamento del paese dal resto del mondo (come invece era all’epoca del dominio dei Dalai Lama!) ; in sintesi il Tibet è stato riportato sul pianeta Terra! Tutto ciò non significa, evidentemente che contraddizioni, errori non siano stati compiuti, ma liquidare la vicenda con lo slogan del “genocidio culturale” è ridicolo prima ancora che palesemente falso!

Si deve tener presente, a mio giudizio, che la scelta strategica compiuta dalla leadership cinese, in questi ultimi decenni, di privilegiare radicalmente lo sviluppo delle “forze produttive”, attraverso un accelerato processo d’accumulazione capitalistico, guidato e controllato dall’autorità politico-statuale centrale, ha creato le condizioni per una eccezionale crescita economica e sociale di cui ha beneficiato anche il Tibet, ma in un tale quadro di riferimento di così spinto “pragmatismo” è altrettanto evidente l’indebolirsi dei principi “socialisti”, “internazionalisti” che non possono non avere riflessi negativi sulla solidarietà fra soggetti etnico-nazionali diversi.
Tuttavia non dovrebbe sfuggire a nessun osservatore, minimamente onesto, il dato di fatto che a quasi “sessant’anni” dall’inserimento del Tibet nel quadro della Repubblica Popolare Cinese esistono decine di monasteri con “migliaia” di monaci, segno che non si è verificata nessuna volontà di liquidare l’identità tibetana!
Altra cosa è, evidentemente, l’ingerenza di una “chiesa”, di una struttura gerarchica ecclesiastica, sia essa buddista, islamica o cristiana negli affari politici pertinenti allo Stato!
E’ un principio che anche per noi italiani dovrebbe essere considerato importante! Infine riguardo alle “parole” moderate e razionali pronunciate pubblicamente/ufficialmente del Dalai Lama si deve, quanto meno, dubitare sull’effettiva coerenza fra ciò che viene pronunciato e ciò che si indica o si ordina!

Alessandro Leoni (Comitato Politico Nazionale del Prc)
Firenze, 19 marzo 2008
www.resistenze.org