Illy, Rifondazione Comunista e Centro destra

Un bilancio delle elezioni in Friuli-Venezia Giulia

Non è ancora chiaro prezzo pagato dal PRC per la vittoria di Illy

Il Friuli Venezia Giulia è la regione che negli ultimi dieci anni è stata il maggiore laboratorio politico delle destre. Tra le prime regioni a sperimentare il governo FI, AN, LN, la prima a finanziare direttamente le scuole private, a finanziare le "ronde padane", a finanziare le "donne che fanno figli". Con una riforma sanitaria voluta da un assessore leghista che privatizza a testa bassa la sanità e chiude una decina di piccoli ospedali.

Un postaccio insomma, dove alle regionali del 1998 il centro destra totalizza il 55,1% dei voti contro il 38% del centro sinistra più RC (il 6,9% ai neodemocristiani). In quell'occasione Rifondazione ottiene un dignitoso 6,8% ma pochi mesi dopo 2 dei 4 consiglieri regionali escono dal partito per confluire del PDCI.

La "rinascita" del centro sinistra

Da questa situazione parte la "miracolosa" rinascita del centro sinistra, con una campagna elettorale che in verità inizia nell'estate 2002 quando DS e Margherita raccolgono le firme per un referendum regionale teso ad abrogare la legge elettorale proporzionale allora in vigore (e che garantiva i delicati equilibri all'interno della CdL). Un referendum al quale partecipa appena il 27% dei votanti, ma che riguardando lo statuto (la regione è a statuto speciale) non richiede il quorum e quindi introduce come nelle altre regioni italiane il presidenzialismo uninominale del Tatarellum.

Era questa la condizione posta da Riccardo Illy affinché sciogliesse le sue riserve e si offrisse come candidato del centro sinistra. Riccardo Illy divenuto ormai "figura mitica" è il noto imprenditore del caffè, eletto in parlamento nel 2001, uno degli uomini più ricchi delle regione, per due mandati sindaco di Trieste, due mandati durante i quali le privatizzazioni diventano il suo cavallo di battaglia: la vendita di ACEGAS (luce acqua gas e rifiuti) e le conseguenti proteste di massa da parte degli utenti, il suo fiore all'occhiello.

Due mandati che vedono RC all'opposizione, così come non vi è nessun accordo con il successore da lui designato (presidente dell'associazioni industriali di Trieste) che viene sconfitto.

La storia dei rapporti tra Illy ed il PRC

Nel mese di novembre 2002 Illy diffonde il suo programma per le regionali che come punti cardine annovera la riforma in senso federale della regione (più soldi ai comuni che versano più tasse), il completamento della riforma sanitaria del centro destra, le privatizzazioni delle partecipate regionali, la privatizzazione della Fincantieri (maggiore industria presente in regione), la delocalizzazione ad est delle imprese con scarso valore tecnologico, la realizzazione del corridoio 5 ovvero dell'asse stradale e ferroviario ed alta capacità e velocità che andrebbe a collegare Lione con Kiev (con conseguenze ambientali e sociali letteralmente spaventose poiché il progetto prevede l'abbattimento di interi paesi in provincia di Gorizia). Il programma integrale di sole 6 pagine è ancora consultabile su www.riccardoilly.it.

La segreteria regionale di Rifondazione prontamente dichiara irricevibile tale programma e inizia una conferenza programmatica che vedrà un vasto impegno sia a livello federale sia regionale che si concluderà appena nel febbraio 2003. Il tentativo di coinvolgere aree di movimento nella stesura del programma si traduce nell'invito all'intervento nella conferenza programmatica "ufficiale" che si tiene ad Udine in dicembre. Non mancano i momenti di difficoltà in particolare rispetto alla prima bozza di programma presentata al CPR che conteneva l'accettazione dei finanziamenti alle scuole private, una ambigua critica al progetto del corridoio 5, una subdola accettazione del "controllo pubblico" dei servizi al cittadino (ovvero del mantenimento 51% delle azioni) contrapposto alla "gestione pubblica". Tutti punti risolti positivamente anche grazie ad una serie di emendamenti presentati dall'area di Bandiera Rossa che hanno raccolto un voto trasversale tra le varie componenti del CPR.

