«E
venne il giorno in cui comparve il bianco
Fu più astuto e cattivo di ogni morte,
barattò il tuo oro
con uno specchietto, una collana, ninnoli,
e corruppe con l'alcool i figli dei fratelli tuoi
e cacciò in prigione i tuoi bimbi.
Allora tuonò il tam-tam per i villaggi
e gli uomini seppero che salpava
una nave straniera per lidi lontani
là dove il cotone è un dio, e il dollaro è imperatore».
(Patrice Lumumba)
Sono i versi di un figlio dell'Africa che oggi rischiano di cadere nell'oblio per una damnatio memoriae
che inghiotte i simboli del Novecento.
Persino i miti come Patrice Lumumba, l'eroe africano, il simbolo della lotta contro l'imperialismo
e della liberazione dei popoli dal colonialismo.
E' il 17 gennaio 1961 quando Lumumba, dopo il raggiungimento dell'indipendenza del Congo, viene assassinato
insieme ad altre due personalità dello Stato congolese.
Tagliato a pezzi e dissolto nell'acido solforico.
«Patrice Lumumba aveva trentacinque anni. Questo è uno dei motivi per cui la sua storia non può essere
lunga da raccontare.
Ma c'è anche un altro motivo, ed è che, fino a pochi anni fa - scriveva Romano Ledda su un numero
speciale della rivista Perché i giovani sappiano del 26 febbraio 1961 - egli era soltanto uno dei
tredici milioni di congolesi condannati dai padroni bianchi del loro paese alla miseria, all'ignoranza
e allo sfruttamento, senza una storia che potesse essere scritta sui giornali di quei padroni.
Lumumba, però, era più intelligente e più coraggioso degli altri.
Figlio di poveri contadini della tribù Balatele (nel Kasai settentrionale) era riuscito, malgrado
ciò, a studiare fino ai limiti posti ai ragazzi negri dalle leggi dei bianchi e aveva ottenuto a Stanleyville
un impiego in un ufficio postale».
Come spesso è accaduto per molti dirigenti dei movimenti di indipendenza africani, il primo passo
compiuto da Lumumba è il superamento delle divisioni tribali e la scelta del nazionalismo come terreno
della lotta per l'indipendenza.
I belgi costruiscono il proprio sistema di dominio facendo leva proprio sulle rivalità tra gruppi
tribali e religiosi.
Quale fosse il segno del colonialismo belga risulta fin troppo chiaro da un ritratto letterario di
Mark Twain, Il soliloquio di re Leopoldo: «E' vero: ho regnato come sovrano assoluto di uno
Stato ricchissimo..., sbarrando le porte a tutti i commercianti stranieri fuorché a me stesso, appropriandomi
di tutti i profitti attraverso concessioni a persone che altro non sono se non miei fantocci, impadronendomi
del Congo e tenendomelo come mia proprietà personale, considerando le sue sconfinate ricchezze come
“refurtiva” mia - mia, soltanto mia - trattando la popolazione del Congo come mia proprietà privata,
come miei servi, miei schiavi: il loro lavoro è mio, con o senza stipendio, come piace a me».
Le chefferies, le consulte che raggruppano le autorità locali tradizionali sono utilizzate dai colonizzatori
come agenti di repressione e di reclutamento di lavoro.
A usufruire della manodopera coatta sono le piantagioni statali belghe dove vige la coltivazione forzata,
e le grandi concentrazioni monopolistiche, come ad esempio l'Union Miniere per l'estrazione mineraria
nel Katanga.
Allo sfruttamento di forza lavoro si accompagna l'imposizione di monocolture, come il caucciù, in
vaste aree del paese, non prima di aver espropriato le terre che prima appartenevano alle comunità
locali.
Una massa di proletariato rurale è pronto a lavorare sotto salario.
Se non che lo stesso nazionalismo si rivela uno strumento insufficiente senza un'analisi dello sfruttamento
economico dei paesi africani in generale e senza una politica di emancipazione dalla miseria.
