L'Italia concede l'uso delle basi in caso di guerra contro l'Iraq

Le "basi" di Martino

La preventiva disponibilità italiana ad essere territorio coinvolto nella prossima guerra contro l'Iraq è l'ennesima umiliazione dei nostri interessi nazionali, ed è un altro passo gravissimo teso a vanificare ogni sforzo per evitare la guerra. Mentre i bombardamenti angloamericani imperversano, fuori e contro il diritto internazionale, mentre gli Stati Uniti d'America "consultano" decine di paesi e i loro principali alleati per comporre un'alleanza internazionale per la guerra contro l'Iraq, gli ispettori Onu svolgono il loro lavoro ben sapendo che, quali che siano le loro conclusioni, la guerra ci sarà comunque. Per il semplice motivo che le armi di distruzione di massa di Saddam sono un puro pretesto.

Oltre al controllo strategico e diretto della produzione del petrolio (e qualcosa ne sa anche Hugo Chavez che con altri mezzi gli Usa tentano da mesi di rovesciare) si costruisce, con l'annuncio della guerra, dell'uso dell'atomica, e con la formazione della nuova alleanza, il nuovo ordine mondiale. Il dominio, esercitato nel nome delle multinazionali, del capitale finanziario, può essere esercitato solo con la guerra e distruggendo, insieme alle vittime dei bombardamenti, il vecchio ordine e le sue istituzioni, a cominciare dall'Onu.


Di fronte a tutto ciò è semplicemente vergognoso che il nostro Paese si distingua per servilismo nei confronti degli Usa. In passato, pur rimanendo alleato fedele, aveva saputo trovare le strade della propria politica estera nei confronti dei paesi arabi, a cominciare dalla relazione privilegiata con l'Olp di Arafat. Ma alla base di quella politica vi erano interessi nazionali precisi, a partire dall'Eni di Stato e dalla ricerca di relazioni economiche favorevoli con i paesi dell'area mediterranea e medio orientale. Ma oggi le cose non stanno più così, basti guardare allo spettacolo desolante di un'Unione Europea che si allarga come puro mercato e che subisce gli strappi statunitensi balbettando qualche dubbio destinato a svanire di pari passo con i preparativi bellici.

Il governo Berlusconi è animato dall'unico obiettivo di apparire ed essere alleato fedele dell'amministrazione Bush, solo per sedersi fra i vincitori e guadagnarsi uno spazio politico nel nuovo ordine. Esattamente come il governo D'Alema nella guerra del Kossovo con l'amministrazione Clinton.


Essere contro la guerra senza se e senza ma, indipendentemente dalle coperture fornite da un Consiglio di Sicurezza sempre più ridotto ad una variabile dipendente dalla volontà Usa, non è una posizione etica, idealistica, priva di realismo politico. E', invece, l'unica posizione politica possibile ed efficace. Purtroppo, se da una parte abbiamo un ministro della Difesa che smania per la guerra, dall'altra abbiamo la maggioranza dell'opposizione, l'Ulivo, che da mesi, in accordo con il governo, impedisce che si discuta in Parlamento delle mozioni depositate sulla guerra in Iraq, per il nobile motivo di coprire le proprie vergognose divisioni.

E' ora che tutto ciò finisca e che ci sia chiarezza e assunzione di responsabilità. Anche perché, presto o tardi, sia la guerra sia la ratifica del nuovo trattato Nato dovranno essere votati dal Parlamento. Attendere servirebbe solo al governo Berlusconi, che nel frattempo avrebbe carta bianca per compiere altri passi come quelli annunciati dal ministro Martino.

Ramon Mantovani
Roma, 17 dicembre 2002
da "Liberazione"