Scajola ha fatto affermazioni gravissimi
e poi si autosmentisce

Scajola dica ora la verità

L'opinione di Rifondazione Comunista

genova polizia Ora Scajola deve parlare. Non è chiaro cosa abbia spinto il ministro dell'Interno, di ritorno dalla Spagna, a fare dichiarazioni tanto inquietanti quanto sibilline. In ogni caso, ora il governo deve dire subito quello che non ha detto dopo il G8. Le parole di Scajola aprono nuovi inquietanti interrogativi perché è difficile credere che si riferisse solo al rischio di attentati terroristici. Non è la prima volta, prima e dopo l'11 settembre, che il pericolo terrorista viene richiamato per giustificare le straordinarie misure di sicurezza assunte in quei giorni. Rimane del tutto assurdo investire cifre pazzesche, blindare una città, bloccare qualsiasi mezzo di trasporto, militarizzare mari, terre e cieli quasi per una guerra solo per far riunire otto capi di stato che si assumono un ruolo nel mondo del tutto illegittimo, e per altro per non decidere un bel niente. Ma, fermo restando ciò, nessuno ha mai contestato al governo le misure di sicurezza. Quello che invece, ancora da tutto il mondo, si rimprovera a governo, G8, polizie, è la repressione drammatica messa in atto contro il movimento, che ha prodotto violenze inaudite e ucciso un ragazzo di 23 anni. Scajola ha detto cose gravissime: nessuna emergenza può giustificare l'ordine di sparare. Ed è evidente che, se questo c'è stato, non centra nulla con i terroristi che, nel caso, chiedono altri tipi di misure. D'altra parte Scajola fa riferimento a un eventuale sfondamento della zona rossa e alla morte di Carlo Giuliani, due riferimenti che spingono nella interpretazione di un ordine di sparare contro i manifestanti.

I tanti perchè ed i lati oscuri dei fatti di Genova

Sulle responsabilità di governo, G8 e polizie, per i fatti di Genova non abbiamo bisogno di insistere. E non è necessario ricordare i tanti punti oscuri nella ricostruzione di quei fatti anche dopo il comitato di indagine parlamentare. Ma persino i particolari, che proprio noi di Rifondazione comunista abbiamo faticosamente ricostruito e denunciato in quel lavoro del comitato, assumono oggi un altro significato.

