Elezioni amministrative 25 - 26 maggio 2003

Un messaggio di sinistra

Ed ora i Referendum

E ora, il referendum. La prima tappa del «mese di fuoco» - concentrato, elettoralmente parlando, tra maggio e giugno - alla fine è andata bene: ha premiato l'opposizione sociale e politica, ha manifestato una visibile volontà di mutamento, ha segnalato, se così si può dire, un paese in movimento. Proprio da questo dato l'occasione referendaria può trarre lo slancio necessario per vincere, insieme, la durissima partita del raggiungimento del quorum e della vittoria dei Sì. Le difficoltà sono tutte note, a cominciare dalla scelta astensionista di quel vasto «fronte del mare» che va da Berlusconi ai vertici della Quercia. Eppure, dopo queste elezioni, qualcosa è cambiato e qualcosa potrebbe ancora cambiare: nel clima generale e nelle soggettività, prima ancora che nella composizione delle giunte comunali e provinciali.

Il centro - destra è indebolito

Il dato indiscutibile è che il centrodestra esce indebolito da questa prova elettorale. D'accordo: non ci sono stati terremoti e nemmeno rivoluzioni. D'accordo ancora: se si va ad un'analisi minuziosa del voto e al conteggio (per altro possibile solo tra quindici giorni) delle amministrazioni conquistate e delle amministrazioni perdute, possiamo scoprire che la partita elettorale ha dato risultati ambigui, complessi, talora poco decifrabili. Ma se si resta alla politica, cioè all'individuazione della cifra profonda del voto e del suo significato complessivo, non c'è dubbio che esso sancisce l'inizio di un'inversione di tendenza. Non solo è finito l' idillio tra centrodestra e larghe masse, ma sono emersi umori che vanno assai al di là della critica o del semplice disagio. La "giovane talpa" del movimento (e di quello straordinario sommovimento che è stata la mobilitazione per la pace) ha insomma scavato e sta scavando. Il voto di Roma, da questo punto di vista, è di un'esemplare chiarezza: ci parla di una città, di una provincia (oltre un milione e mezzo di cittadini che hanno effettivamente esercitato il loro diritto di voto) che si è nettamente spostata a sinistra. Dove crollano i due grandi partiti del centrodestra (An e Forza Italia dimezzano i loro voti rispetto alle politiche del 2001 e il partito di Fini, più o meno, li dimezza rispetto anche alle amministrative del '98). E dove l'alleanza Ulivo-Rifondazione guadagna quasi sette punti, con un significativo "riequilibrio" dell'asse politico interno: la forte avanzata dei Ds (e dello stesso Pdci), il buon recupero di Rifondazione comunista, il flop della Margherita attestano, nel loro insieme, una espilicita volontà di sinistra dell'elettorato del centrosinistra. Del resto, la campagna elettorale di Gasbarra non si è svolta, per buona parte, con a fianco la bandiera arcobaleno? E sulla base un programma incentrato sul no alle privatizzazioni e sulla priorità della questione sociale? Con tutta la buona volontà del caso, ci pare davvero difficile ridurre il "test" romano a un evento amministrativo di natura locale.

Il rafforzamento delle opposizioni

L'altro dato innegabile è, dunque, il rafforzamento delle opposizioni. Ma qual è il suo segno effettivo? Un premio tout court alla linea perseguita dal vertice della Quercia, o un fenomeno assai più complesso e articolato? Naturalmente, sarebbe sciocco sostenere che coloro che votano, e soprattutto che tornano a votare Ds, lo fanno "contro" le scelte di Piero Fassino. Invece, è lecito ritenere che, nel consenso alla Quercia, in questa fase confluiscono spinte tra di loro diverse e che quella più radicale si va rafforzando - come una sorta di "investimento" consapevole nel soggetto politico più forte della sinistra. Infatti, si tratta, in buona parte, del «recupero» di un consenso che, tra un'elezione e l'altra, si era smarrito nei flutti dell'astensione e del disincanto. Appunto: tra il 2001 e il 2003, il fattore movimento è quello che, più di ogni altro, è entrato in gioco, con una sequenza impressionante di mobilitazioni, dalla difesa dell'articolo 18 (la grande giornata del 23 marzo 2002) alla manifestazione-clou del 15 febbraio di quest'anno. In mezzo, c'è stato di tutto: il pacifismo, il! "girotondismo", la ripresa del conflitto sociale, il ritorno, per molti, alla vita politica attiva. A Roma, per restare al teatro principale, le piazze si sono riempite (come notava criticamente Francesco Merlo) almeno una volta ogni quattro giorni. E nella prima verifica elettorale d'un certo spessore, i Ds sono stati premiati: come si fa a non vedere il nesso? E come si fa a non capire che il popolo che ha incoronato Gasbarra alla provincia di Roma è lo stesso che potrebbe, in qualche modo vorrebbe, assestare alla destra un altro colpo, più forte e più netto, il prossimo 15 giugno? Sarebbe bene che a via Nazionale se ne tenesse conto, tra una bottiglia e l'altra di champagne: perché questo regalo a Berlusconi? perché lasciarsi sfuggire questa straordinaria occasione di vittoria?

Rina Gagliardi
Roma, 28 maggio 2003
da "Liberazione"