A Milano si è aperta la crisi del modello liberista della destra

92 emendamenti contro l'opposizione

La maggioranza vuole sovvertire i principi democratici

La vicenda dei 92 emendamenti in bianco con cui la giunta Albertini ha tentato di killerare l'ostruzionismo delle forze di opposizione non è stata la classica buccia di banana. Penso che ci sia qualcosa di più che dobbiamo analizzare per tempo: quello che si va profilando, sia sul piano internazionale che nelle devastazioni degli ordinamenti interni, in questo crepuscolo della modernità nell'epoca della globalizzazione neo-liberista è un mondo senza diritto, tutto trattenuto nella violenza, nella guerra, nel potere della ricchezza, nella ragione della forza, nella forza dell'esclusione e nell'assenza di regole o meglio di "non regole" costruite a proprio uso e consumo.
Nella pratica e nella cultura della destra, nel suo modo di governare c'è una cultura post-giuridica, un mondo dell'anomia (da "anomos - senza legge") dove non c'è più giustizia, dove non ci sono più regole, dove c'è un governo della cosa pubblica governato da quella "dittatura aziendalistica" propria di Albertini e dei suoi referenti confindustriali. Insomma la cultura dei "padroni" per essere una volta tanto un po' schematici. Allora non si può sperare di riscrivere le regole con chi ha dimostrato di non saper rispettare quelle che già esistono e di giocare a carte false.
E bene ha fatto Rifondazione Comunista a portare tutto il centro-sinistra a sviluppare una coerente battaglia di opposizione, anche con l'arma assolutamente legittima dell'ostruzionismo, evitando di cadere nella trappola delle transazioni sottobanco, o degli accordi con quella maggioranza di destra, che oggi vede il sindaco Albertini, il vicesindaco De Corato ed altri esponenti iscritti all'albo degli indagati da parte della Procura di Milano.
Finalmente c'è stata una fermissima opposizione, determinata sul piano della battaglia istituzionale, chiara nei contenuti e capace di portare questa battaglia fuori da un ambito prettamente istituzionale per poterla legare alle questioni sociali e più in generale alle questioni democratiche.
Se è stato riportato un primo risultato positivo e cioè il ritiro dello stralcio dello Statuto con la possibilità di poterlo ridiscutere complessivamente, è merito di questa battaglia fondata sul binomio unità e radicalità. Ma adesso si tratta di affinare e di precisare con la massima chiarezza la nostra iniziativa politica:

1. Sullo Statuto

Dato che quella presentata dalla destra non è una semplice modifica, ma si tratta di un vero e proprio sovvertimento del quadro democratico e di uno scardinamento dei principi (che trova però conferma e legittimità nelle stesse leggi Bassanini o nella stessa pratica di qualche giunta di centro sinistra) allora occorre la massima chiarezza nel contestare alla radice la proposta della destra, ribaltando il modello centralistico-presidenzialistico (che accentua tutti i poteri nelle mani del sindaco e della giunta, sottraendoli al consiglio comunale) e contrapponendo il modello parlamentare-elettivo, dove si tratta di dare una centralità e poteri agli organismi elettivi: consigli comunali e di zona in quanto rappresentativi della sovranità popolare, accanto a cui devono crescere esperienze e strumenti di democrazia diretta, tra cui la difesa dello strumento referendario (non solo consultivo) e nuovi istituti della partecipazione popolare come i bilanci partecipativi o l'urbanistica partecipata.

2. Sulla crisi del modello liberista-populista della destra

Questa battaglia democratica ha segnato l'aprirsi per la prima volta non solo di contraddizioni all'interno delle forze politiche che sostengono Albertini, ma l'inizio di una vera e propria crisi. Questa questione assume, crediamo, una rilevanza nazionale se è vero che il modello milanese-lombardo è stato il laboratorio del progetto nazionale di Berlusconi e di Forza Italia. Da Milano e dalla Lombardia partono sempre anticipazioni nazionali, che varrebbe la pena di seguire con grande attenzione. Nel momento in cui si apre questa crisi della Giunta Albertini, Rifondazione Comunista può e deve giocare un ruolo fondamentale nel porre con chiarezza il tema della costruzione di un governo alternativo della città e non di un governo neo-centrista, con alla guida magari un ex socialista come Tognoli, che sostanzialmente non segnerebbe una drastica discontinuità con queste giunte di centro destra.
Dico questo anche alla luce di una intervista del segretario provinciale dei Ds, Filippo Penati, che propone un "manifesto riformista" che ha come referente principale quel "capitalismo molecolare" fatto di imprenditoria diffusa e rispetto ai cui interessi Penati sostiene che il referendum sull'art. 18 sarebbe un grave errore. Una conferma tout-court della linea uscita dal Congresso di Pesaro che «ha bisogno che a Milano venga applicata nel modo più netto e visibile» e dunque con un ridimensionamento del ruolo dei movimenti e della sinistra del correntone.
Questo è il profilo del "progetto autenticamente riformista" che verrebbe rilanciato proprio a Milano, senza tener conto che proprio quell'impostazione ha prodotto gravi guasti nella sinistra italiana e che proprio dalla rimessa in discussione di quella linea anche grazie ai movimenti, si è riusciti ad ottenere risultati significativi e di massa.
Dunque il confronto sui contenuti e sui programmi diventa essenziale e prioritario, se vogliamo individuare un percorso comune che porti alle prossime scadenze elettorali. E tale percorso di confronto sul merito non può prescindere da un coinvolgimento dei movimenti, che potranno e dovranno dare un contributo fondamentale nella costruzione di questa alternativa di governo, in quanto sono soggetti che hanno pieno titolo e che non possono essere usati strumentalmente quando servono per poi invece dichiarare, come fa Penati, che essi hanno «per definizione un orizzonte limitato».
La netta e chiarissima battaglia di opposizione che ha messo in crisi per la prima volta la giunta Albertini a Milano ci ha indicato senza mezzi termini che la strada giusta da seguire è proprio un'altra rispetto a quel liberismo che non è neanche troppo temperato quando si tratta di privatizzazioni o di esternalizzazioni. Un'altra città è possibile!

Sandro Barzaghi (coordinatore cittadino federazione Milano di Rifondazione comunista)
Milano, 31 marzo 2003
da "Liberazione"