  1. Dalle relazioni dei carabinieri avevamo contato 15 colpi di pistola che essi stessi scrivevano di aver sparato, cui vanno aggiunti quelli che hanno ucciso Carlo e quelli della polizia (sicuramente almeno in un episodio di piazza): quelle tante "iniziative individuali" che erano state accreditate come l'esito imprevedibile di una situazione caotica e particolarmente difficile vanno dunque lette come l'esecuzione di ordini?
  2. La morte di Carlo Giuliani sarebbe rientrata nel quadro prima richiamato: violenze e caos dovunque, gli uomini delle forze dell'ordine in piazza dalle quattro del mattino, inesperienze e paure, mancanza di coordinamento fra polizia e carabinieri, camionette che erano senza radio, poi radio che invece c'erano, aiuti che non si capisce perché non siano stati forniti dai contingenti presenti a pochi metri dalla camionetta, eccetera. Il comandante dei carabinieri si affrettò nel comitato di indagine a parlare di legittima difesa del carabiniere che ha ucciso Carlo; qualcuno gli ha pure dato ragione. La ricostruzione dei fatti e i punti di domanda ancora in campo hanno poi smentito questa sentenza premeditata. Ora, semmai si può sentenziare in modo contrario: non può esserci stata nessuna legittima difesa, perché se si ammette di aver dato l'ordine di sparare, vuol dire che il clima e le disposizioni erano da sempre di un certo tipo. E, a tal proposito, l'indagine amministrativa disposta dal ministro Scajola per le cariche a freddo di via Tolemaide che hanno portato fino a piazza Alimonda, che fine ha fatto? Che esito ha dato?
  3. E' chiaro che neanche Scajola al comitato di indagine parlamentare ha detto quanto sapeva, come è chiaro che egli ha mentito all'incontro con il Gsf dopo i fatti di Goteborg, quando dichiarò: «Finché io sarò ministro nessuno sparerà in piazza»; ora deve spiegare.
  4. Fra le carte non secretate consegnate dal comandante della Guardia di Finanza ai membri del comitato di indagine stranamente c'era un documento con la scritta "riservato", che sembrava finito in quel dossier quasi per errore. Fra i fascicoli, invece secretati, consegnatici dai servizi segreti, quel documento, trovato vicino a palazzo Chigi dalla Digos più di due mesi prima del G8, era stato valutato come infondato: scritto da persona colta e informata - scrivevano i servizi - ma per depistare, fornendo informazioni non corrette. Anche quel documento può ora essere letto in altro modo, alla luce dei nuovi interrogativi che è necessario porsi. Esso era stato scritto infatti diverse settimane prima del G8, prima che in qualsiasi sede ufficiale si parlasse in modo definitivo delle misure di sicurezza cui si faceva lì riferimento; riportava episodi riferiti da "fonti fiduciarie", cioè infiltrati in riunioni e, soprattutto, criticava pesantemente la strategia delle forze dell'ordine perché, diceva, sicuramente avrebbe determinato il morto. Come spiega oggi il governo quel documento? Altro che legittima difesa!
  5. Difficile ritenere, se mai qualcuno ci ha creduto, che il massacro alla scuola Diaz sia stato il frutto di errori e combinazioni di singole responsabilità. Il ministro Scajola quella notte non rispose a una mia telefonata tramite batteria del Viminale. Successivamente sostenne di aver saputo dopo ore che "l'operazione di polizia" era stata compiuta. Ora che ci dice? Dopo quanto dichiarato l'altra sera, può ancora dire un ministro di non essere stato informato in tempo reale di ogni cosa?

Il centro sinistra ha, di fatto, salvato Scajola

Da subito chiedemmo le dimissioni dei responsabili principali di quelle violenze del G8, dal capo della polizia al ministro dell'Interno. Ci permettiamo di ricordare che la preoccupazione del centro sinistra, in quei giorni, di salvare De Gennaro, ha di fatto "salvato" anche Scajola. Quella richiesta è ancora politicamente più valida: in tutto il mondo ancora si parla di quei giorni, da luglio non c'è settimana in cui non si svolga un'affollata assemblea, in Italia e in Europa, per chiedere giustizia per i tanti giovani massacrati a Genova. Naturalmente la magistratura dovrà fare la sua parte, ma ci deve essere anche una giustizia politica. I ministri del governo Berlusconi e i responsabili delle forze dell'ordine hanno diretto e gestito in prima persona una strategia condivisa e decisa in sedi internazionali: si devono dimettere.

Perchè Scajola parla dopo ben sette mesi?

Rimane una domanda: perché il ministro Scajola dice queste cose dopo sette mesi, e a quali altre disposizioni fa riferimento? Disposizioni di chi e a che proposito? Un quotidiano ipotizza che forse le parole di Scajola anticipano i risultati di operazioni investigative di cui si vedrebbero gli effetti nei prossimi giorni. Ma il ministro dell'Interno non è uomo sprovveduto: sa che, se fatti ci sono, vanno dimostrati e poi commentati. E ora, qualsiasi eventuale operazione di polizia perderebbe valore e credibilità, potrebbe persino essere letta in modo strumentale, se non si fa chiarezza delle sue parole. Perché ora il ministro deve dire, deve spiegare: se ha fatto uno scivolone clamoroso lo ammetta, ma qualsiasi ragione abbia determinato le sue dichiarazioni deve dire tutto quello che sa e non ha detto prima. Il gruppo di Rifondazione comunista userà tutti gli strumenti parlamentari a disposizione per ottenere risposte: consigliamo che il ministro Scajola si presenti spontaneamente per relazionare alle Camere.

Graziella Mascia
Roma, 17 febbraio 2002
da "Liberazione"