Il micidiale arsenale anglo amerciano

Come uccidere amici e nemici

I generali nord-americani avevano promesso «cose mai viste», ed eccoci accontentati. La notte scorsa un bombardiere B-52 ha sganciato per la prima volta la Gbu-37, per gli amici "bunker buster", ovvero "distruttore di bunker". Così dopo la "taglia-margherite" sperimentata in Afghanistan adesso abbiamo questa nuova trovata, presumibilmente per stanare il perfido Saddam. Per gli altri, per civili e militari che formicolano in superficie ci sono le collaudate bombe a grappolo con le quali la Nato ha "liberato" il Kosovo e il vecchio caro uranio impoverito.

Bombe a grappolo

Le bombe a grappolo, dette anche bombe a frammentazione o "cluster bombs", sono degli ordigni esplosivi equiparati alle mine antiuomo. Alla fine Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno ammesso di averle utilizzate in Jugoslavia dove, secondo quanto afferma l'osservatorio internazionale Human Rights Watch, i nordamericani hanno sganciato le CBU-87 mentre gli inglesi ci davano sotto con le RBL755, due tipologie di bombe largamente impiegate anche in questi giorni. Le CBU-87 contengono 202 piccole bombe che, arrivando al suolo, si estendono su di un'area pari a quella di un campo da calcio mentre le RBL755 ne contengono "appena" 147: entrambe vengono utilizzate per impedire l'avanzata di mezzi o soldati, esattamente come le mine antiuomo.

La convenzione di Ottawa sulle mine antipersona (alla quale gli Stati Uniti non hanno aderito) proibisce l'utilizzo di bombe a grappolo perché si trasformano in mine antiuomo quando non esplodono e, come le mine, uccidono i civili anche a distanza di anni dalla fine del conflitto. L'aspetto stesso degli ordigni - le minibombe dei CBU-87 e degli RBL755 sono oggetti della dimensione di una lattina di colore giallo o arancione, mentre le minibombe degli Atacms sembrano palle da baseball fluorescenti - fa sì che i bambini vengano attratti dai residuati ancora attivi. Non sembra tuttavia che, nella loro crociata contro le armi di distruzione di massa, gli anglo-americani abbiano avuto remore a dichiarare apertamente di utilizzare simili ordigni come hanno tranquillamente ammesso il mese scorso l'impiego di proiettili all'uranio impoverito in questa guerra.

L'uranio impoverito

L'uranio impoverito, o U-238, è lo scarto che rimane dopo il processo di arricchimento dell'uranio naturale. Viene impiegato come arma sostanzialmente per due motivi: in primo luogo perché è il metallo più denso e più pesante che esista, con capacità di penetrazione senza eguali, in secondo luogo perché è letteralmente gratis. Il suo utilizzo a scopo militare permette anzi di risolvere in parte l'immenso problema dello stoccaggio dei rifiuti nucleari che, già nel 1991, costringeva il governo federale ad acquistare 130 mila tonnellate di uranio impoverito per "le riserve nazionali di difesa".

Quando un proiettile all'uranio impoverito colpisce il bersaglio esplode liberando delle particelle radioattive microscopiche che vengono trasportate dall'aria a chilometri di distanza. Essendo solubili, le particelle possono contaminare il suolo, le falde freatiche e le acque di superficie, ed entrare nel corpo umano sia per ingestione e che per inalazione. Quando viene ingerito - per esempio bevendo acqua contaminata - l'uranio impoverito va ad accumularsi nelle ossa e nei reni, dando luogo all'insorgenza di tumori e di danni renali irreversibili. Le particelle sono anche in grado di attraversare la placenta - attraverso il sangue - con conseguenze estremamente pericolose per il nascituro, essendo i feti particolarmente vulnerabili alle sostanze tossiche. L'inalazione invece intrappola le particelle di uranio nei polmoni, aumentando il rischio di tumori. Alcuni ricercatori ritengono che le sostanze radioattive contenute nelle armi a uranio impoverito rimangano attive per 4 miliardi e mezzo di anni.

La I° sindrome del Golfo

E' noto che questo tipo di armi sono state utilizzate anche durante i bombardamenti in Jugoslavia. Il 17 maggio 1999 l'Ansa riportò una dichiarazione del portavoce militare della Nato a Bruxelles, il generale Giuseppe Marani, il quale affermava che "proiettili anticarro con uranio impoverito sono usati dai piloti alleati contro le forze serbe in Kosovo", ma questi proiettili "non comportano alcun rischio" perché il loro livello di radioattività "non è superiore a quello di un orologio".

