Il sequestro di Giuliana Sgrena, inviata de “Il Manifesto”

Molti avvoltoi sul rapimento di Giuliana

La tesi poi che si sia trattato di criminali comuni è poco convincente

Il sequestro di Giuliana Sgrena ha rappresentato una manna per i tanti avvoltoi che continuano a speculare sul voto iracheno per attaccare il movimento contro la guerra: ad esempio Pierluigi Battista, che in un editoriale del “Corriere” parla dei “fascisti di Baghdad” e, utilizzando qualche esibizionismo di Vattimo (specializzato nel parlare di cose di cui sa poco o niente), presenta la sinistra come complice dei “tagliatori di teste”. Anche Lucia Annunziata si è affrettata a spiegare su “la Stampa” (dove si trova in ottima compagnia con il cinico Forattini e il nuovo acquisto Barenghi) che Giuliana è stata rapita perché donna, evitando di prendere in esame le cause più plausibili. Lo ha ripetuto poi intervenendo nel congresso DS. Sorprendente e grave che Maria Rosa Cutrufelli si sia affrettata a elogiarla su “Liberazione”.

La cosa più scandalosa è l’ipocrisia del centrosinistra: già al congresso DS tutti, compreso il famoso “correntino”, hanno fatto sparire le mozioni che originariamente chiedevano, probabilmente ad uso della base, il ritiro dall’Iraq, per votarne solo una che auspica la liberazione di Giuliana. Gli esponenti della GAD intanto chiedevano e ottenevano il rinvio del voto sul rifinanziamento della nobile missione, per non far emergere le palesi divergenze tra chi si è affrettato a dichiararsi a votare a favore, chi si appresta furbescamente ad astenersi, e chi pensa di salvarsi l’anima votando contro, ma continuando a far finta di niente di fronte al riemergere alla prima occasione della disponibilità del centrosinistra ad accordarsi con il governo. Più o meno come faceva il PdCI durante la guerra del Kosovo: viaggi di Cossutta a Belgrado per l’immagine, ma rimanendo ben saldi sulle poltrone ministeriali. Perché è scandalosa la disponibilità a collaborare col governo (ribadita anche dal “pacifista” Pecoraro Scanio…) per la salvezza di Giuliana Sgrena? Perché, anche se le dichiarazioni del governo, dei servizi e dei giornalisti embedded hanno parlato a vanvera prima di “terroristi sunniti” (che è come chiamare “terroristi cattolici” i mafiosi, perché la Sicilia è cattolica…), poi di criminali comuni, le cose stanno molto diversamente.

Anche se da altre parti de “il manifesto” e dalle dichiarazioni dello stesso Valentino Parlato sembrerebbe che non si sappia chi ringraziare per questo rapimento, e si evita di polemizzare troppo col centrosinistra arruolato nel “volemose bene”, sullo stesso giornale sono stati pubblicati anche articoli che fanno comprendere inequivocabilmente che i rapitori vanno cercati tra i servizi segreti di Allawi, ovviamente legati a filo triplo con quelli degli Stati Uniti e degli altri invasori.

In primo luogo c’è stata una dichiarazione del “Parlamento europeo degli scrittori” che, associando il caso di Giuliana a quello di Florence Aubenas di “Libération”, ha detto apertamente che “questi sequestri riducono al silenzio due voci libere in un Iraq in preda al caos e alla propaganda. Se li accettiamo, presto in Iraq ci saranno solo giornalisti capaci di raccontare l’Iraq secondo la versione degli occupanti”. Pur non potendo indicare precisamente i responsabili di questi rapimenti, si chiede – non a caso – alle “forze militari presenti in Iraq, e in primo luogo agli americani, di assicurare la sicurezza dei giornalisti indipendenti e di fare piena luce su questi sequestri”. È significativa la richiesta rivolta a una parte sola (evitando gli equilibrismi e le equidistanze tra opposti estremismi a cui ha dovuto ricorrere, sulla stessa pagina, Ali Rashid).

Se i sospetti sugli amici del nostro governo sono molti, perché dunque offrirgli la collaborazione dell’opposizione? E perché ringraziare Fini per il suo intervento, che sicuramente ha già fatto danni? Lo aveva detto proprio Giuliana Sgrena a proposito di altri casi: se gli aggressori usano a sproposito il termine “missione di pace” per definire le loro imprese, come potrebbero gli iracheni distinguere chi la pace la vuole davvero da chi ne parla ipocritamente? L’elogio di Fini alla Sgrena è proprio controproducente!

I sospetti sono molti e gravi: Giuliana era troppo conosciuta in Iraq (si pensi alle tante belle corrispondenze riunite nel libro pubblicato da manifestolibri meno di un anno fa). Difficile non sapere da che parte stesse. La tesi poi che si sia trattato di criminali comuni è poco convincente: in primo luogo perché quando ci sono molte, troppe, rivendicazioni di sigle sconosciute (perché inesistenti, e che quindi nessuno può smentire…), è più che probabile che siano state fatte dagli specialisti in depistaggio, cioè dai servizi segreti, come accadde negli anni di piombo anche in Italia. D’altra parte, se fosse vero che gli amici degli occupanti “hanno vinto le elezioni” del 30 gennaio, come hanno finto di credere Fassino, Asor Rosa, e tanti altri, non si spiegherebbe come mai l’Iraq continui a sprofondare nel caos e nell’insicurezza, e le bande di criminali possano effettuare rapimenti sulla porta di una moschea, senza che le guardie governative presenti reagiscano in qualche modo. Il governo italiano dichiara che i rapitori sarebbero criminali comuni, ma come fa a saperlo se non ha nessun elemento? Viene in mente la CIA, che non seppe prevedere l’attacco alle Due Torri, ma poche ore dopo presentò una lista dettagliata e corredata di foto di ben 19 partecipanti ai dirottamenti… In realtà proprio tutti i particolari portano sulla traccia dei servizi di Allawi, cioè degli amici del governo Berlusconi-Fini, con cui invece assurdamente il centrosinistra dichiara la sua disponibilità a collaborare.

