Aggressione contro i ragazzi del centro sociale l'O.R.So. Davide Cesare, 26 anni, di Rifondazione comunista, viene assassinato

I fascisti uccidono a Milano

Davide viene colpito otto volte, al torace, alla gola (la lama entrerà da un lato del collo e uscirà sotto il mento), dove capita.

«Sono successi dei fatti ieri notte a Milano», comincia così il racconto dei fatti di Orlando un militante dell'O.R.So, il collettivo di resistenza sociale e antifascista del quartiere Ticinese di Milano e di tutti i testimoni e le vittime di questa notte di violenza fascista e poliziesca.

I fatto sono agghiaccianti, inauditi: un morto e tre feriti per un'aggressione di "elementi riconducibili al magma della destra razzista e fascista milanese" e una quindicina di persone ferite (di cui almeno due in brutte condizioni) da aggressioni fuori e dentro l'ospedale S. Paolo di Milano ad opera di carabinieri e polizia.

L'aggressione

I fatti, appunto. Verso le 22.00 di domenica sera quattro amici, militanti di diversi luoghi dell'antifascismo milanese, vanno a farsi un giro nel loro quartiere e a bere una birra in un bar "di sinistra" del quartiere Ticinese.

Una serata normale. Usciti dal bar camminando per via Brioschi incontrano due giovani dal look naziskin. I due si avvicinano alla prima coppia di militanti che camminava per strada, partono un paio di insulti ("comunisti di merda", epiteto che un militante si sentirà ripetere su una volante dei carabinieri). Non c'è il tempo di reagire o di rendersi conto di quello che succede per Davide e Antonino. I fascisti hanno già estratto i coltelli, e quando si arriva allo scontro fisico colpiscono. «Sembravano già pronti ad ammazzare, premeditatamente». Davide viene colpito otto volte, al torace, alla gola (la lama entrerà da un lato del collo e uscirà sotto il mento), dove capita. Cade subito. Antonino viene colpito a sua volta, la più grave ferita gli buca un polmone da dietro. Rapidi ed efficaci, i due aggressori riescono a colpire lievemente (alla spalla e al fianco) anche Giacomo, arrivato in soccorso dei due amici, e si dileguano con l'aiuto di un terzo personaggio, più adulto, che i testimoni non riescono a ricordare. Davide che nella colluttazione è stato solo ferito di striscio dai coltelli, cerca di aiutare Davide e Alessandro. Parte la chiamata all'ambulanza, sono le 23.27. Davide Cesare muore poco dopo nelle braccia dell'altro Davide.

Cominciano ad arrivare le volanti, tante da rendere difficile il passaggio dei soccorsi. Le forze dell'ordine sono agitate. Qualche compagno dei centri sociali e delle case occupate vicine arriva di corsa. Nel Ticinese sono molte le realtà unite nell'antifascismo: l'O.R.So di via Gola, il collettivo antifascista di via Torricelli, il centro sociale Cox 18 di via Conchetta e alcune case occupate. Un quartiere storico di battaglie antifasciste, di resistenza popolare, di gruppi e collettivi che dagli anni sessanta lottano nel quartiere.

La zona viene bloccata al traffico, da decine di volanti. Comincia la corsa della ambulanze verso l'ospedale S. Paolo. I compagni e gli amici si spostano lì. Chiamano le famiglie dei feriti. E qui comincia il secondo fatto.

Incubo all'ospedale

Fuori dal pronto soccorso del S. Paolo ci sono una quindicina di militanti e diverse volanti, oltre alla presenza dei poliziotti di stanza all'ospedale. Quando i medici confermano la morte di Davide, scoppia la disperazione, i pianti. Qualche frase nei confronti di carabinieri e polizia che vengono invitati ad allontanarsi dal gruppo. Invece, si avvicinano. I militanti raccontano un atteggiamento assurdo, provocatorio, il lancio di qualche sfottò. Volano le parole. E le forze dell'ordine reagiscono con una carica. Fuori e dentro l'ospedale. Racconta un'amica di Davide e Alessandro (con punti di sutura al cranio, al mento e ferite e escoriazioni sulla faccia). «Avevamo chiesto di allontarsi, di avere rispetto per il nostro dolore. Eravamo fuori, ci abbracciavamo ed eravamo disperati. La carica è arrivata a freddo. Sono caduta e sono stata picchiata selvaggiamente da tre o quattro persone. Non sono neanche riuscita e vedere se erano carabinieri o poliziotti. Uno di loro diceva "lasciatela è una donna", ma gli altri continuavano sulla testa. Sanguinavo e non capivo più niente. Mi hanno caricata su una volante, dove soffocavo, con altri tre compagni malmenati». E' uno dei racconti, purtroppo ce ne sono tanti della caccia agli amici e compagni di Davide e gli altri. Lorenzo che dovrà subire un intervento di microchirurgia facciale, Alessandro a cui hanno spaccato tutti i denti davanti, sopra e sotto. Un altro in ospedale che urina sangue e non riesce più a parlare dallo schock. I militanti denunciano fatti specifici, come un carabiniere che picchiava con una mazza da baseball in alluminio. Una mattanza. "Sembrava la Diaz di Genova".

Fuori arriva altra polizia e carabinieri, saranno più di un centinaio, alcune volanti fanno caroselli e più persone denunciano di essersi buttate a terra per scansare le auto. La situazione è fuori controllo. Arrivano altri compagni. Scendono persone dai palazzi della via che intervengono. Parte una seconda carica, anche dentro l'ospedale. Alcuni infermieri e medici tentano di intervenire per proteggere i ragazzi. «Bloccavano l'accesso anche al Pronto soccorso a quelli che non c'entravano nulla». Botte sulle volanti. Botte in corsia. Una notte di follia.

Fino all'arrivo della Digos che cerca di mettere un po' d'ordine, allontanando i responsabili dei fatti e riportando la situazione sotto controllo. Ma chi comandava fino a qual momento? Chi erano i carabinieri e poliziotti che si accanivano contro quindici e poi trenta persone? Per la cronaca, il responsabile della Digos di Milano Mazza, parla di danneggiamenti da parte dei manifestanti e lamenta contusioni per otto agenti.

I militanti antifascisti di Milano stanno preparando denunce circostanziate. Di sicuro, come usanza antica, saranno denunciati prima loro per resistenza e aggressione. Intanto in serata arriva la notizia che in Questura ci sarebbero tre fermi per l'omicidio: sono due fratelli (uno minorenne) e il padre dei due. L'accusa è di concorso in omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di armi da taglio. I fermati non avrebbero precedenti: si tratta di G. M., 54 anni, il padre, e di S. M., 29 anni, il figlio maggiorenne, e M. M., 17 anni, il minorenne. Gli uomini della Digos li avevano già identificati e li stavano sentendo da ieri mattina. Ovviamente non cancellano la rabbia e il dolore. Anche per quello che è stato scritto subito dai giornali.

Oggi, 18 marzo, Milano doveva ricordare due dei suoi giovani ammazzati nel 1978: Fausto e Iaio, militanti del Centro sociale Leoncavallo freddati a pistolettate da sicari neofascisti, una ferita aperta da sempre nel cuore della sinistra milanese. Da oggi ce n'è un'altra. Una sinistra coincidenza.

Claudio Jampaglia
Milano, 18 marzo 2003
da "Liberazione"