Era la festa dei manifestanti anti-globalizzazione, si è trasformata in
una tragedia.
Mentre il giornale sta andando in tipografia, e i dispacci delle agenzie che
arrivano dal vertice Ue di Goeteborg si inseguono confusi, sulla grande
protesta anti-globalizzazione che per tutto il giorno ha rubato la scena al
vertice dei Grandi è calata una cappa funesta.
Tre giovani sono stati feriti da colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia
svedese, le loro condizioni sarebbero gravi, le prime notizie parlavano di due
morti. Quaranta i feriti.
E' accaduto in serata nella zona dell'Università al centro, ai margini
della grande manifestazione che ha vissuto anche momenti di forte tensione.
Secondo le agenzie di stampa svedesi, che hanno smentito un precedente lancio
della Associated Press che riferiva di due morti ammazzati, durante
gli scontri esplosi in serata intorno al Consiglio europeo tre giovani sono
stati colpiti dai colpi di pistola sparati da un poliziotto, che si è
giustificato dicendo di essere stato circondato da un gruppo di manifestanti.
La zona dell'incidente si trova a un paio di chilometri dal Palazzo dei
congressi dove si era appena concluso il primo giorno di lavori del summit. Un
centinaio di poliziotti in assetto antisommossa presente nei dintorni dell'ateneo
si sarebbero ritrovati a fronteggiare 1500 giovani che partecipavano a una
manifestazione presto degenerata, e un agente avrebbe perso la testa,
estraendo dalla fondina la pistola e sparando ad altezza d'uomo.
La notizia ha creato momento di panico e di forti emozioni nella sede del
contro-forum, dove migliaia di giovani si stavano radunando per partecipare
alla festa serale, già rovinata dagli oltre 600 arresti compiuti dagli agenti
nel tardo pomeriggio; dopo l'episodio dello sparo gli scontri sono diventati
violentissimi con assalti ai furgoni della polizia, di cui ben sette sono
stati dati alle fiamme.
La sparatoria ha creato forte tensione anche tra i giornalisti presenti,
indignati per l'atteggiamento di ostracismo della polizia, che al momento
rifiuta di dare notizie più precise sull'accaduto.
A sentire le voci che si inseguono in ordine sparso, uno dei tre giovani
sta lottando contro la morte. L'atteggiamento degli oltre 20mila agenti
svedesi era comunque chiaro sin dal mattino, quando con violente cariche a
cavallo e a suon di manganellate le autorità avevano deciso di affrontare i
giovani più radicali con una politica repressiva che faceva temere il peggio.
Eppure, nonostante la presenza di numerosi gruppi del cosiddetto black
block, il “blocco nero” di anarchici, squatter e di alcuni sindacati
di base decisi a irrompere nella zona proibita accanto al centro congressi, la
città aveva vissuto un giorno di festa molto più sentito di quanto facessero
credere le immagini di scontri mandate in onda per tutto il giorno nei “reportages”
delle Tv del grande circuito internazionale.
Lungo la Avenyen, la grande arteria che taglia in due il cuore di
Goeteborg, verso le 7 del pomeriggio i caffè si erano riempiti di avventori,
gli anziani avevano guadagnato le panchine dove poco prima si affrontavano
manifestanti e polizia, i bimbi scorrazzavano curiosi facendo a gara nel
cercare i “reperti” degli scontri.
Gli efficentissimi addetti municipali della seconda città svedese avevano
però piazzato in quattro e quattr'otto delle passerelle di legno a coprire
il tappeto di pietre e vetri testimone degli incidenti, gruppi di poliziotti
in assetto antisommossa e dai visi arrossati di caldo e fatica se ne stavano
discreti, a gruppetti, sul marciapiede.
Si erano ridestati solo al rumore di tamburi e slogan del grande corteo del
pomeriggio, un altro mondo rispetto alla guerriglia della mattina.
Dalla Jarntorget, la “piazza del ferro”, intorno alle 20 una
massa immensa e colorata si era affacciata nello stradone che porta dritto
dritto al grattacielo Svenska Massan (la “mostra svedese”), il nuovissimo
centro congressi che ospita il summit dei potenti d'Europa, sono tanti,
almeno 20mila, forse anche di più.
La Svezia si era svegliata intorpidita a scoprire che il “popolo di Seattle”,
quella variopinta comunità umana che reclama pace e giustizia sociale,
ambiente pulito e sviluppo senza distruzione, alberga anche qui, nella
Scandinavia che sembrava anestetizzata da 50 anni di socialdemocrazia e “tolleranza
zero”.
I giovani vestiti di rosa che danzavano intorno ai cartelloni di “Reclaim
the streets”, dell'organizzazione Attac! e del Vanspartiet (il partito
della sinistra), sono sì e no tra i 18 e i 30 anni, e sono tanti quelli col
passaporto targato Regno di Svezia. Arrivati da Stoccolma e Malmoe come dalla
nordica Upsala, dalla Danimarca, dalla Norvegia, dalla Finlandia.
Tanti anche i tedeschi, soprattutto i giovani squatter e i ragazzi della Pds,
i francesi di Attac!, che solo in Svezia ha oltre 5mila attivsti, anche
italiani.
