Una nuova generazione in campo
UN PUGNO NELLO STOMACO DEL CAPITALISMO

Ho condiviso la necessità emersa nel dibattito de Genoa Social Forum, di avere, agli inizi di settembre, un momento di riflessione successivo ai fatti di Genova e preparatorio delle prossime mobiliazioni. Non solo perché l'emergenza non è finita, e lo testimoniano i molti arrestati tuttora in carcere e i dispersi, ma anche e soprattutto perché ancora oggi non è semplice, almeno per chi scrive, una analisi lucida e fredda sul futuro del movimento.

Le emozioni delle tre giornate di contestazione del G8 sono un ricordo troppo vivo per considerare Genova una tappa come un altra del movimento contro la globalizzazione capitalistica, e le stesse sensazioni contraddittorie di quei giorni non hanno certamente smesso di esistere.

Né quella dell'odore acre dei lacrimogeni, delle sirene delle autoambulanze e di un giovane ammazzato, e neanche quella di decine di migliaia di persone capaci di tornare in piazza nelle proprie città per denunciare quello che avevano visto, quello che gli avevano fatto.

Forse, in questo susseguirsi di impressioni, di immagini di sconfitte e di vittorie, di una sola cosa possiamo essere sicuri: dopo Genova nulla sarà più come prima.

NULLA COME PRIMA

Non lo sarà questo movimento che abbiamo contribuito a costruire, e forse non lo sarà nemmeno il nostro modo di fare politica. Le sperimentazioni che abbiamo cominciato a definire in quello che abbiamo chiamato "il laboratorio Carlini", i temi di discussione che hanno arricchito i dibattiti dei public forum, l'interlocuzione cori soggettività di altri paesi europei, si pongono ora più di prima come un terreno di riflessione inevitabile, che investe la nostra organizzazione giovanile, e il partito tutto, e che parla sempre più di quella sinistra alternativa di cui la "sola moltitudine" innanzitutto giovanile che abbiamo visto a Genova è parte irrinunciabile.

Perché questo "movimento dei movimenti" è soprattutto una ventata di novità. E' come se fossimo usciti, tutti noi, da una anestesia collettiva durata molti anni, è come se la rabbia e le ribellioni individuali, le frustrazioni per le ingiustizie di questo mondo, che certo non hanno mai smesso di esistere anche nei momenti più difficili, avessero trovato la strada giusta da percorrere. Ancora contraddittoria, forse, ancora incapace di assumere una identità definita, ma sicuramente capace d parlare della necessità di un nuovo impegno collettivo.

Potremmo dire, probabilmente, che questo é il primo aspetto che salta agi occhi: una nuova generazione cresciuta negli anni più oscuri e più lontani da qualunque forma di conflitto sociale, avverte la necessità di non potere più delegare a nessuno la rappresentanza del proprio futuro, e riscopre la politica come un mezzo irrinunciabile di trasformazione.

Certamente, lo fa in maniera diversa dal passato, e in questo senso pene una domanda complessa alla politica" così come l'abbiamo conosciuta ed interpretata, ma in ogni caso afferma la necessità di una nuova battaglia di civiltà. E lo fa attaccando gli effetti perversi della globalizzazione capitalistica ma in realtà mondializzandosi essa stessa, parlando un linguaggio universale, superando i confini nazionali, affermando la necessità di un nuovo immaginario collettivo, che guarda alle montagne del sud est messicano e alle disuguaglianze nel cortile di casa.

UN LABORATORIO PER L'ALTERNATIVA

E' presto, probabilmente, per dire se questo movimento produrrà gli stessi effetti che altri movimenti, più o meno recenti, hanno avuto relativamente alla storia dell'umanità. Ma sicuramente possiamo dire, ed è per questo che così forte è stata la repressione delle giornate genovesi ma in realtà anche delle manifestazioni di Napoli, Quebec e Goteborg, che questo movimento è un vero e proprio pugno nello stomaco dell'organizzazione capitalistica. Ed è probabilmente la migliore risposta alla crisi che ha segnato la vita della sinistra negli ultimi anni. In questo senso credo che la modalità di lavoro del Genoa Social Forum, in tutti questi mesi, sia stata essa stessa un contributo al superamento di alcune difficoltà che hanno avuto a che fare con la pratica, anche di movimento, della sinistra alternativa e radicale. Il superamento del ragionamento per "intergruppi", la ricerca di una sintesi non come mediazione ma come risultato di un percorso politico, sono stati un punto di forza irrinunciabile. Che hanno portato centinaia di organizzazioni diverse a sottoscrivere un patto comune, a non provocare nessuna dissociazione anche in presenza di momenti oggettivamente difficili. E che ha portato una parte del Genoa Social Forum, quella dei "disobbedienti del Carlini", a produrre un esperimento inedito, non solo per la diversità dei soggetti coinvolti ( due strutture territoriali, la Rete No Global di Napoli e la rete Rage di Roma, un movimento come quello delle Tute Bianche, una organizzazione giovanile di partito, i Giovani Comunisti) e neanche per la condivisione di una pratica di piazza, ma soprattutto per l'approccio politico e culturale evidenziato in questo percorso. Un approccio che non è la classica ricerca di egemonia politica all'interno di una dinamica di movimento, ma che parte invece da un presupposto diverso, quello della contaminazione, che credo rappresenti un tratto decisivo per il lavoro futuro.

Non ho paura di dire che noi, Giovani Comunisti, abbiamo imparato da un movimento come questo almeno quanto da tanti annidi militanza consolidata, ovviamente anch'essa indispensabile per definire la pratica della rifondazione.

Abbiamo imparato a parlare ed analizzare temi che erano esterni a quelli classici della nostra storia e della nostra formazione.

Abbiamo imparato, probabilmente, che qualche volta fare un passo indietro significa farne due in avanti.

E che questo non significa rinunciare a una identità definita, ma invece esaltare quell'identità in una dimensione più ampia e più stimolante.

LE ISTITUZIONI IN MOVIMENTO

Non possiamo dire oggi cosa diventerà il Genoa Social Forum e, soprattutto, se riusciremo davvero a spostare l'asse del nostro ragionamento da una dimensione solo nazionale ad una pratica territoriale, come peraltro la nascita di molti forum locali fa ben sperare. E non possiamo nemmeno sapere se e come i forum locali sapranno interloquire con un ulteriore, possibile, sviluppo del movimento. Ma, credo, di una cosa dobbiamo essere sicuri: che una esperienza come quella del Genoa Social Forum non va dispersa in un suggestivo ma illusorio "ritorno alla società civile", ma piuttosto capire, proprio in relazione alla società civile, alla costruzione del movimento, come cambiare, trasformare, ampliare, una struttura come questa, come far diventare i global forum cittadini quelle "istituzioni di movimento" che sono forse le moderne "casematte" indispensabili a qualunque rifondazione della politica.

Peppe De Cristofaro - Giovani Comunisti
Roma, 5 agosto 2001
da "Liberazione"