Stilato il programma la decisione del CPR è quella di andare ad un confronto programmatico a tutto campo con il centro sinistra che nel frattempo si è riunito sotto la sigla di Intesa Democratica. L'indicazione è quella di lasciare aperta la strada di un'eventuale presentazione autonoma, ma se da un lato l'obbiettiva arretratezza del movimento in regione rende scarsamente praticabile la costruzione di una lista della Sinistra Alternativa, dall'altro lato la mancata individuazione di un candidato alla carica di presidente, nonostante l'indicazione in questo senso del CPR, rende la prospettiva della presentazione autonoma poco credibile in partenza.

I primi scogli nel confronto con il centro sinistra si incontrano da subito poiché Illy si chiama fuori e lascia ad una delegazione di Intesa Democratica la grana di interloquire con RC al punto che per oltre due mesi non si capisce quale valore abbia la bozza d'intesa redatte dalla stessa RC in ben 13 successive riscritture. Nel frattempo Illy pensa ad allargare la sua maggioranza corteggiando il cosiddetto 3° polo ovvero i trafughi di Forza Italia usciti a seguito dei dissidi sulla candidatura della Guerra (accordo non andato in porto), ed imbarcando nella coalizione Sergio Ceccotti sindaco leghista uscente di Udine, che lascia il suo partito a 2 mesi dal voto e si ricandida con il centro sinistra non senza malumori in quest'ultimo. Tali malumori vengono prontamente messi a tacere da Illy che arriva a minacciare il ritiro della sua candidatura, creando non poche difficoltà ad RC di Udine che propone una candidatura autonoma contrapposta al sindaco. di Illy! Ma non basta: Illy cerca anche consenso tra quel 10% di italiani favorevoli alla guerra, astenendosi in parlamento sulla mozione unitaria di centrosinistra ed RC sull'intervento angloamericano in Iraq.

Nonostante ciò si susseguono sui quotidiani locali interviste al segretario regionale di RC e di altri membri della delegazione trattante che esaltano i pregi del programma in costruzione e dichiarano il proprio ottimismo rispetto all'accordo. A poco più di dieci giorni dalla data improcrastinabile dell'inizio della raccolta delle firme per la presentazione delle liste, Illy prende visione della bozza d'intesa e detta 23 emendamenti che colpiscono con sconcertante precisione tutti i punti qualificanti inseriti da RC. Gli altri partiti del centro sinistra pur firmatari della bozza non oppongono alcuna rimostranza.

Seguono momenti convulsi con la presentazione di contro-emendamenti da parte di RC fino ad arrivare ad una bozza che eliminando intere questioni (le delocalizzazioni, l'introduzione di tickets), aggiungendo se, ma e condizionali in quantità su CPT, sanità, corridoio 5, federalismo, finanziamenti alle scuole private, ed accettando la privatizzazione esplicita del "gioiello di famiglia" AutovieVenete (le autostrade di Friuli e Veneto) alla fine viene accolta da Illy.

All'interno del partito si delineano gli schieramenti in vista del doppio passaggio al voto (nei CPF e nel CPR) del programma: gli emendatari che avevano vinto il congresso nella federazione di Pordenone e controllano quella di Trieste con il segretario, si schierano per l'alleanza senza se e senza ma. La seconda mozione in regione rappresentata unicamente da Falce e Martello si esprime per la presentazione autonoma poiché Illy è un "padrone". La maggioranza congressuale si spacca clamorosamente: di fronte alla protervia nella ricerca dell'accordo a tutti i costi di parte della segreteria regionale l'area di Bandiera Rossa propone l'accodo tecnico appurando l'incolmabile ritardo nella costruzione di una candidatura autonoma, ma anche l'assoluta inefficacia del programma nel vincolare la coalizione a politiche antiliberiste. Tale posizione raccoglie notevoli consensi al punto da essere maggioritaria al CPF della federazione di Gorizia ed ottenere oltre il 40% dei voti in quello di Trieste. Alla definitiva sconfitta nel CPR dell'ipotesi dell'accordo tecnico (per altro possibile visto il premio di maggioranza che rendeva con certezza gli eletti del PRC non determinanti per la maggioranza in consiglio regionale) contribuisce l'indicazione della segreteria nazionale di procedere per l'accordo politico.

