L'avvio
di un anno nuovo è per tutti tempo di bilanci e di progetti. Questa
consuetudine diventa oggi un'esigenza irrinunciabile dentro il movimento,
in particolar modo se si condivide l'idea secondo la quale siamo ormai
entrati in una nuova fase che necessita urgentemente di una discussione e,
possibilmente, di una sintesi collettiva.
Indico quelli che, a mio parere, sono le caratteristiche e gli eventi
che hanno maggiormente segnato gli ultimi mesi e le priorità che stanno
davanti a noi.
- L'impatto del movimento sulle società occidentali, e non solo in
Italia, è stato, in questi ultimi anni, di enorme ampiezza: ha evidenziato
non solo l'ingiustizia, ma anche l'insostenibilità dell'attuale modello di
società; ha elaborato e divulgato proposte alternative, concretamente
realizzabili, nei più disparati campi dell'agire umano; ha contribuito in
modo decisivo a determinare la crisi dell'egemonia culturale del
liberismo; ha reso possibile la formazione, in particolare tra le nuove
generazioni, di immaginari collettivi autonomi dal sistema di valori
attualmente dominante; ha costruito una rete mondiale di decine di
migliaia di realtà in grado di definire obiettivi e campagne comuni ed al
tempo stesso di preservare la propria autonomia e la propria specificità.
- L'identità collettiva si è formata principalmente attraverso la
partecipazione ad alcune grandi battaglie globali: l'impegno e la ricerca
attorno a nuove forme di democrazia capaci anche di travalicare i limiti
della sovranità nazionale e quindi di contrapporsi al potere illimitato
delle principali istituzioni liberiste quali il Wto, la Banca Mondiale e
il Fondo Monetario Internazionale; le campagne contro i brevetti e le
politiche sanitarie dominate dal monopolio delle grandi case
farmaceutiche; la difesa dei beni comuni, prima di tutto l'acqua e quindi
l'istruzione e la sanità, sottraendoli alle politiche di privatizzazione;
la denuncia del protezionismo agricolo degli Usa e dell'Ue che condanna
milioni di persone a soffrire la fame non solo nel sud del mondo.
L'insieme di queste pratiche di attivismo ha costituito il fertile
retroterra nel quale si è sviluppato il movimento per la pace,
protagonista della più grande mobilitazione che l'umanità abbia mai
prodotto.
- L'enorme consenso raccolto nell'opinione pubblica mondiale non ha
potuto fermare la guerra. Lo sbandamento prodotto dalla consapevolezza dei
limiti della nostra azione, almeno nei tempi brevi, è stato solo
parzialmente recuperato dalla seppur importantissima vittoria conseguita a
Cancun contro il Wto. L'evidente impossibilità di raggiungere risultati
definitivi a livello globale rende necessario riversare nei territori
locali l'immensa forza accumulata in questi anni con l'obiettivo di
ottenere alcune concrete e visibili vittorie, seppure parziali. Sono
almeno due le ragioni di questa urgenza: offrire una concreta e tangibile
esperienza di cambiamento alle popolazioni del sud del mondo proponendo
quindi il movimento come alternativa insostituibile al terrorismo;
trasformare il consenso culturale e d'opinione, che circonda il movimento,
in pratiche sociali ed in cambiamento politico nei Paesi occidentali.
- E' quindi prioritaria la necessità di raccogliere le molteplici
anime del movimento attorno ad alcune mirate e selezionate campagne
nazionali ed europee. Campagne con obiettivi specifici e dichiarati, la
cui efficacia sia valutabile nel tempo e che, senza mortificare l'impegno
specifico di ogni singolo gruppo, costituiscano il terreno comune d'azione
e di qualificazione del movimento. Dobbiamo avere la capacità di
articolare anche su obiettivi nazionali, concreti e, almeno parzialmente
raggiungibili, le iniziative contro la guerra lanciate dalle associazioni
pacifiste statunitensi. Sarebbe, ad esempio, opportuno costituire una
piattaforma in grado di indicare un terreno comune d'azione verso, ma
anche dopo, il 20 marzo: il ritiro dei militari dall'Iraq e
dall'Afghanistan, la difesa del diritto del popolo Palestinese ad avere un
proprio Stato, l'inserimento del rifiuto della guerra nella futura
convenzione europea (il fallimento del semestre italiano ci permette di
guadagnare tempo per rilanciare tale obiettivo), ma anche il taglio delle
spese militari, l'obiezione fiscale, le sperimentazioni di piani
territoriali condivisi con le forze sindacali (o sui quali incalzare i
sindacati) di riconversione produttiva delle fabbriche d'armi, ad esempio
a Brescia (o anche quest'anno ci limiteremo all'ormai periodica
manifestazione contro Exa, la mostra delle armi leggere?), il rilancio
della campagna contro le banche armate….
