A seguito dell'intervista di Cè (Lega Nord)

La crisi della giunta lombarda specchio dello scontro di potere nel centrodestra

Mentre in Lombardia ci sono oltre 100mila posti di lavoro a rischio il centro destra si scanna per il potere

La recente intervista rilasciata dall'assessore regionale della Lombardia alla Sanità, onorevole Cè (della Lega Nord) ha provocato l'apertura di una evidente crisi della maggioranza che sostiene l'amministrazione della regione Lombardia.

Ciò che stupisce in questa vicenda sono in primo luogo due aspetti, il primo è quello relativo al letterale contenuto della dichiarazione che, con un evidente uso del condizionale, pare voler lanciare più un messaggio che un'accusa, con un'affermazione che recita testualmente: «Alcuni vivono la politica come logica di potere, Formigoni in modo più o meno consapevole appartiene a questa categoria». Il secondo è quello della reazione di Formigoni, infatti pur nella pesantezza dell'affermazione, non si giustifica completamente una reazione che replica dicendo: «sono parole miserabili, o vengono smentite o Cè ha una sola strada, quella di dimettersi».

L'invito è talmente perentorio che si giunge alla revoca della delega d'autorità.

Si tratta di uno scenario che non evoca molti precedenti, per questo meritorio di una qualche riflessione che eviti di liquidare la querelle come una polemica di sapore squisitamente pre-elettorale.

L'affermazione dell'onorevole Cè non è sicuramente fuori dal mondo, in Lombardia è opinione diffusa che la gestione del potere da parte di Formigoni e della maggioranza di centro destra, compresa la Lega Nord, si regga su un'evidente commistione tra affari e potere, del resto tutto il programma presentato all'apertura dell'ottava legislatura regionale, dava molto conto degli aiuti economici destinati alle imprese ed alle libere professioni, senza alcun cenno alla condizione precaria che vivono lavoratori, pensionati e disoccupati.

Per avere conferme in tal senso, basta guardare alla funzione della Compagnia delle Opere ed agli obiettivi del suo agire, oppure alla crescita esponenziale del numero di istituti di formazione professionale che in seguito alla certificazione della regione Lombardia hanno avuto accesso a finanziamenti pubblici milionari, ovviamente non dimenticando gli interessi che hanno prodotto l'esplosione della spesa sanitaria, per effetto della crescita delle convenzioni con strutture private.

Il segno di azione e reazione è troppo marcato per pensare che il tutto nasca e finisca con la diatriba sulle nomine dei manager delle Asl, anche se questo argomento tocca un capitolo importante della spesa e quindi della divisione del potere in Lombardia, infatti questa voce assorbe l'80 per cento del bilancio della regione Lombardia.

In realtà la crisi della giunta regionale di Lombardia appare come lo specchio della crisi che a livello nazionale travaglia il centrodestra, come conseguenza del fallimento della politica della Casa delle Libertà su tutti gli aspetti della vita politica, sociale ed economica del nostro paese, d'altra parte è noto che la Lega Nord periodicamente rende più evidente il suo ruolo di oppositrice interna alla coalizione, per continuare ad intercettare i voti dei molti scontenti del Nord che fin dall'inizio degli anni novanta non nutrono più fiducia negli altri partiti.

Ora, poiché appare sempre più evidente il fatto che Berlusconi, con il suo governo sta portando al disastro il Paese, il lavoro di smarcamento dalle responsabilità nella maggioranza che lo sostiene diventa più evidente, e con esso è iniziata la corsa verso o la ridistribuzione dei collegi e delle candidature, oppure verso una nuova geometria politica che rilanci il ruolo del centro, con un candidato premier che per la Casa delle Libertà non sia più Berlusconi.

In questo contesto è evidente che gli attori della crisi alla regione Lombardia hanno entrambi interesse a tener alto il tono della polemica, per poter trasferire la partita nel contesto nazionale, con l'evidente obiettivo di ricavarne il massimo beneficio personale e di partito.

Ma anche se di scontro, vero o presunto si dovesse trattare, il confronto non è certo sulla moralizzazione della politica o sull'equità di gestione della spesa pubblica, è su quanto di più distante si possa misurare rispetto ai bisogni delle persone ed alle aspettative degli elettori, questi signori stanno usando i loro ruoli per conquistare nuove posizioni di potere, ricordando il detto popolare che narrava le vicende dei cosiddetti "ladri di Pisa".

Purtroppo i problemi della vita reale continuano ad incombere e sono sempre più le persone che vivono con angoscia una quotidianità fatta di mancanza di lavoro, di risorse insufficienti per una vita dignitosa, di una sanità sempre più costosa e meno efficiente.

Non possiamo dimenticare che negli stessi giorni in Lombardia ci sono oltre 100mila posti di lavoro a rischio e che tra il 2001 ed il 2004 gli operai in Italia, hanno perso il 18,7 per cento del potere di acquisto dei loro salari, mentre nello stesso periodo, per gli impiegati la perdita è stata del 25,5 per cento.

Tutto questo ci dice che questi personaggi della politica sono sempre più impresentabili e vanno mandati a casa, però chi vuole proporsi come alternativa, deve presentarsi con un programma che sui temi del salario, lavoro, sanità, previdenza, istruzione e diritti di cittadinanza dia un reale segno di cambiamento rispetto al governo di centrodestra, innovando profondamente anche rispetto alle tendenze neocentriste presenti nello stesso centrosinistra, per questo c'è bisogno di un profondo e radicale cambiamento.

Osvaldo Squassina (consigliere regionale Prc Lombardia)
Milano, 31 agosto 2005
da "Liberazione"