Centinaia di brianzoli hanno partecipato domenica scorsa alla manifestazione nella quale sono confluite 200mila persone da tutta Italia.
Perugia - Assisi, il messaggio di pace parte anche da Monza
«Un'esperienza positiva nel segno della non violenza per dire no alla guerra e alla ingiustizia sociale»

Duecentomila voci diverse e duecentomila idee differenti per dire, insieme, una sola parola: pace. Tra chi c'era per la prima volta, chi non avrebbe mai pensato di esserci e chi è sempre stato lì, ogni due anni, da vent'anni.

Nei venti chilometri di persone in marcia per la pace tra Perugia e Assisi non sono voluti mancare monzesi e brianzoli, partiti a centinaia nella notte di sabato per presentarsi puntuali, domenica mattina, alla partenza della manifestazione nata nel '61.

Singoli aderenti, le associazioni del territorio, laici e religiosi, i sindacati come le forze politiche e, non ultimi, i Comuni, con gonfalone e sindaco in fascia tricolore: difficile fare il conto di quanti fossero. Di certo sono partiti due pullman con l'Onu dei popoli di Desio, un altro è partito con l'Arcore social forum, tre con Cgil, Cisl e Uil, uno con le Acli San Gerardo, e uno, ancora, con il Comune di Vimercate. E insieme, mischiati a migliaia di altre persone, hanno battuto venticinque chilometri di strada sotto un sole infuocato per toccare Ponte San Giovanni, Bastia, Santa Maria degli Angeli e infine la Rocca maggiore.

Migliaia di voci e quella dei saveriani. «Un'esperienza molto positiva - commetta padre Giovanni Gargano, ad Assisi con l'Onu dei popoli, una realtà emblema di domenica, dal momento che raccoglie in sé l'associazione Lazzati, la coop Effetto terra, Rifondazione Comunista, i laici e i missionari saveriani, la parrocchia San Giovanni Battista e la rete Radé Resch -. Tutto è andato secondo le intenzioni, ricordando Aldo Capitini, nel nome della non violenza: operatori di pace insieme per dire no alla guerra e all'ingiustizia sociale. Questa presenza è un messaggio al parlamento , che ha votato l'appoggio alla guerra in Afghanistan. È la dimostrazione che una forte componente dal basso non la vuole, un segno politico evidentissimo».

E dopo? «La marcia non è punto di arrivo né l'inizio di una discussione su questi temi chi c'era si occupa da sempre di pace, e c'era per rinnovare il proprio impegno e continuare il camminino».

Migliaia di voci e quella di tutti i protagonisti della contestazione al G8 genovese, come il comitato di Monza BrianzaversoilG8 e l'Arcore social forum che una settimana prima ha organizzato un incontro a Oreno con Piero Maestri di Guerre e pace e Cristina Cattafesta di Emergency. «Era importante esserci - spiega Simone Pulici, dell'Asf - per dire no al terrorismo e per dire che l'intervento armato non è una risposta efficace. Il senso di una partecipazione simile e così diversificata è stata spiegato prima dell'inizio: ognuno c'è con le proprie convinzioni e marcia con le proprie coni contraddizioni. Esiste un filo diretto tra i motivi per i quali eravamo a Genova e quelli per i quali siamo andati alla marcia: quello che sta succedendo è il frutto delle differenze sociali nel mondo, è questo sistema che le produce».

Migliaia di voci e quella dei sindacati confederali «Per noi, con Cisl e Uil, la marcia è una tradizione - dice Bruno Ravasio, segretario della CGIL Brianza -. C'è sempre stato un comune sentire contro la guerra come strumento di regolazione tra i popoli. Un evento straordinario una massa sterminata che chiede il recupero del pacifismo come valore. Valori che la politica spesso sacrifica in nome del pragmatismo, e ai quali invece è chiamata a dare un contenuto». «E vero dice Beppe Sala, segretario della Cisl Brianza, di cui alcuni esponenti hanno partecipato agli incontri preparatori della marcia, mentre domani accoglieranno la congolese Mathilde Muhindo Mvanini per parlare ancora di pace -.Duecentomila persone , duecentomila e una sensibilità. Ma il punto è sollecitare le coscienze a trovare risposte di pace, impegno con una valenza universale al di là del momento

Migliaia di voci e i Comuni: gonfaloni e sindaci di Agrate, Mezzago, Carnate, Bernareggio.

E quello di Vimercate, secondo il quale: «L'ente locale ha un ruolo importantissimo per creare e di diffondere cultura di pace tra i cittadini. L'abbiamo visto da noi con la veglia per la pace e la fiaccolata dei giovani del decanato. In quel caso abbiamo fornito un supporto, ma credo che il Comune possa e debba promuovere iniziative sui temi della pace e dello sviluppo».

Anche perché, diceva domenica uno striscione, «alla fine della guerra saremo tutti perduti».

Massimiliano Rossin
Monza, 20 ottobre 2001
da "Il Cittadino di Monza e Brianza"