Intorno alle 8 e trenta il fiume colorato sorpassa la falange di celerini
che sorveglia dall'alto del “muro fortiificato” che separa la gente e la
città dalla cittadella dei potenti, mai come ieri recintati e blindati.
A fare da barriera, visto che le iniziali reti metalliche erano state presto
divelte nelle scaramucce di giovedì, ci sono ora degli enormi container
arancioni arrivati direttamente dal porto. Sotto, a mo' di sfida, i
giovanotti del black block, gli anarchici e gli squatter che in
mattinata hanno dato battaglia alla polizia, agitano le bandiere rosse-nere e
di quando in quando scagliano grossi sampietrini contro il muro. I poliziotti
indossano caschi e armature, partono salve di fischi e qualche applauso
ironico.
Si va verso la Goeta Platsen (il “luogo di Goeta”), la piazza simbolo di
questa seconda città della Svezia, che vive orgogliosa la sua diversità
dalla “ricca e nobile” Stoccolma, che va fiera del suo feske kurka,
il mercato del pesce, del più grande porto del Baltico e di un apparato
industriale frastagliato e dinamico che ricorda il modello veneto.
C'è di tutto, in mezzo ai manifestanti de che se la prendono con i
giornalisti perché «quattro ragazzi vestiti di nero che sfasciano una
vetrina diventano il simbolo di una protesta che invece è tutt'altro» come
protesta Cristoph Ventura, arrivato da Parigi con i giovani di Attac!
«Siamo oltre 20mila qui, pacifici anche se decisi a farci sentire, ci sono in
ogni angolo della città workshop, dibattiti, assemblee del Contro-forum dove
si snodano proposte concrete e noi tutti ci confrontiamo, eppure nei tiggì e
nei grandi quotidiani si parla di “violenza e teppismo”» continua
Cristoph: «Certo, ci sono stati degli scontri in mattinata e nel pomeriggio,
ma dovuti anche allo stato di guerra civile imposto dalle autorità».
Ventimila poliziotti in assetto di guerra, il centro completamente vietato alla gente, posti di blocco e perquisizioni continue, persino l'assalto ad una scuola dove i servizi segreti svedesi dicevano che i manifestanti avevano delle armi e dove sono state trovati solo resti di succhi di frutta e lattine di birra: tutto sembrava quasi preparare la battaglia e la fine tragica, che poi c'è stata.
«Condanniamo fermamente i gruppi che hanno sfasciato le vetrine e accettato il confronto con la polizia» diceva America, svedese, del comitato politico del Vaspartiet, infuriata soprattutto con il governo «che non può blindare una città perché ci sono venti persone vestite di gessati scuri che si riuniscono in mezzo al lusso più sfrenato e che decidono le sorti di noi tutti».
«Però a guardare bene - gli faceva eco Malin, 28enne di Stoccolma, indicando il bancomat sfasciato della Handels Banken - i Mc Donald's sono un po danneggiati, le banche pure ma il resto è intatto. Hanno fatto - sentenzia - un'operazione chirurgica, altro che bombe Nato», e giù la risata generale.
Arrivava la notizia che la cena extralusso che la Svezia aveva organizzato
per i leader europei è saltata a causa dei manifestanti, boato da stadio e
cori. Verso le 10 di sera, alla sede del Freet forum, il “forum
libero” cuore nevralgico delle proteste di questi giorni, c'è aria di
festa.
Molti i cartelli contro l'Europa, e qui la piazza sembra più divisa. Gli
scandinavi sono i più schierati contro l'Ue e l'euro, mentre altre
associazioni e organizzazioni preferiscono concentrare il fuoco della protesta
su questioni come la globalizzazione e la riduzione del debito.
C'è “Drop the debt”, l'associazione non governatiiva che chiede la
cancellazione dei crediti dei paesi ricchi verso il terzo mondo, ci sono
gruppi di base della chiesa cattolica e protestante, a fianco degli
ecologisti, tutti rigorosamente a bordo di biciclette, che innalzano cartelli
contro il caotico traffico di Stoccolma, un deserto di pace rispetto alle
medie italiche.
Dalle vetrine sfondate di un grande magazzino gracchia ancora una
televisione rimasta miracolosamente al suo posto. Nel video c'è Persson, il
premier svedese, che spiega ai giornalisti cosa è stato fatto dentro il
vertice e che alle domande sulle manifestazioni e sugli incidenti sbotta
affannato: «non c'è stata solo la protesta oggi, abbiamo fatto cose molto
importanti».
Silenzio tra i giornalisti, risate tra i manifestanti. Risate strozzate in
gola, risate trasformate in lacrime. E' accaduto alla sera, a rompere la
musica e a distruggere la festa, come doveva essere. Un lancio di agenzia, un
lam, po di notizia che raggiunge la sala.
Due morti, anzi no, tre feriti, qualcuno tira un sospiro di sollievo, tutti
corrono fuori per saperne di più.
La notte di Goeteborg che doveva essere illuminata a festa è schiarita dal
fumo delle fiamme e dalla rabbia impotente della gente.