In realtà le gerarchie militari sanno benissimo che la versione ufficiale sull'uranio impoverito è completamente falsa, e lo sanno da anni. Nei documenti riservati del dipartimento della Difesa statunitense che risalgono al ‘91 si trova già scritto che l'uso di armi all'uranio impoverito ha "il potenziale di produrre effetti nocivi sulla salute umana, soprattutto attraverso il ciclo dell'acqua". Nel 1992 l'Agenzia nucleare della Difesa statunitense descriveva le particelle di uranio impoverito come una "seria minaccia per la salute" in quanto comportano rischi "sia chimici che radiologici" aggiungendo che "il personale all'interno o vicino i veicoli colpiti da proiettili perforanti all'uranio impoverito potrebbe subire significative esposizioni interne".

Dal 1990 i documenti interni che mettevano in guardia sui rischi di queste armi, sono stati moltissimi. Nel rapporto curato dall'Us Army Armaments, Munitions and Chemical Command, venivano elencati in modo assolutamente puntuale tutti i rischi connessi all'uso dell'uranio impoverito, e si concludeva sostenendo che "Le condizioni del campo di battaglia e i rischi sanitari a lungo termine per la popolazione locale e per i veterani dei combattimenti potrebbero diventare questioni dirimenti per l'accettabilità dell'uso continuativo di proiettili perforanti cinetici all'uranio impoverito per applicazioni militari". Del resto basta dare un'occhiata alle istruzioni per la gestione dei pericolosi proiettili contenute nel manuale di addestramento dell'US Army Chemical School del '95, per dimostrare quanto le autorità militari fossero - e sono - consapevoli del pericolo.

Invece si è continuato a usarli, tenendosi per sé le informazioni più scottanti. I soldati alleati, per esempio, vennero avvertiti dei rischi solo una settimana dopo la fine delle ostilità e ora accusano i sintomi della cosiddetta sindrome del Golfo, una sindrome che non si limita a colpire chi è stato esposto. Sara Flounders, una delle responsabili del Centro d'azione internazionale (International Action Center) creato dall'ex ministro della giustizia americano, Ramsey Clark, impegnato contro le sanzioni e contro l'attacco all'Iraq, ha diffuso i risultati di uno studio condotto dall'Organizzazione dei veterani nel Mississippi. E' risultato che su 2.251 famiglie di veterani il 67 per cento hanno avuto bambini con gravi malformazioni. Kevin Danaher del gruppo pacifista Global Exchange, ha sottolineato che il numero di reduci affetti dalla sindrome del Golfo - almeno 150 mila - è una cifra altissima in proporzione alle truppe impiegate. Il 28 per cento dei soldati americani sono morti ho hanno avuto lesioni permanenti, rispetto al 9 per cento della guerra del Vietnam.

Gli effetti in Iraq

Quali saranno gli effetti della pioggia di uranio impoverito che stanno rovesciando sull'Iraq? Si può solo fare un confronto con quanto accaduto dopo la prima guerra. Le statistiche delle Nazioni Unite pubblicate sulla prestigiosa testata scientifica British Medical Journal, evidenziano un aumento dei casi di tumore nell'Iraq meridionale del 700% tra il 1989 e il 1994. Gli studi medici stimano che, come risultato dei bombardamenti del '91, nell'arco di cinque anni oltre il 40% della popolazione si ammalerà di tumore, cosa che avviene senza che negli ospedali del paese siano disponibili né i farmaci chemioterapici né degli analgesici per i malati terminali.

In sostanza, come afferma John Pilger sul New Statesman concludendo la sua accurata inchiesta: "La verità sugli effetti dell'uranio impoverito dei proiettili sparati nella guerra del Golfo del 1991 e nell'attacco della Nato contro la Jugoslavia nel 1999 è che americani e britannici hanno condotto una forma di guerra nucleare contro popolazioni civili, disinteressandosi della salute e della sicurezza delle loro stesse truppe". Ed è esattamente ciò che stanno continuando a fare.

Sabina Morandi
Roma, 29 marzo 2003
da "Liberazione"