Se “il manifesto” aveva riferito senza commenti troppo indignati le dichiarazioni ipocrite del centrosinistra, ha poi riportato, oltre all’appello già ricordato del “Parlamento europeo degli scrittori”, un buon articolo di Gianni Minà, che dice tra l’altro che “a molti appare una coincidenza non proprio banale il fatto che il rapimento della collega sia avvenuto pochi giorni dopo le elezioni, troppo presto interpretate come una vittoria della democrazia e l’inizio di un cammino di pace. Non conosciamo chi erano i candidati, non sappiamo esattamente quanti hanno votato e come, quanto è stato trasparente l’afflusso ai seggi.” Minà è - o era fino a poco - fa iscritto ai DS, ma l’aria di Porto Alegre gli ha fatto bene (e infatti cita subito dopo un ironico commento di Eduardo Galeano sulle elezioni irachene fatto proprio nel Forum Mondiale).

A tutti gli ex disobbedienti (diventati ubbidientissimi agli ordini di scuderia) che in questi giorni stanno presentando la mozione di Bertinotti come centrata sul rapporto tra PRC e movimenti, raccomandiamo di riflettere sulla frattura, confermata anche da Minà, che si sta creando tra il movimento rimasto davvero contro la guerra, e il PRC, ormai poco distinguibile da un centrosinistra sprofondato nell’ipocrisia.

Minà è assai esplicito nell’interpretazione del rapimento, e dice che molti “prestigiosi analisti nordamericani” pensano che “azioni destabilizzanti giocate sulla pelle di giornaliste (…) possano essere il frutto anche di scellerate strategie di intelligence”, allo scopo di “indurre un’opinione pubblica, decisamente schierata contro la guerra, ad avere dei dubbi e ad ammettere che i metodi forti siano l’unica soluzione possibile in Iraq, e che l’occupazione del paese debba, quindi, continuare”.

Ancora più netto Giulietto Chiesa, che nello stesso numero del giornale attacca duramente “i pensieri deboli che albergano nella sinistra italiana e nello stesso movimento pacifista”, che appare “assai simile a un’armata Brancaleone senza guida, e senza una vera comprensione dell’offensiva a cui è sottoposto e alla quale rischia di soccombere”. Chiesa (che denuncia a questo proposito i limiti della famosa due giorni di metà gennaio promossa da Asor Rosa e dal “manifesto”) non si stupisce se “anche la sinistra più a sinistra cade nelle imboscate mediatiche dell’avversario”. Osserva che le previsioni di voto rese note dai sondaggi degli occupanti davano il 72-75% dei votanti, come poi è stato annunciato, in un contesto in cui è mancato qualsiasi monitoraggio, essendosi ritirati gli osservatori di ONU, OSCE, UE, ecc., adducendo “l’assenza delle condizioni minime di sicurezza”, cioè di fatto proclamando, “implicitamente, l’invalidità preventiva del voto”.

Giulietto Chiesa dice che “non se n’è accorto quasi nessuno, abbiamo taciuto”, rinunciando a denunciare la montatura mediatica in allestimento”. Mentre “la comunità internazionale lasciava libero campo agli aggressori e ai loro quisling locali, per manipolare a piacimento l’intera operazione”, il “movimento pacifista e l’intera sinistra sono rimasti immobili di fronte a questi preparativi” e hanno finito per essere travolti “dallo tsunami mediatico che la Grande Fabbrica dei Sogni e della Menzogna aveva predisposto, usando cinicamente le legittime aspirazioni dei curdi e degli sciiti”. Diventa “sempre meno scusabile che la sinistra più a sinistra non provi neppure a organizzarsi per resistere e continui a lasciare che i suoi capi vadano nel salotto dell’Insetto, comparse gratuite nello spettacolo del potere”.

Giulietto Chiesa (insieme ad alcuni diessini delusi ma non attratti dal PRC, come Falomi) si era illuso di trovare un punto d’appoggio nell’Italia dei Valori, e nelle sue liste è stato eletto europarlamentare. Ora che Di Pietro è tornato all’ovile e dichiara di votare per il rifinanziamento della “missione”, probabilmente Giulietto Chiesa lo lascerà, ma per andare dove? Difficilmente da chi si mette in coda con gli altri per dire la sua nel salotto di Vespa.

PS Il carattere poco attraente dell’attuale corso bertinottiano sui movimenti viene confermato da un’altra incredibile sortita: mentre la GAD discuteva se aprire o no a Pannella, che continua a provocare dichiarando di non voler scegliere tra la destra e la sinistra, e chiedendo solo quanto gli si offre, Bertinotti e Giordano si sono affrettati a dichiarare che bisogna aprire subito ai radicali, che sarebbero importanti per il loro apporto in termini di laicità. Proprio strano, dopo le sviolinate immeritate a papa Woitila, e le numerose esaltazioni dei papi precedenti (per non parlare delle bizzarre dichiarazioni sul superamento della definizione della religione come “oppio dei popoli”). Si direbbe che non si accorgano che se per certi ex DC del centrosinistra i radicali non vanno bene per le loro giuste battaglie di un tempo su divorzio e aborto, per i comunisti sono inaccettabili perché organicamente filoimperialisti e difensori di ogni aggressione statunitense e israeliana. Dove stiamo arrivando, a forza di tatticismi e cattive frequentazioni?

Antonio Moscato
Lecce, 7 febbraio 2005
da "Bandiera Rossa News"