E' necessario pensare ad una molteplicità di pratiche in grado di
essere poste in atto dal maggior numero di persone possibile e non solo
dalla parte militante del movimento, alla quale compete un ulteriore
fondamentale compito: avere la fantasia per attivare iniziative di
disobbedienza nonviolenta capaci di raggiungere obiettivi concreti e allo
stesso tempo di allargare, e non di restringere, il consenso.
Una simile articolazione sarebbe necessaria non solo nell'impegno
contro la guerra, ma in tutte quelle campagne che, a mio parere,
dovrebbero costituire le priorità del movimento nei prossimi mesi: la
lotta contro la privatizzazione, comunque camuffata, dell'acqua; l'impegno
per i diritti e la cittadinanza degli immigrati e la battaglia per la
democrazia nella società e nei luoghi di lavoro.
- Nelle lotte della popolazione di Scanzano e in quelle dei lavoratori
dei trasporti vi è l'eco delle speranze e della dignità riaffermatesi, in
questi ultimi anni, attraverso la presenza del movimento dei movimenti.
Spetta ora ai protagonisti di queste importanti esperienze, ma anche a
tutti noi, avere la capacità di generalizzarne gli obiettivi: dal rifiuto
di un qualunque ritorno al nucleare, alla difesa del trasporto pubblico e
delle condizioni di vita materiali dei lavoratori. Le grandi
manifestazioni per la difesa delle pensioni, la pervicace vertenza della
Fiom, la mobilitazione contro la legge Gasparri e le purghe televisive
governative, fino all'ampia opposizione al disegno di legge proibizionista
proposto da Fini sulle droghe, mostrano una società non pacificata,
disponibile a mobilitarsi lì dove le grandi parole d'ordine, lanciate dal
movimento a livello globale, s'intrecciano con obiettivi concreti,
materiali e facilmente individuabili a livello di massa. Tutto ciò
costituisce una riserva di energia infinita; è necessario prestare la
massima attenzione per evitare ogni rischio di autoreferenzialità e
orientare tutte le nostre forze alla costruzione della massima unità
possibile attorno ad obiettivi precisi e radicali.
Infatti non dobbiamo offrire alcun alibi, dietro il quale celare il
proprio dissenso, a chi dovesse scegliere di sottrarsi ad un percorso
condiviso. E' questo lo strumento fondamentale per fare emergere
l'ambiguità dell'area moderata del centrosinistra quando cerca di
collocarsi strumentalmente dentro il movimento pur essendo molto lontana
da posizioni antiliberiste. Dobbiamo operare perché le differenze siano
evidenziate pubblicamente in modo tale da permettere ad ognuno di compiere
le proprie scelte in modo consapevole.
- La ricerca di tale chiarezza non ci deve impedire di continuare ad
applicare la nostra principale regola: la radicalità nell'unità. Questa
strategia va praticata anche nei confronti ad esempio della Cgil
evidenziandone quello che, anche alla luce della firma pre-natalizia del
contratto dei lavoratori dei trasporti pubblici, sembra essere un doppio
binario: una linea politica avanzata ed in sintonia con il movimento, ad
esempio contro la guerra e la presenza di truppe italiane in Iraq, ed una
linea sindacale moderata, alla costante ricerca dell'unità d'azione con
Cisl e Uil.
Anche alla luce di queste considerazioni assume fondamentale importanza
la costruzione di ambiti unitari d'azione sui temi condivisi, come fu, la
scorsa primavera, il comitato Fermiamo la Guerra. Spetterà poi a noi, a
tutti coloro che ritengono ad esempio che nell'epoca odierna la guerra non
sia un'incidente della Storia, ma parte integrante dell'attuale fase della
globalizzazione, evidenziare le contraddizioni di chi reputa ancora
possibile una gestione dolce dell'attuale sistema liberista.