Porto Alegre, V Forum Mondiale

Il messaggio di Porto Alegre

Far fronte al rischio di perdere alcune tra quelle caratteristiche fondamentali che hanno permesso al movimento di raggiungere l'ampiezza e la forza evidenziate in questi ultimi anni.

Porto Alegre

Il V Forum Sociale Mondiale segna una svolta nella storia del movimento antiliberista; a Porto Alegre in questi giorni giunge a conclusione un percorso iniziato circa due anni fa e che ha avuto come tappa miliare lo scorso gennaio l'appuntamento di Mumbai. Il movimento ha definitivamente concluso la sua prima fase. Ha raggiunto dei risultati importanti ma ha anche subito delle battute d'arresto. Siamo riusciti a porre al centro del dibattito politico-mediatico la critica alla globalizzazione e alle sue istituzioni economico-finanziarie che oggi non sono più degli oggetti misteriosi, sconosciuti alla quasi totalità della popolazione. Abbiamo saputo raccogliere attorno ad alcune delle nostre più qualificate battaglie: il rifiuto della guerra, l'accesso ai farmaci per il sud del mondo, la lotta alla fame e alla povertà… la maggioranza delle opinioni pubbliche, almeno nell'emisfero occidentale. Non siamo invece stati capaci di tradurre questo consenso in risultati concreti: non abbiamo fermato la guerra, non abbiamo ridotto le distanze tra il nord e il sud del pianeta...

Il rischio oggi estremamente attuale è che si rompa quella formidabile convergenza che, da Seattle a Genova, ha permesso a molte realtà sociali, differenti per storia e per cultura, di scoprire la condivisione di molte aspirazioni, speranze e concrete progettualità. In assenza di risultati tangibili, ognuno può essere spinto a ricercare nel proprio specifico quelle conferme e quelle soddisfazioni delle quali chiunque, individuo o collettività, ha necessità. Lo specifico può essere il rinchiudersi nel proprio particolare campo d'azione, o può essere il ritorno a forme di lotta escludenti, non capaci di mantenere la parte più politicizzata del movimento in stretta relazione con ampie fasce di popolazione non militante.

In tal modo si rischierebbe di perdere alcune tra quelle caratteristiche fondamentali che hanno permesso al movimento di raggiungere l'ampiezza e la forza evidenziate in questi ultimi anni.

La scelta di trasformare la natura stessa del Forum di Porto Alegre cerca proprio di rispondere a questi rischi; non più il Forum come semplice spazio aperto ad ogni confronto ma invece un ambito di discussione finalizzato ad individuare le priorità e a lanciare l'organizzazione concreta di campagne. Non si tratta di una lista di eventi, né di un calendario di manifestazioni o di iniziative, ma di campagne da programmare nei tempi, da dichiarare precedentemente nei risultati attesi, da pianificare prevedendo la possibilità di una partecipazione e di un protagonismo di massa. Gestire una vertenzialità senza diventare prigionieri del gradualismo o dell'illusione di poter riformare e dirigere l'attuale modello di questa globalizzazione, ma anzi rivendicando la radicalità delle proposte come l'unico percorso possibile. Se in questa prima fase si è mostrata essenziale la politicità dei movimenti latini - europei e sudamericani - oggi a questa deve affiancarsi la pragmaticità anglosassone nell'organizzazione delle campagne.

Già dai primi giorni del Forum emergono con chiarezza quelle individuate come prioritarie: la cancellazione del debito, a cominciare dai Paesi colpiti dallo Tsunami; la difesa dei beni essenziali, innanzitutto dell'acqua; la lotta alla povertà anche attraverso una tassazione sulla vendita delle armi e dei prodotti derivanti dagli idrocarburi fortemente inquinanti e sulle transazioni finanziarie speculative; il rifiuto d'inserire i servizi sanitari e formativi negli accordi Gats nel prossimo round del Wto previsto per dicembre e quindi la riaffermazione della salute e del sapere come diritti; l'opposizione ad una segmentazione sempre più esasperata del mercato del lavoro, che produce flessibilità selvaggia, povertà e distruzione ambientale e, non certo ultima, l'opposizione alla guerra preventiva, in Iraq come in ogni parte del mondo.

Gli ultimi due giorni del Forum saranno dedicati alla declinazione di queste campagne in obiettivi concreti e raggiungibili; una tale sistematizzazione è fondamentale, soprattutto per i movimenti dell'emisfero nord che non possono limitarsi a dispensare solidarietà alle lotte del sud del mondo e a gioire per le vittorie, seppure parziali, che ad esempio in America Latina non sono mancate.

La maturità dei movimenti brasiliani ci mostra come tali obiettivi non si modificano in base al governo in carica; nessuno può invocare il silenzio delle lotte sociali per non disturbare il manovratore. Ma nel medesimo tempo, nemmeno la più dura delle critiche deve suscitare confusione tra una situazione di scontro frontale con un governo liberista e reazionario - quale era in Brasile il governo Cardoso - e la dialettica con il governo Lula. Infatti, pur tra differenze anche significative, rimane la comune appartenenza alla storia dei movimenti popolari di massa. D'altra parte, fu proprio il leader del Pt ad affermare, qui, a Porto Alegre, all'indomani della propria elezione, rivolgendosi ai leader dei movimenti sociali: «Ora che avete un presidente operaio, non rinunciate a nessuna delle vostre battaglie, devo sentire sempre al mio orecchio la vostra voce, perché dall'altro lato risuonerà forte quella della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale».

Una Porto Alegre quindi che propone temi più che attuali anche per tutto il movimento italiano, che, se non mostrerà la capacità di compiere in tempi brevi il salto qualitativo necessario, ha forti possibilità di tradurre in realtà i rischi prima evidenziati.

Una Porto Alegre forse non a caso ignorata quasi completamente da tutte le aree del centrosinistra moderato, convinte, a torto, di aver ormai concluso la partita con il movimento e di poter velocemente archiviare come un inciampo della Storia questi ultimi cinque anni.

Vittorio Agnoletto
Porto Alegre, 29 gennaio 2005
da "Liberazione"