Bisogna fermare la fuga in avanti di George W. Bush verso la guerra!

Bush in marcia verso la guerra contro l'Iraq

Il regime di Bush prosegue i preparativi per lanciare una guerra totale contro l'Iraq nonostante l'opposizione crescente nel mondo. Il quotidiano inglese Daily Mirror prevede che la guerra iniziera' il 6 novembre all' indomani delle elezioni tenute per rinnovare un terzo dei seggi del Congresso statunitense. Gli Stati Uniti hanno immagazzinato enormi quantitativi di petrolio nei pozzi sotto il Golfo del Messico e hanno avvertito i governi occidentali che devono prepararsi a una crisi petrolifera e ricostituire le proprie riserve. Nuovi impianti sono stati costruiti su vasta scala nel Qatar che dovra' essere la principale base per gli attacchi aerei. E al fine di neutralizzare in anticipo le future manovre diplomatiche irachene, il Segretario di Stato Colin Powell ha dichiarato che l'apertura dell'Iraq alle ispezioni internazionali "non e' piu' sufficiente" Tutta la credibilita' della "guerra contro il terrorismo" e' oggi appesa al "criterio Saddam".

La marcia verso la guerra

Perche' la Casa Bianca prosegue la marcia verso la guerra, nonostante i guasti diplomatici che questa ha gia' provocato accrescendo l'isolamento internazionale degli Stati Uniti e coprendoli persino di ridicolo, del quale sono simbolo, secondo l'opposizione statunitense, le dichiarazioni del cancelliere tedesco Schrġder e del governo saudita?

Il gruppo di reaganiani riciclati intorno a Gorge W. Bush -Paul Wolfowitz, Dick Cheney, Condoleeza Rice et Donald Rumsfeld- aveva colto l'occasione fornita dalla distruzione delle Torri Gemelle l'11 settembre 2001 per mettere in pratica la convinzione che la minaccia e l'impiego della forza militare costituiscono attualmente per il capitalismo statunitense la chiave del mantenimento della egemonia mondiale. Hanno sperato che la "guerra contro il terrorismo" permettesse loro di colpire simultaneamente tutti i nemici e rivali degli Stati Uniti, inclusi i movimenti di liberazione del terzo Mondo, i governi europei, scettici verso la dominazione esclusiva degli Stati Uniti, i loro oppositori politici interni e quello che ritengono essere il pericolo politico e militare a lungo termine: l'egemonia cinese nell'Asia orientale. In particolare, la "guerra contro il terrorismo" e' impiegata per contrastare l'influenza economica e politica europea nel Medio oriente.

Nel corso dell'anno seguito all'11 settembre gli Stati Uniti hanno utilizzato in maniera sistematica la "guerra contro il terrorismo" come principio di organizzazione politica del mondo assicurandola con la messa in opera di una nuova configurazione delle loro forze militari nel mondo intero. A questo fine:

A questo elenco occorre aggiungere i 3/4000 civili uccisi nel corso della sanguinosa guerra in Afghanistan, la violazione sistematica della Convenzione di Ginevra con l'assassinio in massa dei prigionieri di guerra e la loro deportazione a Guantanamo, dove l'uso della tortura e' diventato abituale.

La politica dell'"asse del male".

Dal punto di vista politico generale, l'avvenimento piu' drammatico dell' anno trascorso e' stato il discorso di Bush sull'"asse del male" pronunciato a gennaio, nel quale ha enunciato la sua nuova dottrina: gli Stati Uniti si riservano il diritto di attaccare preventivamente i pretesi "Stati mascalzoni", tra i quali l'Iraq, l'Iran e la Corea del Nord. Ha anche avvertito apertamente i governi europei che se non sosterranno l'azione americana gli Stati Uniti agiranno da soli. E ha rivestito il tutto con la retorica familiare del "chi non e' con noi e' contro di noi".

Va da se' che tutto cio' ha poco a che fare con la vera lotta contro il terrorismo. In effetti, la principale minaccia "terroristica" negli Stati Uniti dopo l'11 settembre e' stato l'allarme suscitato dalle spedizioni per posta di bacilli di carbonchio (antrace), indirizzate al Congresso e al governo. Alla fine e' poi risultato che il responsabile delle spedizioni era un ex impiegato del governo statunitense che si era servito di ceppi sviluppati dagli Stati Uniti in vista di una guerra biologica.

Se il progetto di Bush avra' successo, i benefici per il capitalismo statunitense saranno immensi. Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, un acceso dibattito e' in corso nella e'lite che decide la politica estera degli Stati Uniti sul modo di assicurarsi la egemonia politica e militare mondiale in assenza del vecchio sistema di alleanze antisovietiche ereditate dalla guerra fredda. Al centro del dibattito stanno tre interrogativi: Come tenere l'Europa occidentale sotto la tutela statunitense? Come mantenere soggiogata la Russia? Come trattare la minaccia nascente della Cina?

Se la "guerra contro il terrorismo" raggiungera' i suoi obiettivi, rafforzera' anche il settore del neoliberismo europeo (attorno a Berlusconi, Aznar, Blair) favorevole al mantenimento dell'Europa nel ruolo di associato minore degli Stati Uniti, permettendo nel contempo di importare il modello economico del capitalismo selvaggio sul continente europeo. Al contrario, il prezzo dell'insuccesso sarebbe un indebolimento politico del capitalismo americano di proporzioni comparabili a quelle della sconfitta vietnamita.