E' la critica all'imperialismo a spingere Lumumba alla svolta marxista che avviene dopo la sua partecipazione
alla Conferenza panafricana del 1958 ad Accra.
In questi anni di attività politica Lumumba si dedica soprattutto all'organizzazione della lotta per l'indipendenza ed è instancabile figura di educatore.
La sua vita, come quella di tanti altri rivoluzionari del Novecento, è costellata di persecuzioni
e arresti.
Nel dicembre del 1959 una grande folla si riunisce per ascoltare le sue parole, in occasione del congresso
del Movimento nazionale congolese a Stanleyville.
Scatta la repressione, la polizia belga spara tra la gente.
Trenta congolesi rimangono uccisi e Lumumba viene arrestato come responsabile degli incidenti, condannato
a dieci anni di carcere.
Il mese successivo migliaia di negri sfilano per le strade di Leopoldville, disarmati.
Questa volta le vittime sono settecento.
«I nostri nemici - scrive Lumumba dal carcere - sono i colonialisti, coloro che dividono i ricchi
guadagni delle società coloniali.
Partigiani dell'amicizia tra i popoli, noi proveremo domani che non siamo dei razzisti e degli antibianchi.
I razzisti, di qualunque parte siano, neri o bianchi, non sono che degli idioti».
Nel febbraio 1960 il Belgio scende a patti e convoca a Bruxelles una tavola rotonda di tutti i partiti
congolesi per discutere dell'indipendenza.
Lumumba viene liberato.
A lui va la maggioranza parlamentare nelle elezioni che si tengono dopo la tavola rotonda.
L'indipendenza è ormai conquistata, la proclamazione ufficiale è del 30 giugno 1960.
Lumumba, nominato primo ministro, decide come primo atto di governo di riportare sotto la piena sovranità
del popolo congolese le immense ricchezze del paese fino ad allora spoliate dai colonizzatori.
Inutile aggiungere che la nuova politica mette in allarme tutte le potenze occidentali, in primo
luogo il Belgio che sperava di mantenere il controllo delle risorse economiche.
Sono in gioco gli interessi delle concentrazioni monopolistiche come l'Union Miniere, controllata
dai belgi ma anche da inglesi e francesi.
I servizi segreti dei tre paesi più gli Usa scrivono il nome di Lumumba in cima alla lista nera e
attivano una rete di mercenari, collaboratori, killer per uccidere il dirigente, e per favorire disordini
e secessioni.
E puntualmente espode una rivolta nella regione mineraria del Katanga.
Moise Ciombè, uomo di fiducia dell'Union Miniere, Joseph-Desirè Mobutu, alto ufficiale di polizia
e futuro despota dello Zaire, Joseph Kasabuvu, presidente del parlamento: sono i nomi più noti degli
assoldati dalla Cia.
A Leopoldville calano i “paras” belgi con il pretesto di riportare l'ordine in un paese troppo “filosovietico”.
Con l'acqua alla gola Lumumba si rivolge all'Onu e chiede l'invio di truppe per difendere l'integrità
nazionale.Ma è un'illusione.
Gli ufficiali Onu, corrotti dalla Cia, usano i caschi blu per controllare e isolare Lumumba e, infine,
per ucciderlo.
Da Madeleine Kalb (Congo cables, McMillan 1982) a J. Claude Willame, esiste una vasta letteratura,
ormai, sulle implicazioni della Cia, del governo belga e della Francia di Charles De Gaulle nella
faccenda.
A settembre giunge il colpo di stato del colonnello Mobutu, con i soldi americani e la protezione
dell'Onu che si schiera a suo favore.
Lumumba fugge, ma il 2 dicembre viene catturato.
Lo attende, il 17 gennaio, un plotone d'esecuzione comandato da un belga, a cinquanta chilometri da
Ciombè, nel Katanga.
Torturato, assieme ai due compagni Mpolo e Okito, crivellato dalle pallottole, fatto a pezzi con un'ascia
e dissolto nell'acido solforico.