Negli ultimi giorni di raccolta firme e campagna elettorale Illy non risparmia alcuni ulteriori schiaffi al PRC: partecipa in prima persona al dibattito del comitato per il no al referendum schierandosi in piena sintonia con gli altri due candidati regionali per l'astensione e prevedendo sfaceli in caso di vittoria del si. Esclude dal "listino" (la quota del premio di maggioranza) il rappresentante di RC che durante le trattative aveva dichiarato di voler includere. Presenta all'atto formale della candidatura un programma di 80 pagine che "dovrebbe" contenere integralmente le 16 pagine della bozza d'accordo sul quale per mesi RC aveva dibattuto come detto non senza difficoltà (programma di 80 pagine che nessun membro del CPR ha ancora avuto in mano).

Richiede a RC così come a tutti i partiti della coalizione un contributo per la sua personale campagna elettorale: 30mila euro la quota di RC, (1milione di euro quella complessiva di cui 500mila Illy li mette di tasca sua). (...)

Venezia Giulia come bastione per tenere in ostaggio il governo nazionale.

Dopo durissimi scontri nella CdL Bossi, Fini e Berlusconi in persona impongono la candidatura a presidente della regione di Alessandra Guerra della LN a scapito del presidente uscente Tondo di FI. Ciò provoca un terremoto nella CdL con le dimissioni di mezza FI e tremendi mal di pancia in AN (dove però la fideistica fiducia nel loro "condottiero" Fini funziona meglio). La candidatura nasce molto debole e da subito spuntano molte liste di disturbo: da quella di Sgarbi alleato con i nazisti di SOS Italia di Udine, poi ritiratasi, a quella di Ferruccio Saro ex-coordinatore regionale di FI. A Udine per la carica di sindaco LN e FI+AN presentano candidati separati.

La campagna elettorale è caratterizzata da un'aggressività mai vista prima in regione: Alessandra Guerra è la "Lady di Ferro", "se vince Illy vincono i comunisti", viene distribuita la "grappa ammazza caffè" con l'effigie della Guerra.

I risultati elettorali

I risultati parlano di un'affermazione personale di Illy che con il 53,2% contro il 43,2% della Guerra ed il 3,6% di Saro, ma l'insieme dei partiti del centro sinistra più RC raccoglie appena il 50,3% dei voti di cui ben il 7,52% appartengono alla Lista Illy.

La CdL, grazie al voto disgiunto raccoglie il 46,9% , quindi più della sua candidata.

RC con il suo 5,02% avanza rispetto alle politiche 2001 (4,5%) ma solo in percentuale visto che il sistema maggioritario fa schizzare l'astensione al 34,6% ed anche RC perde in termini assoluti alcune migliaia di voti. Più in dettaglio, nelle circoscrizioni di Gorizia (6,47%) e Pordenone (4,11%) c'è una sostanziale tenuta, a Trieste e Tolmezzo(UD) rispettivamente con il 7,86% e il 4,6% un avanzamento, a Udine con il 3,75% un arretramento.

Le comunali di Udine si concludono con l'elezione al primo turno di Ceccotti sindaco uscente con il 54% dei voti e con un irrisorio 2,37% dei voti al candidato di RC.

Conclusioni

In conclusione di questo papiro alcune considerazione politiche. Va aperta una riflessione sul ruolo del movimento e sulla prospettiva della costruzione della Sinistra Alternativa. In Friuli Venia Giulia è emerso con chiarezza che praticamente nessun settore di movimento è disposto allo stato attuale a presentarsi in una prospettiva autonoma e contrapposta alle politiche liberiste dell'Ulivo. Anzi, il richiamo della possibile vittoria sulle destre ha reso il movimento più realista di RC.

Dal canto suo Rifondazione non fa alcuno sforzo concreto per rendere praticabile l'alternativa all'Ulivo e quindi non indica nessuna prospettiva al movimento. Anzi RC tiene artificialmente in vita l'Ulivo con gli accordi generalizzati in tutt'Italia, accordi sulla cui qualità il caso friulano non lascia ben sperare. Il tema del referendum sull'art.18 non è riuscito a diventare discriminante rispetto alle alleanze né dentro in partito né dentro il movimento che almeno nelle nostre zone non si può dire lo abbia fatto proprio se non nei settori più militanti (anche a causa dell'oscuramento causato dalla guerra in Iraq). In sostanza verrebbe da chiedersi che fine sta facendo la linea faticosamente tracciata con il congresso di Rifondazione Comunista di soli 12 mesi fa.

Dario Antonaz
Monfalcone, 14 giugno 2003
"Bandiera Rossa News"