L'Iraq e' oggi al centro di questo dispositivo: se l'Iraq non sara' attaccato e Saddam non verra' rovesciato la politica dell'"Asse del male" registrera' un fallimento rovinoso.

Alleati esitanti o ostili.

Gli ostacoli sulla via del successo nella guerra americana contro l'Iraq sono oggi considerevoli. In seguito all'11 settembre, la "guerra contro il terrorismo" veniva presentata in primo luogo come l'iniziativa che permetteva di punire ed eliminare chi aveva attaccato gli Stati Uniti e impedire la comparsa di altri movimenti simili. Questo scopo e' evidentemente fallito e oggi la comprensione dei reali obiettivi statunitensi e' molto differente. Lo scetticismo europeo si e' ora espresso apertamente attraverso la presa di posizione del cancelliere tedesco Schroder contro la guerra, uno schiaffo per la squadra di Bush.

I cambiamenti dell'opinione pubblica possono essere valutati alla luce delle dichiarazioni di eminenti personalita' contro una guerra in Iraq. Il cantante pop inglese Gorge Michael ha pubblicamente criticato in tal senso Bush e Blair. E' stato sostenuto dall'attore americano Woody Harrelson che ha dichiarato al Daily Mirror che "la guerra contro il terrorismo e' terrorismo", una presa di posizione coraggiosa dato il clima di caccia alle streghe che regna negli Stati Uniti.

Ancor piu' significativo e' un articolo del generale Sir Michael Rose, ex comandante in capo dello Special Air Service britannico (unita' di e'lite) e comandante delle truppe delle Nazioni Unite in Bosnia, pubblicato dal Daily Mirror il 9 agosto. Il generale avverte che l'Iraq "sara' il nuovo Vietnam di Bush" e afferma che non vi e' alcuna prova di legami di Saddam con il terrorismo anti-occidentale. Anche se si ammettesse che l'Iraq dispone di armi di distruzione di massa, egli continua, niente prova che abbia l' intenzione di impiegarle in attacchi terroristici. Sostiene inoltre che l' attacco aereo contro la Libia nel 1986 era stato controproducente in quanto aveva condotto a gravi attacchi terroristici in Europa, accusando la squadra di Bush "di ignorare le lezioni della Storia". La sua conclusione: "E' nella ricerca di un giusto regolamento in Palestina, piuttosto che nel rovesciamento del regime iracheno, che occorre cercare la soluzione della guerra contro il terrorismo".

Sarebbe sorprendente che dichiarazioni di questo genere non rappresentassero il punto di vista privato di un settore importante delle e' lite militari e dei servizi segreti del Regno Unito, come pure di importanti funzionari del Foreign Office ( Ministero degli affari esteri britannico).

Bisogna evitare il peggio

L'incapacita' di eliminare o almeno indebolire seriamente -salvo negli Stati Uniti- il movimento planetario contro la mondializzazione capitalista costituisce uno scacco significativo della politica della "guerra contro il terrorismo". Nello scorso anno importanti mobilitazioni -da Porto Alegre a Barcellona- hanno fatto della lotta contro la guerra uno dei temi principali. Durante la guerra in Afghanistan, l'Italia -dove il Partito della Rifondazione Comunista ha avuto un ruolo decisivo- e la Gran Bretagna -dove la coalizione antimilitarista era organizzata dall'estrema sinistra- sono state al centro del movimento contro la guerra. E non e' finita: il 28 settembre prossimo una manifestazione prevista a Londra ha gia ' ottenuto il sostegno di sei organizzazioni sindacali, tra le quali il piu' importante sindacato del paese, UNISON. La solidarieta' con il popolo palestinese sara' uno dei temi centrali della mobilitazione alla quale sono attese centinaia di migliaia di partecipanti.

Il governo Bush e la sua guerra al terrorismo costituiscono oggi il perno delle forze piu' reazionarie della borghesia mondiale e la principale leva dei loro piani di riorganizzazione della politica mondiale attorno al rafforzamento dell'egemonia statunitense e dell'imposizione del suo modello socio-economico a tutto il pianeta. Pensare che si tratti di una questione che riguarda soprattutto gli Stati Uniti e il Medio oriente, che non avrebbe effetti disastrosi altrove sarebbe una prova di miopia fatale per la sinistra.

Oggi e' possibile rendere politicamente impraticabile il lancio di una nuova orgia di barbarie imperialista, impedendo agli Stati Uniti di provocare nuove distruzioni e altre decine di migliaia di morti. Il piano di attacco all'Iraq e' oggi vacillante, e assieme a questo tutto il progetto di "guerra contro il terrorismo" potrebbe essere rimesso in discussione. Dovunque -e in particolare nei paesi dove il movimento contro la guerra in Afghanistan era debole- la sinistra ha il dovere di risvegliare le tradizioni antimilitariste e antimperialiste per fare dell'opposizione alla guerra una forza che non potra' essere ignorata.

Phil Hearse
Direttore della rivista Red Shift, della IV Internazionale
Londra, 26 settembre 2002
Da "Inprecor" n° 474 - septembre 2002